Omelia (04-03-2018)
don Maurizio Prandi
Nel tempio solo un agnello!

Dopo il deserto e il monte, Gesù ci porta nel tempio. Lo fa per dirci quale è il vero luogo dell'incontro con Dio. Lo fa per dirci che è facile sbagliarsi, lo fa per dirci che è venuto il momento di interrogarci sulla relazione che abbiamo con Dio.


Alle volte mi sorprendo al sentire di questo "mercato". Eppure era la scena più normale, consueta, che si potesse presentare agli occhi di chi entrava nel tempio: animali e persone, stavano proprio dove dovevano essere, nel tempio! Il rapporto, la relazione con Dio era fondato sull'offerta degli animali e non potevi presentarti senza! Visto che non poteva entrare nello spazio sacro alcuna immagine, era giustificata anche la presenza dei cambiavalute, perché le monete recavano impressa l'immagine dell'imperatore e non si poteva pagare con quelle la tassa al tempio. Si doveva passare da lì, dall'uccisione di un animale per "placare" Dio; d'altronde anche Maria e Giuseppe, presentando Gesù al tempio, avevano offerto una coppia di colombi.


Gesù, con la sua passionalità (è divorato - dice il vangelo) ci dice che qualcosa è cambiato! Che il rapporto con Dio non può più essere mediato da animali, ma il rapporto con Dio lo viviamo in virtù di Gesù stesso. Non si può più pensare di avere un rapporto con Dio diverso da quello che Gesù ci ha mostrato. Il rapporto con Dio non può più essere: io faccio questo sacrificio perché tu mi dia questo o mi faccia questo favore. La casa del Padre è lo splendore della gratuità e tu lì ci sei non per uno scambio di cose, ma unicamente perché sei amato; non si scambiano cose, animali, soldi nel rapporto con Dio, ma emozioni e sentimenti. Il rapporto con Dio è all'interno di una logica di amore, di gratuità, di dono:

- c'è il corpo di Gesù, che dal momento in cui dirà dalla croce: Donna ecco il tuo figlio rivolto a Giovanni diventa il corpo di ogni fratello che il Signore ci dona di incontrare e servire;

- c'è la sua Parola che, ci dice il, vangelo, anche i discepoli prima ricordano (si ricordarono che sta scritto) e poi credono (credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù).


E' significativo che una volta cacciati tutti gli animali ne rimanga uno solo all'interno del tempio: lui, che è l'agnello di Dio, tempio distrutto e ricostruito in tre giorni (Casati).
Anche la prima lettura ci aiuta in questo passaggio. Una voce che prima parlava da un roveto, da una nube, con segnali di tuoni, lampi e tempesta, quella voce diventa parola, non l'evidenza e la forza del segno quindi, ma la fragilità della Parola. Nel racconto del libro dell'Esodo infatti, il popolo è condotto da Mosè ai piedi del monte Sinai. Il terzo giorno la montagna è avvolta da una nube spessa, vi sono fulmini e tuoni, la montagna è tutta fumante: il Signore scende sul monte in mezzo al fuoco. Dio chiama Mosè a salire da solo sul monte e poi lo rimanda al popolo. Nel testo dell'Esodo a questo punto si legge: Mosè scese verso il popolo e parlò loro (Es 19,25). Ma, invece di riferire il discorso di Mosè come ci si aspetterebbe, il testo ha una brusca interruzione perché è il Signore stesso e non Mosè a parlare. Inizialmente era il fuoco nel roveto che manifestava al popolo la presenza di Dio e Mosè era il mediatore fra Dio ed Israele, ora Dio si manifesta attraverso la sua Parola e senza più mediazioni.


Leggevo in un commento che nella lingua originale si può intendere come tutte queste parole, in realtà siano una sola parola, e che la differenza tra parole e comandamenti è grande, perché la parola rimane per sempre mentre il comandamento, se non incontra chi lo rispetti, diventa nella migliore delle ipotesi una vecchia reliquia. Con i bimbi, nella messa della vigilia, dicevo proprio questo: lo sapete che queste parole che hanno un sacco di anni sono arrivate fino ad oggi qui nella nostra comunità? E loro non ci credevano. Ma come? Qui nella comunità di santa Giustina si può rubare? Noooo!!! Si può uccidere qualcuno? Noooo!!! Si possono dire bugie? Noooo!!! Ecco, vedete? Le parole di Dio sono arrivate fino a qui!


Concludo con alcune parole di don Angelo Casati che nascono dalla seconda lettura di oggi e che possono diventare preghiera: Purificaci o Signore da ogni mercato della fede e della vita. Purificaci o Signore dall'inganno di cercarti nei miracoli e nei sogni di potenza. Tu hai scritto lo splendore della sapienza nella stoltezza della Croce, lo splendore della gloria e della potenza nella debolezza dell'amore, unica parola, unico comandamento da custodire nella vita.