Omelia (26-11-2015)
Paolo Curtaz


Gesù, anima sensibile, sa bene che la situazione sta precipitando. Quella di Israele, galvanizzata dalla rinascita del tempio, che si illude di poter recuperare un'autonomia ormai persa da mezzo millennio. Quella sua personale, perché sa bene che l'ostilità nei suoi confronti sta crescendo e diventa ogni giorno più violenta. La descrizione di un futuro cupo e guerresco sembra la cronaca di un giornale dei nostri tempi. Il linguaggio che Gesù usa, lo stile apocalittico, non indica un racconto dettagliato degli eventi ma usa immagini forti per lanciare un messaggio di speranza. Sì, proprio di speranza. Il rischio, anche per noi oggi, di incupirci, di lasciarci andare allo scoraggiamento davanti alle tante e devastanti notizie che ci giungono è concreto e reale. Esiste un modo "cristiano" di reagire a tanta violenza e a tanto scoraggiamento? Sì, certo, ed è il Signore stesso a proporcelo: di fronte a questi eventi alziamo il capo, cioè guardiamo oltre, altrove, al di sopra della linea d'orizzonte, perché il Signore è vicino, come abbiamo celebrato solennemente domenica scorsa, noi crediamo che il mondo non stia precipitando nel caos, ma fra le braccia di Dio. Coraggio!