Omelia (08-10-2015) |
Paolo Curtaz |
La preghiera ci è stata consegnata. Ora si tratta di imparare a pregare. Il dono ci è stato fatto, ora si tratta di saperlo usare, senza ridurlo a nuova formula, senza scivolare nuovamente nel ritualismo o nella superstizione. Perciò Gesù aggiunge qualche parabola di spiegazione. Se diciamo "padre" è perché ci rivolgiamo proprio ad un padre, non a un despota da corrompere. Il Dio di Gesù non è un potente che ha in mano i segreti del nostro destino. Non un padre che dà uno scorpione al figlio che gli chiede un uovo. Chiediamoci, allora, se la nostra preghiera è solo all'apparenza cristiana, se, alla fine della fiera, è e resta una preghiera pagana che usa la stessa logica. Prego chiedendo ciò che mi sta a cuore, certo. Come un figlio chiede ai propri genitori un favore, fidandosi di loro. Prego indirizzando la mia supplica al Dio giusto, al Dio che esiste, che non è la proiezione delle mie paure o delle mie ansie. E il dono più grande che ricevo non è ciò che ho chiesto, ma lo Spirito Santo che mi permette di trovare ciò che ho chiesto in ciò che già possiedo. Lo Spirito che mi permette, sul serio, di fare l'esperienza di essere figlio beneamato. |