Omelia (04-03-2018) |
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie) |
Commento su Es 20,1-17; Sal 18; 1Cor 1,22-25; Gv 2,13-25 Il racconto di Giovanni è spoglio ed essenziale: quasi una cronaca proposta con un taglio giornalistico moderno. E tuttavia, superando l'apparente distacco emotivo del narratore, l'iniziativa «eversiva» di Gesù ci apparirà in tutta la sua consistenza. Giovanni scrive il suo Vangelo verso la fine del primo secolo: ha lungamente meditato gli aspetti misterici, addirittura talvolta esoterici, certamente simbolici della predicazione e della vita del Maestro. Ha dato agli avvenimenti descritti una sistemazione cronologica, ma anche logica. Non a caso, l'episodio del Cristo che scaccia i mercanti dal Tempio si colloca tra le nozze di Cana e e l'incontro con Nicodemo: tra il momento della festa e quello della rinascita nello Spirito, che «soffia dove vuole» e che esige adoratori del Padre «in spirito e verità». La Chiesa, come luogo «sacro», ha senso solo se collocata all'interno di questa dinamica di festa-adorazione, dove il momento culturale di un incontro sempre nuovo del credente con il suo Signore, e quello del coinvolgimento nella storia quotidiana delle donne e degli uomini, si armonizzano, si fondono, addirittura si compenetrano in modo tale da non essere più distinguibili, quasi a creare un nuovo modello antropologico. Il tempio così concepito diventa «sacro» non soltanto perché luogo di culto e di riti, ma perché, oltre a essere la casa di Dio, è la casa dell'Uomo, di ogni uomo che cerca, soffre, spera o si dispera, ama, e che vive in povertà di spirito. Non «anima bella», ma cercatore di una essenzialità nel deserto in cui si trova a vivere. Si capisce allora la reazione di Gesù, che può apparire di volta in volta ingenua, sproporzionata, radicale, imprudente. Come la violenza dei disarmati. Come la rivolta dei poveri e degli oppressi che non ci lasceranno dormire. E se l'uomo è il tempio sacro di Dio, per i poveri di ogni latitudine e longitudine del pianeta si trasforma in messaggio di speranza la sfida di Gesù ai farisei del suo e del nostro tempo: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2,19). E si capisce ancora come in tutta la tradizione della Chiesa - una tradizione spesso rimossa nella storia - questo culto della centralità dell'essere umano in una Chiesa povera e dei poveri sia evidenziato con un vigore spesso scandalizzante. San Giovanni Crisostomo, nelle Omelie su san Matteo così si esprime: «Impariamo dunque a vivere da saggi e ad onorare Cristo come egli desidera: l'omaggio più gradito a colui che si vuole onorare è quello che egli stesso desidera e non quello che noi immaginiamo... Che importa che la tavola di Cristo scintilli di calici d'oro, se egli stesso muore di fame? Di conseguenza, pur mentre decorate la casa di Dio, non disprezzate il vostro fratello bisognoso. Dopo tutto, questo fratello è un tempio ben più prezioso di quello di Dio» (cap, L). E san Bernardo, nella sua Apologia, al cap. 12, aggiunge: «A che serve l'oro nella vostra chiesa?... La Chiesa è sfolgorante nei suoi muri, ed è bisognosa nei suoi poveri. Le sue pietre sono rivestite d'oro, e i suoi figli trascurati nella loro nudità. Si accontentano gli occhi dei ricchi a spese dei poveri. I curiosi vi trovano soddisfazione e gli indigenti non vi trovano soccorso...». Quale stupenda lezione per questa nostra Quaresima!
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