Omelia (24-11-2015)
Paolo Curtaz


Non resta pietra su pietra del tempio. Ci sono voluti ottant'anni per ricostruirlo ed è diventato il faro di Israele, il motore della spiritualità e della fede ma, anche di una rinata e fiorente economia legata ai pellegrinaggi. Israele è giustamente orgogliosa del proprio tempio. Troppo. E questa sicumera gli impedisce di vedere le nubi che si stanno addensando sulla storia e che porteranno alla distruzione della città ad opera dei romani stanchi delle periodiche rivolte indipendentiste dei giudei. Non resta pietra su pietra delle cose che con fatica costruiamo, anche nella Chiesa. Tutto ciò che facciamo, proposte, organizzazioni, sforzi non sono nulla e di loro non resterà nulla. Solo il Cristo resta, in mezzo alle rovine di ciò che ci illudiamo di costruire. Solo l'essenziale, anche nella fede, anche nella Chiesa. Non spaventiamoci, allora, Gesù stesso ci rassicura: il mondo subisce violenze e guerre, catastrofi e tragedie che, però, non indicano in alcun modo l'imminente arrivo del Signore. Non sappiamo quando tornerà ma ci teniamo pronti, puntando lo sguardo solo su di lui sapendo che, alla fine, sarà lui ad avere l'ultima Parola.