Omelia (05-10-2015)
Paolo Curtaz


Il dottore della Legge vuole mettere alla prova il Maestro Gesù. Perché sa bene che non merita quel titolo, non è un rabbì, non scherziamo. Non ha studiato, viene da una famiglia di artigiani, viene da una regione di meticci, e da un paese fra i più squallidi della Galilea. No, non vuole interrogarsi, lasciarsi scuotere dalla Parola che, pure, conosce e studia. Vuole solo fare sfoggio di cultura. Vuole essere il primo fra i suoi a mettere finalmente in grave imbarazzo quel paesano che incanta le folle. Gesù, invece, parla della sua vita. Parla delle sue scelte. Parla del suo desiderio. In lui la Parola non è teoria, egli è il Verbo che la contiene e la rende viva e attuale. Lo scriba parla di teoria, Gesù di un poveraccio picchiato a sangue. Il primo disquisisce di priorità e di norme, il secondo di scelte da fare rischiando la propria pelle. Scelte fatte da un eretico, da uno di quei samaritani cui i pii israeliti avevano raso al suolo il tempio sul Monte Garizim e, quel giorno, era festa nazionale in Israele. Quel samaritano che non conosceva la Legge orale, rifiutata come spuria, che però portava incisa nel cuore la Torah diventata gesto concreto.