Omelia (04-03-2018) |
diac. Vito Calella |
L'offerta del corpo L'offerta del corpo L'offerta del corpo è il vero culto inaugurato da Gesù. Noi lo comprendiamo dopo la sua risurrezione, quando tutto è stato compiuto una volta per sempre. Come noi oggi, così anche i discepoli di Gesù lo compresero dopo la sua risurrezione e non subito dopo quell'azione coraggiosa che il loro Maestro fece di «scacciare tutti fuori dal tempio con le pecore e i buoi, e gettare a terra il denaro dei cambiavalute, rovesciandone i banchi e cacciare anche i venditori di colombe» Gesù, alla domanda dei Giudei, arrabbiati, che gli chiedevano spiegazioni, rispose dicendo: «Distruggete questo santuario e in tre giorni lo farò risorgere. Ed egli parlava del santuario del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù» Con il nostro corpo comunichiamo la nostra scelta fondamentale di consegnarci al Padre e agli altri, nel compimento dei comandamenti dell'amore. L'evangelista Giovanni riporta il famoso episodio della scacciata dei mercanti del tempio all'inizio dell'attività pubblica di Gesù. Continuando a leggere il Vangelo di Giovanni contempliamo il corpo di Gesù in azione per le strade della Palestina di quel tempo antico. Le sue mani toccavano e guarivano; i suoi piedi percorrevano sentieri e incontravano gente, i suoi occhi, dallo sguardo penetrante e amorevole, accoglievano e davano pace e speranza; la sua bocca proclamava parole di vita, il suo cuore irradiava la misericordia del Padre, il suo corpo solitario stava in preghiera nella notte; il corpo di Gesù, tempio dello Spirito Santo, generava vita nell'intrecciarsi di vere relazioni d'amore con tutti. Il nostro corpo, con le sue membra, qui ed ora, con le sue finezze e difetti, è un corpo chiamato ad essere comunicativo, irradiante la pace, frutto della nostra consegna al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo e non ad altri idoli di questo mondo. Questo ci insegna la prima lettura. Il nostro corpo, con le sue membra, qui ed ora, è un corpo chiamato ad irradiare la gioia faticosa di essere artigiani di pace e rispetto nelle nostre relazioni con gli altri, ispirati dalla sapienza dei comandamenti. I dieci comandamenti diventino vita per mezzo dell'uso del nostro corpo, così come Gesù li praticò, portandoli alla perfezione, per mezzo del suo corpo in preghiera e in relazione con la gente del suo popolo. La Parola di Dio «ci esorta, in nome della misericordia del Padre, a offrire i nostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio», facendo di questa offerta il «vero nostro culto spirituale» .(Rm 12,1). Contempliamo il nostro corpo e rispettiamolo, facendolo diventare strumento di unità nella carità e non strumento di separazione. L'offerta di un corpo distrutto, del corpo divorato dallo zelo per la casa del Padre La sfida più grande viene quando il nostro corpo, come quello di Gesù, diventa un corpo distrutto dalla sofferenza, divorato dallo zelo di autenticità a causa del nostro voler stare nella casa del Padre, nelle cose del Padre, nel compimento fedele della sua volontà. Quel corpo di Gesù, che aveva irradiato tanti segni stupendi del Regno di Dio lo dobbiamo ora contemplare nello scandalo e stoltezza della croce. Facciamo depositare in noi le parole ascoltate: "Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani, ma per color che sono chiamati, Giudei e Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Poiché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini». Il nostro sguardo si volge ora al corpo martoriato, divorato, distrutto di un crocifisso e in questo sguardo non c'è nulla di poetico, così come non c'è nulla di poetico nel corpo martoriato di una persona che soffre a causa della malattia. Siamo invitati dal Vangelo a contemplare la "distruzione" del corpo di Gesù nel mistero della croce: buon esercizio di preparazione per la settimana santa, meditazione profonda del mistero della nostra fragile esistenza. La parola di Dio diventa così una preghiera allo Spirito Santo: «Spirito Santo, amore materno del Padre e del Figlio, tu abiti il nostro corpo, tuo santuario. Tu