Omelia (08-04-2018)
Carla Sprinzeles
Commento su Atti 4,32-35; Gv 20,19-31

La Pasqua, la risurrezione di Gesù è un evento storico non rappresentabile.

Per noi il termine "risurrezione" si riferisce a un morto a cui è restituita la vita terrena, riferito a Gesù, è diverso. Vuole dire che egli ha vissuto la sua morte ignominiosa con una tale fiducia nella forza di amore di Dio da farla esplodere come nuovo inizio, nel momento della sconfitta storica. In altre parole, la fedeltà di Gesù a Dio ha realizzato un'esplosione di vita negli spazi della morte. Quindi, non riguarda tanto la sua trasformazione o il suo stato glorioso, che ci sono completamente ignoti, quanto il fatto che l'amore è la ragione fontale di ogni forma di vita e che la morte acquista senso all'interno di un'esistenza pervasa da un amore incondizionato agli uomini e da una dedizione a Dio senza riserve.

Per i credenti in Cristo, celebrare la risurrezione significa ritenere e sperimentare la possibilità di una vita nuova e piena di amore. L'insegnamento della fede nella risurrezione non si riferisce tanto alla vita dopo la morte, quanto alla possibilità di vivere in modo positivo ogni situazione storica, anche la più negativa e la certezza che se siamo fedeli a Dio, in un amore incondizionato, siamo in grado di introdurre nuove modalità di esistenza e di salvare i peccatori dal male.

Come la morte, anche il peccato diventa positivo quando è avvolto dalla misericordia, che è la forza dell'amore nella sua dimensione gratuita e creatrice.

Alla Messa, facciamo memoria della resurrezione di Cristo, ossia evochiamo la croce come possibile luogo di vita, e il perdono dei peccati come recupero radicale del passato, reso possibile dall'amore.

In queste sei domeniche di Pasqua vediamo come questa esplosione di vita di Cristo prosegue nei discepoli.


ATTI 4, 32-35

La I lettura di oggi è tratta dagli Atti degli Apostoli e ci fa un quadro della vita della comunità di Gerusalemme: è una comunità che vive la risurrezione come esperienza di comunione. Ciascuno metteva tutto quello che aveva in comune e nessuno parlava di proprietà privata e "non c'era fra di loro nessun bisognoso"! i credenti della resurrezione erano realisti e concreti! Non era una novità assoluta perché già Aristotele dice "le cose, agli amici sono comuni; infatti l'amicizia si manifesta nella comunione", lo stesso dice Platone. Anche gli Esseni nell'ambiente giudaico vivevano questo tipo di comunione dei beni.

I cristiani di Gerusalemme non vivono un'esperienza nuova per quei tempi, hanno semplicemente applicato le massime aspirazioni dell'uomo. Qual è la novità?

Solo l'orizzonte nuovo della vittoria di Gesù sulla morte rende liberi gli uomini dalla ossessione possessiva e accumulatrice, che nasce dalla paura della morte.

La promessa descritta nell'antico testamento, in Deuteronomio: "Non ci sarà alcun bisogno in mezzo a voi", ora dalla risurrezione sorge questo popolo della promessa, un popolo in cui non c'è più né povertà né miseria. Superare la paura della morte, rende capace l'uomo di vivere secondo una nuova mentalità, che si concretizza nella comunione dei beni.

Noi, chiediamoci, abbiamo paura della morte, come Cristo non l'avesse vinta?

L'individualismo, il volere sempre qualcosa in più degli altri, indica che pensiamo che la morte non è stata vinta, e allora diamo importanza alle cose morte!

Non lasciamoci passare sopra da questo interrogativo, siamo veri e modifichiamo questo nostro stile, se vogliamo essere cristiani, se ci diciamo cristiani!


GIOVANNI 20, 19-31

Ci troviamo davanti a una pagina del vangelo secondo Giovanni, densissima. Vediamo di approfondirne alcune parti, perché tutta ci occuperebbe molto tempo, che non ho a disposizione.

La sera di Pasqua, mentre i discepoli impauriti, a porte sprangate sono riuniti, "Gesù si ferma in mezzo a loro" e fa passare dalla paura alla gioia (come aveva promesso). Gesù dona la pace e, trasparenza perfetta del Padre, manda i discepoli in missione, come lui è stato mandato e immediatamente dona lo Spirito. Gesù "soffiò" su di loro una nuova creazione, una vita rinnovata. Il Risorto non fa nessun rimprovero. Alcuni l'hanno rinnegato, i più sono scappati, non hanno creduto alle donne, né ai discepoli di emmaus, noi non ci saremmo comportati così! Gesù si fida. Cristo dimostra che la relazione con lui, non può essere distrutta. Dona lo Spirito, che rende capaci di intravedere il Bene anche dietro il male ricevuto! Il Risorto dimostra che la relazione con lui può risorgere perché il suo Spirito rende nuova la vita che abbiamo nelle nostre narici!

Quello che i discepoli non avevano creduto, e che ancora oggi noi non crediamo è la proposta di Gesù! Quale? Intanto l'immagine di Dio, non legislatore. Il modo di adorare Dio in Spirito e verità. Considerare Dio come principio, fonte, mentre tutto il resto è inadeguato!

Poi c'è la legge della fraternità, come condizione fondamentale di crescita personale: amare anche chi ci odia, essere miti di fronte al violento, gestire la sessualità come dono di sé. Tutto questo non può nascere da obbedienza a leggi, ma può fluire da un rapporto con Dio.

E' questo cambiamento che noi oggi siamo chiamati a realizzare. Non è una missione personale, ma una missione delegata dal Padre, a Gesù, a noi!

Certo siamo in cammino, occorre essere attenti ai doni quotidiani di vita!

Se venisse Gesù in mezzo a noi certamente dovrebbe rimproverarci della nostra incredulità. Non solo Tommaso, ma tutti noi non abbiamo ancora colto il Vangelo e non lo consideriamo come criterio delle nostre scelte!

Tommaso non era presente la sera della risurrezione, non crederà agli altri, che dicono di aver visto il Signore. Ma otto gioni dopo proromperà nella più elevata professione di fede di tutto il vangelo: "Mio Signore e mio Dio!" Proclama non solo che il maestro sia risuscitato, ma giunge a proclamare che Gesù è Dio. Una fede così intensa, non si improvvisa! E' nata già quando era disposto ad andare a morire "con" lui.

Quello che vuole far notare qui l'evangelista è che non c'è bisogno di vedere per arrivare a credere. Occorre "credere" per "vedere".

Quanti per amore mettono la propria vita a servizio degli altri sperimentano costantemente la presenza di Gesù nella loro esistenza, senza aver bisogno di esperienze straordinarie.


Cosa dobbiamo fare? Diventare consapevoli della nostra insufficienza e del nostro male, senza scoraggiarci perché Gesù ci dona quotidianamente il suo Spirito, purché noi lo accogliamo, lo accettiamo. Cosa aspettiamo?