Omelia (11-03-2018)
diac. Vito Calella
Operatori di verità uniti nella carità

"Chi opera la verità viene alla luce" (Gv 3,21)
Nascere è un "venire alla luce". Uno dei linguaggi più comuni per celebrare la nascita di una nuova creatura è proprio questo: "venire alla luce".
Abbiamo ascoltato nel Vangelo di Giovanni la seconda parte del dialogo notturno tra Gesù e Nicodemo. Gesù aveva appena parlato di una nuova nascita, un nuovo venire alla luce, un «nascere dall'alto» (Gv 3,3), un «nascere dall'acqua e dallo Spirito» (Gv 3, 5).
Nicodemo non capiva le parole di Gesù, perché il mistero della sua morte e risurrezione non era ancora compiuto.
Ma noi lo comprendiamo bene: noi, che siamo cristiani, sappiamo che il nuovo venire alla luce è avvenuto con il nostro Battesimo.
Che senso ha, per noi cristiani, agire, fare, operare quotidianamente senza la grazia di Dio, senza il nostro consenso all'azione dello Spirito Santo che abita in noi? Vivere il Battesimo giorno dopo giorno è non dimenticare mai ciò che fu celebrato in quel giorno santo: «Dio, ricco di misericordia, per il suo grande amore, con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia siamo stati salvati!» Siamo stati salvati gratuitamente! (Ef 2,5).
La nostra salvezza non consiste nell'operare, nel fare opere, nel compiere buone azioni per meritarci un premio alla fine della vita, grazie alla nostra buona volontà di fare il bene con le nostre sole forze umane. La vera vita cristiana consiste nel sentire che con il Battesimo «siamo opera di Dio, siamo nuove creature in Cristo Gesù, per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo» (Ef 2,10) Vivere il Battesimo ogni giorno è agire come nuove creature in Cristo!
Ma come fare per agire in Cristo? Gesù, nel Vangelo ci dice: «Chi opera la verità viene alla luce»: operare la verità è la maniera di agire in Cristo nella vita quotidiana.
La nostra vita quotidiana è un agire continuo, è un susseguirsi di azioni, un operare spesso frammentato, frenetico. Tra tutte le "opere" che facciamo ogni giorno ce n'è una che vorrebbe diventare quella principale, per noi cristiani: è «operare la verità».
«Operare la verità» può significare pregare la Parola di Dio. Forse non c'è opera più bella da imparare nella vita: mettersi quotidianamente in atteggiamento orante verso la Parola di Dio. Questa è la condizione essenziale per «operare in Dio», per fare cioè tutte le altre azioni della vita quotidiana stando in comunione con Dio, «perché si riveli che le nostre opere sono operate in Dio». (Gv 3, 21)

«Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra». (Sl 136,5)
L abbiamo pregato nel salmo responsoriale ascoltando quanto importante sia il ricordo di Gerusalemme: «Mi si attacchi la lingua al palato, se lascio cadere il tuo ricordo, se non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia»( Sl 136, 6).
C'è una seconda cosa importante da non dimenticare: con il Battesimo non siamo più individui solitari, cristiani solitari, ciascuno preoccupato di vivere la propria fede, in maniera personale, intimistica, ciascuno risolvendo da solo i suoi problemi con Dio.
Quando ogni giorno della vita pratichiamo l'azione più importante che è la preghiera orante e personale con la Verità della Parola di Dio, non lo facciamo individualmente, ma lo facciamo sempre uniti nella carità, sentendoci membra del Corpo vivo di Cristo che è la Chiesa. Essere in comunione con Cristo non è una esperienza intimistica di rapporto io-tu, ma è una esperienza di comunione del "noi ecclesiale" con il tu, con il Signore della nostra vita.
Non dimentichiamo mai Gerusalemme, che rappresenta la Chiesa! La nostra gioia sta nel sentirci in comunione, sta nel far circolare l'unità nella carità tra noi credenti in Cristo.
