Omelia (18-03-2018) |
diac. Vito Calella |
Vogliamo vedere Gesù cuore a cuore facendo comunità "Vogliamo vedere Gesù" (Gv 12,20) Siamo nel tempio di Gerusalemme, che era il "luogo" per eccellenza nel quale abitava il Dio del popolo di Israele, rispettandone la loro credenza. Non è un dettaglio insignificante per l'evangelista Giovanni, che aveva già raccontato l'episodio della scacciata dal tempio dei venditori e mercanti, fatto inserito all'inizio della vita pubblica di Gesù. In quell'occasione Gesù aveva detto, parlando del tempio del suo corpo: «Distruggete questo santuario ed io in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2,19, 3ª domenica di quaresima). Ora siamo alla fine della vita pubblica di Gesù, alla vigilia della sua passione, morte, sepoltura e risurrezione, siamo di nuovo nel tempio, nel luogo della presenza di Dio, e si custodisce nel nostro cuore e nella nostra mente la domanda dei greci: «Vogliamo vedere Gesù» (Gv 12,20). Per noi, che riconosciamo Gesù come Signore della nostra vita, fa eco la preghiera del salmo: «L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente. Quando potrò venire e contemplare il volto di Dio?... Dov'è il tuo Dio?... Lui salvezza del mio volto e mio Dio» (Sl 42,3.4.6.12): stare faccia a faccia con il Signore Gesù è il desiderio della nostra anima assetata di gioia e di pace. Il "luogo" dell'incontro con Gesù è il tempio della comunità. «Vogliamo vedere Gesù»: non è immediato l'incontro con Gesù. Perché i greci non andarono direttamente da Gesù senza chiedere a Filippo? Perché Filippo non andò da solo, direttamente da Gesù, ma andò a dirlo ad Andrea e i due andarono insieme a riferire la domanda dei greci al loro maestro? Lasciando parlare il testo sacro del Vangelo, in questa dinamica contempliamo la mediazione necessaria della comunità cristiana, per poter vedere Gesù oggi, per poter fare esperienza di incontro con il Signore non possiamo prescindere dal tempio del Corpo di Cristo risorto che è la nostra comunità cristiana. Per vedere Gesù non possiamo farlo senza stare in comunione con i fratelli e sorelle in Cristo, perché Gesù sta nel "fare comunità", il Signore risorto sta nel "luogo" esistenziale del nostro incontro tra fratelli e sorelle che condividono insieme la scelta di seguire Gesù, di essere suoi discepoli. Gesù lo vediamo, lo incontriamo nel momento in cui diamo valore al fatto di incontrarci come assemblea liturgica per celebrare insieme la nostra fede in Cristo morto, sepolto, risuscitato e sentiamo che questa comunione è vitale per una autentica esperienza di incontro con il Cristo nel sacramento della Parola e dell'Eucarestia. Gesù vediamo, lo incontriamo nel "luogo" del nostro incontrarci tra noi, a livello interpersonale, per condividere la nostra esperienza di fede. Queste cose non avvengono mai automaticamente, non sono scontate. La comunità è il nuovo santuario, il luogo della presenza di Cristo, il luogo del nostro incontro con Gesù. Il "luogo" dell'incontro con Gesù è il santuario del cuore. «Vogliamo vedere Gesù». Una volta garantita la scelta della comunione tra noi, superato l'individualismo della nostra ricerca del volto di Dio, coltivata l'unità nella carità col sentirci in casa nella nostra comunità cristiana, profondamente grati della bellezza di alcuni rapporti interpersonali di condivisione di fede, c'è un luogo ancora più profondo dell'incontro con Gesù risorto. È il "luogo" del cuore, è l'esperienza dell'incontro cuore a cuore, è l'esperienza mistica dell'incontro del nostro cuore frantumato con il cuore angosciato di Gesù. Anche il cuore è nuovo santuario della presenza di Dio. Dio parla a noi, del nostro cuore frantumato dall'esperienza del dolore e del peccato e lo sceglie come dimora dello Spirito Santo per la celebrazione della nuova ed eterna alleanza. Lo fa oggi, chiedendoci di custodire nella nostra mente la profezia del profeta Geremia: «Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò nel loro cuore. allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo» (Gr 31,33). Dio sceglie di abitare il santuario del nostro cuore, che spesso non è dimora degna della presenza dello Spirito Santo, per essere un cuore frantumato. Non a caso abbiamo risposto alla prima lettura con il salmo 50, chiedendo al Padre: «Crea in me o Dio un cuore puro» (Sl 50,12). Ma nella stessa preghiera del salmista c'è una bellissima consolazione, che è stata tralasciata nel lezionario liturgico, ma non può passare inosservata: «Un cuore frantumato e umiliato tu non disprezzi, o Dio» (Sl 50, 19). Dio abita il nostro cuore frantumato, un cuore a pezzi, un cuore messo alla prova dalla sofferenza e dalla separazione causata dai nostri peccati. Ma la dimora di Dio nel nostro cuore è per il perdono dei nostri peccati (Gr 31,34). La Parola del Vangelo di oggi ci presenta anche il cuore turbato di Gesù, il suo cuore angosciato per l'imminente prova della sua passione. «Ora l'anima mia è turbata. Che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome» (Gv 12,27-28a). Nelle parole di questa preghiera di Gesù, ascoltate oggi, non è difficile ricordare la stessa preghiera pronunciata da Gesù nell'orto del Getsemani. E il brano della lettera agli Ebrei, appena ascoltato, è la testimonianza di quel momento in cui Gesù aveva il suo cuore turbato e angosciato: «Gesù, nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo dalla morte e fu esaudito per la sua pietà. Pur essendo Figlio imparò l'obbedienza dalle cose che patì» (Eb 5, 7-8) Il cuore turbato di Gesù non potrebbe essere quel chicco di grano che deve per forza cadere per terra, rimanere solo, e morire per produrre molto frutto? «Dove sono io là sarà anche il mio servo» (Gv 12, 26): nella solitudine del cuore turbato di Gesù, nell'ora del Getsemani, trova posto la solitudine del nostro cuore frantumato dal dolore e dal peccato. Per il fatto che Gesù è il Risorto, questa comunione cuore a cuore tra il nostro cuore frantumato e il ricordo del cuore turbato di Gesù nell'orto del Getsemani diventa esperienza mistica di consolazione, di pace, perché avvolta dalla speranza di pienezza di vita, pienezza di senso di tutta la nostra esistenza, anche nei momenti della prova. Allora quel chicco di frumento che per forza deve cadere per dare molto frutto diventa anche il nostro cuore, frantumato, ma trasformato, rinnovato dal perdono di Dio, riempito di pace, perché è pur sempre abitato dalla Presenza dello Spirito del Risorto. E questa è la gloria di Dio! L'incontro tra il nostro cuore frantumato e il cuore turbato di Gesù è l'esperienza unitiva, profondissima, che possiamo fare un giorno, del con-morire con Gesù nella morte di croce. È l'esperienza dell'essere attratti da quel crocifisso che contempliamo continuamente tutte le volte che entriamo in Chiesa, per fare comunità, o contempliamo appiccicato al nostro cuore di carne, per l'usanza che dovremmo avere di porcelo appeso al collo. |