Cristo è la nostra gioia, sempre e assolutamente
Cristo è la nostra gioia, sempre e assolutamente. E' questo in sintesi il messaggio che ci arriva dalla parola di Dio della quarta domenica di Quaresima, chiamata "Laetare", cioè della gioia, della letizia.
Dove troviamo, noi cristiani questa gioia vera, sempre ed in termini assoluti? Leggendo i testi della Sacra Scrittura di questa domenica, questa gioia la possiamo sperimentare, prima di tutto, nella misericordia di Dio nei confronti dell'umanità.
La prima lettura di oggi, tratta dal libro delle Cronache ci riporta al tempo dell'esilio babilonese del popolo d'Israele e del suo susseguente tempo della liberazione e del ritorno in patria. Le cause di questa triste esperienza, sono individuate nel fatto che "tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme".
Per richiamare il popolo sulla retta via ed un comportamento consono alla legge di Dio, "il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora".
Cosa successe? Invece di accogliere i messaggeri di Dio e di cambiare vita, essi si beffarono di loro, "disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l'ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio".
Le conseguenze furono disastrose per Israele. Infatti "[i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi". La gente scampata alla spada fu portata in esilio in Babilonia.
La liberazione da questa schiavitù avvenne per opera di Dio che suscitò il Re persiano, Ciro, i quale emanò questo editto: «Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!"». La gioia del ritorno in patria viene così a realizzarsi per intervento divino ed Israele ritorna, anche questa volta, a casa.
L'altro motivo di gioia ci è ricordato dall'apostolo Paolo, nel brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni, ed è la grazia della fede che ci è stata donata e che dobbiamo alimentare. Non tutti sanno apprezzare questo dono e questa gioia che ci portiamo nel profondo del nostro cuore e del nostro essere salvati in Cristo. Per grazia infatti siamo stati salvati "mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo".
Il terzo motivo della nostra gioia cristiana è messo alla nostra attenzione e valutazione spirituale dal brano del Vangelo di Giovanni di questa quarta domenica di Quaresima ed è il Cristo Crocifisso, il Cristo innalzato sulla Croce per noi, richiamando alla nostra mente ciò che avvenne nell'Esodo, quando Mosè innalzò il serpente nel deserto e gli israeliti in cammino verso la Terra promessa furono salvati. Infatti, il morso dei serpenti velenosi, che si annidavano tra le pietraie, era stata una delle tante insidie durante la marcia di Israele nel deserto del Sinai. Il racconto del libro dei Numeri (21,4-9) ha come sbocco l'"innalzamento" di un serpente di bronzo da parte di Mosè, quasi come una sorta di antidoto e di ex voto. Il racconto biblico sottolinea che la liberazione dalla morte per avvelenamento avveniva solo se si "guardava" il serpente innalzato, cioè se si aveva uno sguardo di fede nei confronti di quel "simbolo di salvezza", come lo definisce il libro della Sapienza. Gesù, nel dialogo notturno con Nicodemo, di cui ci occupiamo oggi, nel brano giovanneo, stabilisce un parallelo tra quel segno di salvezza e «il Figlio dell'uomo innalzato», cioè se stesso crocifisso.
La nostra gioia piena sta nel fatto che Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna".
Qui c'è la certezza non del pena, ma della salvezza per tutti, a patto che, ogni persona che si incammina sulla via del Cristo, poi agisca di conseguenza, accogliendo la luce ed allontanandosi dalle tenebre, facendo il bene e distaccandosi da ogni struttura di peccato: "Chiunque fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Una verità assoluta emerge da tutta la parola di Dio di questo giorno di festa e di gioia che "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio".
La fede in Dio ci spinge ad agire per il bene e alla fine il bene viene fuori in ogni circostanza, se accolgono Cristo, vera luce del mondo, vera luce della mente e del cuore di ogni buono che buono, che non conosce la malvagità. Mi piace concludere questa riflessione con una bellissima preghiera del prossimo Santo, Papa Paolo VI, che ho avuto la fortuna di incontrare nella mia vita:
Signore, ti ringrazio che mi hai chiamato alla vita, e ancora di più che facendomi cristiano, mi hai generato e destinato alla pienezza della vita.
Tutto è dono, tutto è grazia. Come è bello il panorama attraverso il quale passiamo; troppo bello, tanto che ci lasciamo attrarre e incantare, mentre deve apparire segno e invito.
Questa vita mortale, nonostante i suoi travagli, i suoi oscuri misteri, le sue sofferenze, la sua fatale caducità, è un fatto bellissimo, un prodigio sempre originale e commovente, un avvenimento degno d'essere cantato in gaudio e in gloria.
Dietro la vita, dietro la natura, l'universo, tu ce lo hai rivelato, sta l'Amore.
Grazie, o Dio, grazie e gloria a te, o Padre. Amen.
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