Omelia (25-02-2018) |
don Maurizio Prandi |
Ogni vita donata è una vita che splende Se domenica insieme a Gesù, da uomini e donne tentati, da condotti dallo Spirito siamo andati nel deserto, oggi ci lasciamo condurre sul monte da dove siamo chiamati ad avere uno sguardo differente sulle cose e sulla vita. È indubbio che dall'alto la prospettiva cambia, anche il modo di vedere cambia dopo una fatica, quello che vedi cambia, si aprono visioni che prima erano precluse. È così difficile spiegare cosa sia la Trasfigurazione, (ci siamo detti pregando su questa pagina di vangelo), che forse vale la pena nemmeno provarci, fermandoci però sulle sensazioni che ci rimangono ascoltando e una di queste è la bellezza che rimane in noi, la luce, lo splendore: doni belli e che certamente vengono da Dio ci dice Marco, si perché nessun lavandaio sulla terra sarebbe stato in grado di raggiungere quel grado di luminosità. Si, certo, forse quello che dice Pietro è un po' assurdo ma trasmette bene, con quella esclamazione e quel desiderio che rimane, l'idea di una esperienza di bellezza. Pietro rispose dice l'originale in greco; non è una risposta perfetta, certamente, ma è la sua risposta a quella situazione; la risposta del Padre, dalla nube sarà un'altra, non la staticità ma il cammino, l'ascolto, quindi il farsi cambiare, perché ascoltare vuol dire principalmente questo! Colpisce molto come Pietro, pur nella paura, desideri rimanere. Ha paura ma vuole rimanere in quella situazione; ci sono cose molto belle, ci siamo detti, ma che non sono per nulla semplici e se la voce che risponde dalla nube afferma la figliolanza divina di Gesù, è per rispondere proprio alla paura dei discepoli, come a dire: guardate mio Figlio, risplende! Ma non risplende perché è Dio, risplende in vista di ciò che sta per fare; risplende perché è incamminato verso la croce! Attenti, perché le figure che risplendono sono quelle disposte a donare la vita, non quelle che cercano o hanno successo! Ascoltatelo, perché soltanto così questa luce non resterà l'"abbaglio" di un momento, ma diventerà vita concretamente spesa, vita donata. Su questo, sulle vite che risplendono se sono disposte a donarsi ci siamo ri-detti l'esempio di padre Daniele Badiali, che con il suo: vado io! Si è offerto ai rapitori in cambio di una ragazza trovando la morte dopo soli due giorni e l'esempio del sacrificio di Janusz Korczak, illustre educatore e pediatra ebreo-polacco, di fama internazionale, che la mattina del 5 agosto 1942 fu deportato insieme a tutti i bambini ospiti dell'orfanotrofio ebraico del ghetto di Varsavia. I bambini uscirono dalla loro casa vestiti con gli abiti migliori, ordinati, mano nella mano. Il corteo era chiuso dallo stesso Korczak che badava a mantenere i bambini sulla carreggiata. Riconosciuto dagli ufficiali nemici venne trattenuto perché una tale personalità non avrebbe dovuto seguire il destino degli altri, ma egli si rifiutò di abbandonare i suoi bambini. Sentiva di essere non soltanto un educatore ma quasi un padre per i suoi bambini, non volle lasciarli da soli ad affrontare quella sorte atroce. Due giorni dopo muore, nel campo di sterminio di Treblinka. Credo che il papa ci stia aiutando a capire quali sono le vite che splendono; sono stupito ma felice al pensiero che un papa si muova per andare a Barbiana per rendere omaggio a don Milani o a Bozzolo per rendere omaggio a don Primo Mazzolari, a Molfetta in ascolto di don Tonino Bello, a Loppiano e Nomadelfia per dire che anche le vite di Chiara Lubich e di don Zeno sono state vite luminose. Vite che risplendono, come quelle dei pescatori di Lampedusa, dei minatori della Sardegna, degli operai di Cornigliano, dei carcerati, ai quali dice ogni volta che visita un carcere: non vengo come papa, ma come fratello; tutti abbiamo qualcosa da farci perdonare! Ma chissà quante vite "normalmente donate" illuminano e risplendono ogni giorno senza che i riflettori si accendano su questa o quella mamma, su quel papà, su quell'amico. Chissà quanti di noi hanno fatto esperienza di quella luce ricevuta da persone che, come dicevo, sono stati capaci di dire si a qualcosa di molto bello e di altrettanto difficile da vivere. Ci siamo domandati, durante la condivisione, come mai proprio Pietro, Giacomo e Giovanni. Pensavo che tra tutti gli apostoli forse sono quelli che ne hanno combinato di più grosse! Il rinnegamento, il desiderio di potere, di sedersi nei posti più importanti facendo andare avanti la mamma per raccomandarli; ascoltavo in questi giorni come il predicatore degli esercizi al papa e alla curia vaticana insistesse molto sull'imperfezione come luogo dell'incontro con Dio e se guardo a questi tre. Ma che tipo di uomini sono quelli Gesù chiama a seguirlo? Pavidi? Vigliacchi? Arrivisti? Eppure Gesù li porta avanti così come sono, forse è proprio per questo che li porta con sé: perché sono i più imperfetti! Oggi è anche il giorno della consegna del vangelo a coloro che appartengono alla comunità dei discepoli che ascoltano. E' il nostro modo di obbedire alla voce che dalla nube raccomanda: ascoltatelo! Anche ieri ci hanno stupito, ci hanno raccontato di Gesù, della prima pagina di vangelo che è stata raccontata loro (qualcuno se la ricorda ancora!!!): la moneta perduta, la pecora perduta, il padre misericordioso, le tentazioni di Gesù nel deserto, la moltiplicazione dei pani, la folla che non lascia passare il paralitico e per fargli conoscere Gesù lo calano dal tetto. I brani scelti dai nostri ragazzi ci dicono le giuste intuizioni rispetto al messaggio di oggi: questa scena della Trasfigurazione, che dal punto di vista visivo è così impressionante, non può che lasciare spazio poi all'ascolto della vita di Gesù, fatta non di effetti speciali, ma di umanità (Gesù tentato), di misericordia (la moneta, la pecora, il padre misericordioso) e di compassione (i pani, il paralitico). |