Omelia (10-12-2015)
Paolo Curtaz


Il Regno subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. È vero, ha ragione il Signore, se abbiamo il coraggio di accogliere il Vangelo, se lasciamo che illumini la nostra vita, oltre che la nostra anima, allora succede un bel guaio. Vivere le beatitudini, ad esempio, provoca un vero terremoto anche attorno a noi, nel mondo del lavoro, nella nostra famiglia, fra gli amici e i conoscenti. Far uscire il Vangelo dalla chiese per calarlo nella vita e nelle scelte provoca sempre dei bei problemi e delle reazioni. Non seguire il pensiero comune, corrotto e fradicio, egoista e narcisista, significa, perlomeno, attirarsi se non la violenza dei gesti almeno la violenza delle parole. Perciò siamo chiamati noi per primi ad esercitare una santa violenza, cioè uno sforzo poderoso per combattere la nostra pigrizia mentale e la nostra ipocrisia. Il Vangelo ci cambia la vita, la illumina, certo, ma è uno sforzo che richiede determinazione e convinzione. E costa fatica. Una "violenza" verso noi stessi che è la conversione, l'opera di radicale cambiamento che operiamo nelle nostre vite concrete.