Omelia (18-02-2018)
don Maurizio Prandi
Cose da uomini, cose da Dio!

Per quello che riguarda la prima domenica, la porta di ingresso al tempo di Quaresima è l'immagine che la prima lettura ci consegna, ed un'immagine, un simbolo di pace! Dio ha un arco e lo depone sulle nubi... l'arco di Dio non serve per colpire, nemmeno per difendersi. Nelle mani di Dio le armi diventano segnali di pace, dell'arco Dio fa un arcobaleno. Non ha usato l'arco per fare la guerra, ma per dire: basta! Nessun uomo dovrà più morire, nessuna carne dovrà più soffrire. Dio era considerato alla stregua di tutti gli altri dei un Dio da invocare, un Dio del quale servirsi per essere difesi. Quante volte, nell'immaginario collettivo, Dio è uno che scaglia frecce verso la terra... l'arcobaleno invece è rivolto verso il cielo... se deve puntare un'arma Dio la punta verso di sé... se c'è qualcuno che dovrà morire, dopo l'esperienza del diluvio non sarà più l'uomo ma Dio in Gesù di Nazareth. Ecco la porta che ci fa entrare in questa prima domenica di Quaresima.
Il brano di Vangelo, come sempre è quello di Gesù tentato nel deserto, nella versione quest'anno di Marco, più essenziale degli altri sinottici... più scarno... quasi a non lasciare possibilità di interpretazioni. Condivido con voi quanto emerso non solo dall'incontro di condivisione del venerdì, ma anche alcune intuizioni che vengono dall'incontro con gli adolescenti di prima media.
Gesù, dopo il battesimo, viene spinto (sospinto, gettato, buttato...) nel deserto. Subito dopo che:
- I cieli si erano aperti
- il Padre aveva parlato a Gesù
- il Padre aveva detto: si! Sei mio Figlio! Ti voglio bene! Sei l'amato!
Dopo questa roba così bella e confortante, Dio mediante lo Spirito getta Gesù nel deserto che non è certo il posto più bello, il luogo più ospitale che ti possa venire offerto da chi ti vuole bene. Alla comunità dei discepoli che ascoltano, prima media ho domandato questo: se io vi prendessi e vi spingessi nel deserto, come reagireste?
- Ti chiederei: perché mi fai questo don?
- Chissene! Cerco un mezzo di trasporto e del cibo
- Io proverei a vivere questa nuova esperienza
- Io mi arrabbierei con te don!
- Tu don, come reagiresti se qualcuno lo facesse con te?
Questa domanda mi ha fatto pensare alla differenza abissale rispetto al modo di vedere di Gesù, perché io credo che proverei a scappare, a tornare indietro... da dove sono venuto. Gesù invece resta, rimane, e il vangelo lo sottolinea. Gesù entra nel deserto, decide di assecondare lo Spirito e di entrare. Gesù resta, perché sa che il deserto per l'uomo è una cosa seria, e quindi lo è anche per lui. Il deserto è la solitudine, la malattia, il dolore, il dubbio, il tradimento, l'abbandono, la fame, la guerra... cose da uomini, e proprio per questo anche cose da Dio... se gli uomini le vivono, anche Dio, in Gesù, decide di viverle. Qualcuno alla condivisione sul vangelo faceva notare come lo Spirito sospinga Gesù e non tolga la tentazione; ed è bello che il figlio di Dio si lasci guidare e segua le indicazioni dello Spirito, e si lasci attraversare dalla tentazione, viva la tentazione...
Il deserto, con Gesù, in un certo senso fiorisce: è il luogo inospitale per eccellenza, eppure Gesù non sembra aver problemi con ciò che lo circonda, con ciò che può minacciare la sua vita... le parole di Marco richiamano le profezie dell'A.T. che parlano di lupi e agnelli che vivono insieme, di bambini che giocano sulle tane di serpenti velenosi, di angeli che impediscono al Messia di inciampare... l'evangelista vuol dirci proprio questo: il Messia è arrivato! Ma non è questione soltanto di duemila anni fa, perché anche oggi ognuno di noi può far fiorire con parole, con gesti, con la sua disponibilità il proprio e l'altrui deserto. Perché il deserto con Gesù fiorisce? Perché lui non sta con i leoni "da leone", da bestia feroce... sta con loro semplicemente da uomo tentato, da uomo condotto da Dio, da uomo che dice che se Dio ha deposto il suo arco e ne ha fatto un segno di pace e di alleanza, l'uomo da questo deve imparare. Non è lo stare di Gesù uno stare "contro", uno stare da "devo dimostrare di essere più forte"... al contrario sta li senza vergognarsi della sua fragilità della sua debolezza, della sua condizione di uomo tentato. Don Daniele Simonazzi in un suo commento è convinto proprio di questo, che la tentazione alla quale è stato sopposto Gesù sia quella di uscire da una determinata condizione. Il vangelo oggi ci dice qualcosa di bellissimo allora: il deserto fiorisce nella misura in cui non usciamo da una condizione, ma viviamo in obbedienza alla nostra vicenda, alla nostra storia e obbediamo anche alla storia, alle situazioni, alle vicende dei nostri fratelli e delle nostre sorelle.
Siamo appena all'inizio del vangelo di Marco, eppure si parla già di un punto di arrivo, di un compimento, di pienezza e, come diceva qualcuno venerdì sera, è necessario convertirsi anche rispetto all'idea di pienezza che normalmente abbiamo: un tempo compiuto è un tempo perfetto, un tempo favorevole, fatto di congiunture favorevoli... ma qui... niente di tutto questo, addirittura c'è l'arresto di Giovanni il Battista! Il vangelo vuole dirci che un tempo si compie quando fai una scelta, quando ti determini per qualcosa... davvero era giunto un momento decisivo, un momento nel quale Gesù, tentato, era chiamato a scegliere quale Dio voler essere, se il Dio potente, il Dio che risolve → andiamo a liberare Giovanni, o il Dio che percorre le strade degli uomini. Il vangelo, facendoci contemplare un Gesù in cammino, verso la Galilea, ci dà una risposta eloquente.