Omelia (01-04-2018)
don Luciano Cantini
Cristo è la nostra Pasqua!

La parola ebraica Pesach (pasa', in aramaico), Pasqua, significa "passare oltre", "tralasciare", e deriva dal racconto della decima piaga, nella quale il Signore vide il sangue dell'agnello sulle porte delle case di Israele e "passò oltre" (Esodo, 12,21-34). In Cristo la Pasqua ha acquisito un nuovo significato, indicando il passaggio da morte a vita per Gesù e il passaggio a vita nuova per i cristiani, liberati dal peccato con il sacrificio sulla croce e chiamati a risorgere con Gesù [da wikipedia].


L'idea del "passaggio" porta in sé tutta la dinamica della provvisorietà; ogni passaggio immagina un prima e un dopo, un al di qua e un al di là, per rimanere legati alle dimensioni del tempo e dello spazio, ma tante altre sono le dimensioni della storia e della vita umana che nella loro dinamicità segnano un "passaggio". Anzi dobbiamo poter dire che tutta l'esperienza umana è il susseguirsi di passaggi.

Se ci è sufficientemente chiaro, e non sempre, il prima e il dopo o il qua e il là, più complesso è percepirne il passaggio, il durante.

Il racconto biblico della Pasqua ebraica la avvolge nel mistero: gli stipiti delle porte segnati dal sangue, il pasto affrettato nel chiuso delle case e il "passaggio dell'angelo" che risparmia dalla morte; lo stesso passaggio del Mar Rosso nelle molteplici tradizioni che si intrecciano tra di loro non ci permette di capire cosa davvero sia successo a quel popolo schiavo di un altro che vista la morte dei suoi persecutori esplode nella gioia della libertà.

Ancora di più avvolta nel mistero è l'esperienza dei discepoli di Cristo che fanno esperienza della sua Passione, della sua morte per giungere alla Resurrezione. Gli evangelisti annaspano tra le parole nel tentativo di narrare l'inenarrabile.


Il prima è per tutti chiaro, la passione è raccontata da tutti con dovizia di particolari... tra le righe vi scopriamo oltre le sofferenze di Gesù, la forza delle donne e la debolezza degli uomini, la fedeltà delle une e il tradimento degli altri; l'inadeguatezza dei poteri politici, la perfidia dei poteri religiosi, la fragilità della gente facilmente manipolata, la violenza di chi si fa forte sui deboli... Nel prima della Pasqua di Cristo non è raccontato soltanto il susseguirsi di quegli avvenimenti quanto la dinamica storica del nostro oggi, o meglio del nostro "sempre" quando l'uomo si lascia dominare da se stesso da rendersi schiavo.

La cronaca di allora non è molto dissimile dalla cronaca di oggi. Questo ci dice che la nostra vita, la nostra storia è ancora al di qua della Pasqua...


Nel tentativo di narrare il "dopo" dell'evento pasquale gli evangelisti marcano l'inadeguatezza delle parole, l'insufficienza del racconto; forse ciò che accomuna i racconti evangelici è il turbamento degli animi di quegli uomini, lo sconvolgimento del loro pensare. Nella esperienza dei discepoli c'è la forza incredibile del Signore che ha ridonato la vita a cadaveri inermi, pensiamo a Lazzaro, al figlio della vedova di Nain, la figlia di Giairo, ma era un tornare indietro, al preesistente, nell'aldiqua.


Il racconto del giorno di Pasqua è carico di gesti e di simboli che provano a farci uscire dalla incomprensibilità mentre ci lasciano nel Mistero: il buio e l'alba, la pietra rotolata, le figure degli angeli, la tomba vuota, il gran correre, il sudario, le donne sempre protagoniste ma inascoltate, l'incredulità degli uomini, i dubbi, le perplessità, i sotterfugi... Tutto è così veloce e rapido che non ci permette di capire fino in fondo cosa c'è "dentro" la resurrezione. Ci manca un racconto al rallentatore che ci permetta di capire la dinamica della resurrezione, il susseguirsi dei passaggi per giungere al Passaggio.

Forse è per questo che ogni volta che ci accostiamo alla Pasqua sembra che siamo risbattuti con violenza nell'aldiqua. Tutta l'esperienza umana si mantiene sul versante della morte: la malattia, la sofferenza, la violenza, il rifiuto dell'altro, tutto ciò che distrugge la dignità umana. La nostra difficoltà è che rifiutiamo la morte, la nascondiamo: ci sono i diritti, le libertà, le proprietà, i sacrifici che facciamo che nascondono la prepotenza, l'approfitto, l'ingiustizia, la mancanza di fraternità.


Gesù, invece non ha nascosto la morte o il dolore, ma se ne è fatto carico, fino in fondo; non ha rifiutato la parte peggiore, infima della umanità ma l'ha condivisa. La Pasqua è l'annuncio che la morte è vinta affrontandola e andando oltre. Dobbiamo necessariamente passare attraverso le fratture del nostro mondo, guardare in faccia le morti della storia di oggi per farsene carico. Entrare nella esperienza del dolore che ben conosciamo, lasciare che le conseguenze del peccato lacerino la carne come i chiodi della croce per entrare nel mistero di un mondo nuovo, l'inaugurare quel Regno di Dio a cui siamo chiamati a partecipare.

«Vivere a partire dalla resurrezione: questo è il significato di Pasqua» (Bonhoeffer).

La Pasqua non è una ricorrenza, una festa da celebrare, un uovo di cioccolata che si spacca per vederne la sorpresa (e rimanerne delusi), quanto una persona, un compagno di viaggio, un Maestro: Cristo è la nostra Pasqua!!