Omelia (04-03-2018)
don Alberto Brignoli
Dio non si mercanteggia

La crisi economica, i cui effetti continuiamo a sentire oggi, forse perché in realtà fino in fondo non è mai terminata, è iniziata circa dieci anni fa. In questi dieci anni, ne abbiamo viste di cotte e di crude, ma due sono state le cose che ci hanno segnato la vita, credo a tutte le famiglie, soprattutto a quelle del ceto medio: l'aumento della disoccupazione e la diminuzione progressiva del potere d'acquisto, ovvero il fatto che, con lo stipendio mensile rimasto invariato (chi, ovviamente, se l'è potuto permettere), non riusciamo più a comprare le stesse cose di prima perché, in cambio, i prezzi non sono affatto invariati, anzi! Adesso ci dicono che il potere d'acquisto è tornato ai massimi livelli da dieci anni a questa parte...sarà: ad ogni modo, prima che iniziasse la crisi, eravamo davvero convinti di avere in mano un potere d'acquisto enorme. Eravamo convinti di poterci permettere tutto, anche perché potevamo pagare tutto "più tardi", "in comode rate", "senza alcuna preoccupazione"...già, ma alla fine, prima o poi, le cose andavano pagate...era inutile pensare di poter vivere all'interno di una soffice bolla di sapone come se nulla fosse, perché poi la bolla sarebbe scoppiata da un momento all'altro. Cosa che effettivamente è avvenuta, e - lo sappiamo bene - non senza traumi e conseguenze drammatiche: si calcola che in Italia almeno 1400 persone in questi dieci anni di crisi si siano tolte la vita perché non ce la facevano più a reggere alla disastrosa situazione economica in cui erano cadute. Eravamo convinti di poter comprare tutto, di avere in mano tutto, di possedere tutto. Ma non era così: e nella storia, non è mai stato così.
Ma negli ultimi decenni, ci siamo sentiti o ci hanno fatto sentire onnipotenti: con il Dio denaro tra le mani, avremmo potuto comprare tutto, veramente tutto. Quella bestia malefica che ci attira a sé tutti, chi più chi meno, si è spinta al punto da farci credere di poter comprare anche lo stesso Dio... Proprio così: una delle cose più bestiali che il potere economico, o comunque il potere in generale, ci può indurre a fare è quella di "monetizzare" Dio, di "mercanteggiare" sul sacro. Forse a noi non sembra una cosa così evidente, perché non si tratta certo di una situazione analoga a quella vissuta da Gesù nel tempio di Gerusalemme in occasione della sua prima Pasqua da predicatore: in nessuna delle nostre chiese o dei nostri luoghi di culto (o comunque ritenuti sacri dalla devozione popolare) credo ci sia capitato di dover mai cacciare mercanti, cambiamonete e usurai. Ma di certo, quante volte assistiamo ad atteggiamenti, ai quali noi stessi ci prestiamo, in cui facciamo di tutto ciò che è il "sacro" un luogo di mercato e di mercanteggiamento.
Non mi riferisco solo alle cose più evidenti ed eclatanti, di fronte alle quali siamo bravissimi a giustificarci dicendo che "sono necessarie", come i tariffari per i sacramenti (ancora presenti in alcune chiese nonostante i continui appelli di papa Francesco a riscoprire il senso dell'offerta piuttosto che a voler "pagare" la messa), i piazzali dei santuari trasformati in bancarelle di souvenir per i pellegrini, il ricorso a sacerdoti e religiosi taumaturghi che con le loro particolari benedizioni alleggeriscono i pesi di molte anime a cominciare dai loro portafogli, e cose di questo tipo; possono anche apparire discorsi che rasentano la banalità, eppure sono spesso motivo di fuga dalla pratica religiosa di gente che rimane scandalizzata da queste cose.
Ci sono tuttavia cose più gravi, anche se magari meno evidenti, con le quali facciamo "della casa del Padre mio un mercato", ovvero dello spazio di fede riservato a Dio un luogo di trattative, di mercanzie, di patteggiamenti. Penso ad almeno due aspetti, uno che si verifica a livelli certamente più alti rispetto al quotidiano vivere del cristiano della strada, e un altro che invece ci riguarda davvero tutti, chi più chi meno.
Ai piani "alti" si mercanteggia con il sacro ogni volta che chi detiene il potere (di qualsiasi tipo) va alla ricerca del consenso, dell'appoggio, della benedizione, della consacrazione da parte di qualsiasi autorità religiosa, convinti che la manipolazione delle coscienze possa essere una lecita attività di chi gestisce "il sacro", magari ancor più lecita quanto più può favorire il consolidarsi del potere. E qui mi fermo, perché in una domenica come questa per la nostra nazione è doveroso e giusto che non aggiunga altro. Ma i piani alti mercanteggiano anche in senso opposto, quando - pur di vedere difesi, non violati, mantenuti e magari incrementati i nostri presunti "diritti" che in realtà sono degli indebiti privilegi, anche noi uomini del sacro "mercanteggiamo" favori, appoggi, amicizie e stime reciproche che durano quasi sempre il tempo di un incarico. E se pensiamo che queste siano cose lecite o comunque non così gravi, beh...ricordiamoci che Gesù è finito in croce per un mercanteggiamento tra Pilato, Erode e il Sommo Sacerdote, capacissimi a loro volta di sobillare il popolino a gridare "Crucifige"!
Scendiamo ai piani bassi, ai marciapiedi, alle strade che calpestiamo ogni giorno, a quel modo e quello stile di vivere il rapporto con il sacro, con lo spazio e con il tempo dedicato alle cose di Dio nel quale ognuno di noi, soprattutto noi credenti, si trova a vivere e a giocarci dentro: e ciò avviene ogni volta che "mercanteggiamo" il nostro tempo con Dio, ogni volta che gli diamo un po' di tempo nella nostra giornata, ma solo un po', lo stretto necessario, come quando si centellinano le monete da mettere nei parchimetri; avviene ogni volta che "barattiamo" gli spazi della nostra vita con Dio, ogni volta che facciamo i bravi cristiani solo dentro le quattro mura in cui celebriamo l'Eucarestia, e usciti fuori "chi s'è visto s'è visto"; avviene ogni volta in cui sosteniamo che "una cosa è essere cristiani praticanti e un'altra cosa è il nostro impegno nella società civile"; avviene ogni volta che preghiamo Dio perché ci conceda delle grazie, e ne abbiamo tutto il diritto, poi però non facciamo nulla per amare i nostri fratelli che soffrono o peggio ancora ci dimentichiamo di dire grazie a Dio per i benefici che ogni giorno ci dona, magari senza fare troppo rumore; avviene ogni volta che di Dio prendiamo quello che ci serve, come se fosse lo scaffale di un supermercato, e non permettiamo invece a Dio di entrare nel nostro cuore, che egli ha comprato veramente a caro prezzo, senza risparmiarsi, fino al dono di sé.
C'è poco da fare: Dio non si baratta né si mercanteggia. Dio si ama. E nemmeno a ore, a centimetri o a peso: fino in fondo. Come ha fatto lui.