In certe situazioni della nostra vita siamo come il popolo di Israele in esilio a Babilonia, siamo nelle tenebre provocate da perdite dolorose e siamo tentati ad «appendere le nostre cetre ai salici», appendere la nostra speranza, rappresentata da uno strumento musicale simbolo di festa, di armonia, di pace. Appenderlo per non suonarlo più, perché schiacciati dal peso delle situazioni difficili della vita, o dal peso dei nostri peccati. Ma il ricordo di Gerusalemme non ci fa perdere la speranza. Ognuno di noi si fortifica interiormente al sapere che siamo popolo, siamo corpo di Cristo, abbiamo una "città" di cui ci sentiamo parte, Gerusalemme, la Chiesa, la comunità, la comunione spirituale con fratelli e sorelle che pregano come noi, per noi, per gli altri, che pregano la Parola di Dio come noi, che mangiano e bevono lo stesso Corpo e Sangue di Cristo nel sacramento dell'Eucarestia, nel momento culminante della Celebrazione del giorno del Signore.
Siamo uniti nella carità e per questa consapevolezza dovremmo anche imparare che la nostra salvezza non è un premio individuale, non è una medaglia che riceveremo, ciascuno individualmente, dopo la nostra morte. Ma la nostra salvezza è proprio l'unità nella carità, questa eternità di vita che è l'essere in comunione tra noi qui ed ora, questa qualità di vita che viviamo giorno dopo giorno nel mantenerci in comunione tra noi mediante la fede in Gesù Cristo, il figlio unigenito, mandato dal Padre. La vita eterna è il non sentirci soli, non sentirci abbandonati, sentirci uniti nella carità, vivere uniti nella carità. Dopo la nostra morte fisica questa vita eterna già vissuta nell'unità in questo mondo, diventerà pienezza di comunione, fuori del tempo e dello spazio, con la Fonte dell'amore e con tutti coloro che hanno creduto e si sono affidati alla grazia dello Spirito Santo. Pur nelle tenebre dell'esilio di Babilonia, quando tutto fu perduto, distrutto, a causa dei suoi peccati, il popolo di Israele sentì che non era stato abbandonato da Dio. Lo abbiamo contemplato nella prima lettura. Dio inviò il re Ciro di Persia per decretare la fine dell'esilio e la ricostruzione del tempio e di Gerusalemme. Tutti i deportati potevano tornare a casa, era un nuovo inizio.
Quel fatto storico così lontano nel tempo, che interessò una porzione insignificante di umanità, diventa per noi oggi, che lo abbiamo ascoltato, la rivelazione del "tanto di più" che avvenne nella storia dell'umanità, quando Dio «amò tanto il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna!» (Gv 3,16).
Non siamo soli, non siamo abbandonati dall'amore misericordioso del Padre, rivelato per mezzo del Figlio, presente in noi con il dono dello Spirito Santo! L'umanità intera è abbracciata dalla misericordia divina rivelata nella sua pienezza e immensità quando Gesù fu elevato da terra, (Gv 3, 14) quando Gesù fu crocifisso per la salvezza di tutti. «Quando sarò innalzato da terra, attrarrò tutti a me» (Gv 12,22).
Siamo Corpo di Cristo nel mondo, nell'intera umanità, siamo la luce di Cristo risorto nel mondo, nell'intera umanità già abbracciata dall'amore misericordioso del Padre, per il Figlio, nello Spirito Santo. Siamo, in comunione, siamo la luce dell'unità nella carità per questa umanità. Guardandoci attorno scopriamo con una certa facilità che ancora troppa gente vive nelle tenebre, morsa dai serpenti velenosi del deserto di questa nostra storia umana, ancora insidiata da guerre, discriminazioni, separazioni, confusioni, autoaffermazioni e pretese di autonomia senza affidamento alla grazia dello Spirito Santo, già disponibile nei cuori di tutti.
Per questo motivo siamo invitati a dare seria importanza al nostro Battesimo, mediante il nostro operare la verità, cioè con la preghiera orante della Parola di Dio, sentendo tutta la forza che ci viene dall'essere in comunione nel Corpo di Cristo che è la Chiesa, per essere la luce del Cristo risorto nel mondo.