abiti il corpo della Chiesa, perché non siamo soli, ma siamo in comunione profonda con i fratelli e sorelle, e questa comunione di corpi la sentiamo nella nostra preghiera silenziosa di fronte all'Eucarestia, di cui ci nutriamo, per essere questo Corpo mistico nel mondo. Spirito Santo, tu sei dentro ciascuno di noi, sei forza divinizzatrice della nostra esistenza, della nostra coscienza che è fatta anche di corporeità. Tu abiti nella fragilità e nella finitudine del nostro corpo, così com'è, qui ed ora. Abiti in un corpo esposto alla malattia degenerativa o divorato dalla sofferenza della persecuzione e dalla disarmonia del nostro vivere. Spirito Santo, tu abiti una casa bombardata costantemente da tante forze del male, abiti un santuario che soffre la fame e sete di cibo e acqua, ma anche di "giustizia" del Regno di Dio; abiti una dimora dalle fondamenta egoistiche, che contrastano con la tua essenza di gratuità e con il tuo operare in noi, per essere fondati in Cristo Gesù nostro Signore. Spirito Santo, tu abiti un corpo che diventerà polvere di terra dopo la nostra morte fisica. Lo abiti fino all'ultimo istante del nostro respirare, nonostante tutte le avversità che gli si scatenano addosso; lo abiti fino all'immobilità della morte, che riconsegna alla terra un corpo, che può giungere distrutto, divorato, impazzito dalla disarmonica proliferazione delle sue cellule o dalla disarmonica degenerazione dei suoi neuroni. Eppure ci sei fino alla fine, ci sei in questo corpo/santuario e sei forza trasformante. Dacci la forza di poterti percepire quando gemiamo per la fragilità e inconsistenza della nostra corporeità sferzata dalla malattia. Dacci la forza di contemplarti nei nostri fratelli e sorelle dal corpo divorato da un tumore o da una malattia degenerativa. Dacci la forza di credere che ci sei fino alla fine, come ci sei stato nel corpo distrutto, crocifisso di Gesù. La consegna di te, fatta da Gesù nell'ultimo respiro della sua vita terrena, non fu una separazione definitiva da quel corpo. La forza dell'Amore, che è la tua essenza, trasformò quel corpo deposto nel sepolcro, per volere del Padre, così come trasformò il corpo di Maria, deposto nella dormizione della sua morte. Dacci la forza di credere nella risurrezione del corpo. Siamo sulla soglia del mistero. Dacci questa speranza, donaci la consapevolezza pacifica e gioiosa della trasformazione dei nostri corpi, fragili come vasi di creta in questa esistenza terrena. Facci sperare in un corpo nuovo, un corpo eterno fuori del tempo e dello spazio, in comunione col Padre e col Figlio, nostro Signore, in comunione con tutti coloro che non hanno mai perso la speranza della vita eterna. Forse l'offerta del corpo più vera e più gradita al Padre non è il merito delle nostre buone azioni fatte con il nostro corpo, obbedienti ai suoi comandamenti. Forse l'offerta più gradita al Padre è quella del vaso di creta di questo nostro corpo, contenente la tua preziosissima Presenza. L'offerta più vera e profonda è la fiducia nel Padre che accoglie l'estrema fragilità di un corpo divorato per farlo diventare strumento misterioso per la trasformazione, salvezza del mondo intero. Spirito Santo, facci vivere con questa speranza. Dacci la forza di «servire il Signore Gesù Cristo, prepara il nostro animo alla prova, tieni pronto il nostro cuore, dacci coraggio, non farci aver fretta nel tempo della sventura. Dacci la forza di attaccarci al Cristo morto, sepolto, risuscitato senza mai allontanarci da questa comunione con Lui, perché possiamo godere alla fine nell'abbondanza di senso del nostro vivere. Dacci la forza di accettare tutto quello che si abbatte contro ciascuno di noi, dacci la pazienza nelle vicissitudini più umilianti, facci sentire che siamo come oro purificato nel fuoco, eletti nella brace dell'afflizione. Fino all'ultimo istante tu ci dai la forza di confidare in Cristo nostro Signore, il risorto, sapendo che Egli ci aiuterà a trovare un senso profondo a tutto ciò che viviamo e soffriamo con questo nostro corpo, offerto al Padre con speranza, attendendo la sua misericordia. Amen» (ispirato a Sir 2,1-7) |