Omelia (30-03-2018)
don Alberto Brignoli
Stare sotto la croce

"Stabat Mater dolorosa, iuxta crucem lacrimosa, dum pendebat Filius": con queste parole, uno dei maggiori poeti dell'era medievale, il beato Jacopone da Todi, dava inizio alla sua composizione più famosa, lo Stabat Mater, appunto, che divenne talmente famosa e popolare da essere poi assunta nella liturgia come Sequenza della memoria della Beata Vergine Maria Addolorata. Questa prima strofa è facilmente traducibile: La Madre, addolorata, stava in lacrime sotto la croce dalla quale pendeva il Figlio".
Pur nello strazio del suo dolore, quello "Stabat", che è la trascrizione esatta della narrazione del Vangelo di Giovanni che abbiamo appena ascoltato, dice molto bene la fierezza e la fermezza dello "stare" sotto la croce (o presso la croce, come dice l'evangelista) di questa donna che vede suo Figlio, l'unico suo Figlio, ingiustamente condannato a morte, e a una morte di croce. Le raffigurazioni che mostrano Maria svenuta dal dolore e sostenuta a fatica dalle altre Marie e da Giovanni che la accompagnavano sotto la croce, non sono veritiere, e non hanno alcun fondamento biblico. Rispondono forse all'esigenza di un effetto scenico, o a un fattore umano comprensibilmente plausibile; ma se Giovanni (testimone oculare di quella crocifissione) usa questo termine, "stava", sicuramente ha voluto dirci qualcosa.
Sotto quella croce, infatti, quel pomeriggio, non c'erano solo la madre di Gesù, il discepolo che egli amava e le altre Marie. Sotto quella croce c'era un gran movimento di persone, un brulichio esagerato di personaggi che con tutti i loro movimenti, gesti, azioni, parole, rischiavano di far passare inosservato, o forse scontato, un momento che invece era carico di drammaticità, soprattutto per una madre che vede il proprio figlio morire, innocentemente, in quel modo. E allora l'evangelista "ferma" la scena: o meglio, in quella concitata scena ferma alcune persone intorno alla staticità di Maria, pietrificata dal dolore. Perché mai ribadire che Maria e gli altri seguaci di Cristo "stavano" sotto la croce, se non per differenziare il loro atteggiamento da quello di tutti gli altri?
Gli altri erano tutti troppo occupati. Occupati a leggere l'iscrizione della condanna di Gesù, e a contestarne immediatamente la validità e la profezia; occupati a spartirsi le vesti di Gesù, pensando anche a come poterle utilizzare dignitosamente senza scinderle o strapparle; occupati a dare da bere aceto ai condannati a morte; occupati a spezzare loro le gambe per accelerarne la morte, perché il giorno dopo era necessario fare festa; occupati a passare in fretta davanti al patibolo lanciando un insulto o una risata. Occupati in tutto, meno che a passare del tempo "stando" sotto la croce, fermandosi sotto la croce, lasciandosi immergere nel mistero di quella croce.
Alla fine, però, la mattina del primo giorno dopo il sabato, non è certo a questi, incapaci di fermarsi sotto la croce, che viene rivelato il mistero della tomba vuota; quella tomba verrà trovata vuota da chi, come Maria Maddalena e come lo stesso Giovanni, sotto la croce, in compagnia della Madre, hanno avuto il coraggio di "stare".
Ed è così che, in quel perpetuo "Stabat Mater" della storia, in cui spesso gli innocenti pagano con il loro dolore per le colpe di tutti, solo chi ha il coraggio, la forza e la dignità di "stare" sotto la croce e di lasciarsi immergere nel mistero del dolore, può sperimentare la forza della vita, talmente forte da rotolare via l'enorme macigno che separa il mondo dei viventi dall'ombra della morte.
Solo chi vive il dolore, prima con rabbia, poi con delusione, poi con rassegnazione e infine con dignità, è capace di sperimentare la forza della vita, la forza di ripartire, la forza di ricominciare ancora, nonostante tutto. Chi invece fugge dal dolore; chi sotto la croce si rifiuta di starci; chi di fronte al dolore altrui vive nell'indifferenza e continua a rimanere occupato nelle proprie cose, magari addirittura insultando il dolore dell'avversario, gioendo delle sue disgrazie, pensando: "Ben ti sta, te la sei cercata!", non avrà mai la possibilità di rinascere e di ripartire, di gioire di fronte alla vita che riprende il suo corso, di sperimentare la forza di una tomba lasciata incredibilmente vuota.
Solo chi vive il mistero del dolore e non fugge di fronte a esso, ma "ci sta dentro" con tutto se stesso, è capace di comprendere il mistero della resurrezione e della vita. Solo chi si immerge nel Venerdì Santo riesce a vivere la Domenica di Pasqua
Costa, è vero: costa parecchio, come tutte le cose di valore. Ma quando la vita ci chiama a stare sotto la croce, rispondiamo con fiducia e abbandono: "Io ci sto!". Abbiamo solo da guadagnarci.