Omelia (25-03-2018) |
Agenzia SIR |
Commento su Marco 14,1-15,47 "Preludio alla Pasqua del Signore, alla quale ci stiamo preparando": con queste parole viene definita, dalla liturgia, la celebrazione odierna, a pochi giorni dal Triduo Pasquale, "culmine e fonte" dell'intero anno liturgico. Nella Domenica delle Palme si celebra anzitutto il momento di gloria di Gesù che "entra in Gerusalemme per dare compimento al mistero della sua morte e risurrezione". Un breve umile trionfo che preannuncia la gloria futura della risurrezione. Gesù entra da re, ma lo stile del suo ingresso non è segnato dalla prepotenza dei trionfi terreni: non un cavallo bardato regalmente, bensì un asino, coperto dai mantelli dei discepoli; acclamato con rami di alberi e non con le trombe e i peana di vittoria di un esercito. Entra come "figlio di Davide". "Conquista" la sua città non con la guerra, ma come "re mite... che viene nel nome del Signore". L'ingresso di Gesù in Gerusalemme, umile e semplice, va letto alla luce di quanto Gesù stesso dichiarerà di fronte a Pilato: "Il mio regno non è di questo mondo". Al breve ricordo dell'ingresso in Gerusalemme, segue la Messa della Passione e Morte del Signore, narrata, prima che da Marco, da Isaia, dal salmo 22 e dalla lettera ai Filippesi. Ognuno degli scrittori sacri sottolinea che la passione non può essere compresa se non ricordando che in essa Dio era accanto al suo Cristo per "assisterlo" (Isaia); che essa deve essere la strada per annunciare il nome del Signore "in mezzo all'assemblea" di "tutta la discendenza di Israele" (Salmo); che Gesù, "facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce" ha posto la premessa "perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra...". Il racconto della passione di Marco presenta in verità la duplice natura di Gesù: uomo vero che ha paura di quanto sta per accadergli, per cui prega il Padre "Allontana da me questo calice!", con la forza di aggiungere " Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu". E allo stesso tempo Figlio di Dio che dichiara deciso: "E vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo". E, di nuovo, uomo impaurito che muore gridando: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". Attorno a lui, uomini e donne con le loro debolezze, i loro inganni, le loro violenze e ingiustizie: Giuda che lo tradisce, Pietro che lo rinnega, i sacerdoti impegnati a fabbricare false accuse contro di lui, Pilato che emette una sentenza illegale, la malvagità dei soldati... Per fortuna ci sono anche Simone di Cirene, le pie donne e Giuseppe d'Arimatea. Bene e male, amore e odio attorno a Gesù crocifisso, che soffre e muore: allora, come oggi, come sempre. È questo il duplice binario sul quale l'umanità camminerà per tutta la storia. Ma da parte di Gesù Cristo la strada è unica e non cambierà mai: Lui è morto per gli uni e per gli altri. Con amore universale. Commento a cura di Vincenzo Rini |