Commento su At 10,34a.37-43; Sal 117; Col 3,1-4; Gv 20,1-9
Allora entrò anche l'altro discepolo che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.
E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme...ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con Lui dopo la sua resurrezione dai morti.
E altri passi evangelici, più o meno famosi, pongono al centro la "tommasea umanità" nel credere alla Resurrezione di N.S.G.C., tant'è che Cristo si preoccupa di ammonire la materialità del credere ricordando che la beatitudine vera sta nel credere per fede, ossia senza aver visto e toccato, ma credendo alla Parola e ai profeti e testimoni che nei tempi Dio ha mandato e manderà.
Personalmente ritengo che il perno di tutta la fede cristiana cattolica stia nella frase paolina "Vana sarebbe la nostra fede, se Cristo non fosse risorto."
Ma ci pensiamo? Cosa succederebbe se un giorno qualcuno dimostrasse tangibilmente che Cristo non è risorto? Cosa sarebbe della cristianità cattolica?
La fragilità e forza della fede cristiana sta tutta qui, in quel "se" così piccolo, ma così pesante nell'accettare per fede il mistero di un Dio che si fa umano in una grotta, che vive da umano tra gli umani, che muore da umano sulla croce, ma che alla fine risorge come Uomo e come Dio, per la salvezza dell'umanità.
Una fede, una speranza, una certezza, una verità; in una grotta aperta nasce Cristo, da una tomba aperta nasce la Chiesa, santa e peccatrice, umana e divina, credente e dubitante.
Quante volte nella vita il "se" si frapposto nelle nostre scelte umane, spirituali, morali, insinuando il dubbio, la paura, la tentazione, la contraddizione, il relativismo, il conformarci a questo mondo?
Il "se" paolino onestamente mi tarla nella mia ragione umana, ma so anche che Cristo non lascia nel buio della tomba, simbolo di una apparente sconfitta umana, ma offre la via per uscire dalla morte della passività, del relativismo, del nichilismo, dell'adeguamento trasformista e del possibilismo opportunista, chiedendoci di imitarlo, fino alla vita eterna, con un solo agire, quello dell'amore, del servizio, dell'attenzione concreta verso il prossimo, segni tangibili della nostra resurrezione pasquale di ogni giorno.
E in questa Pasqua voglio chiudere il commento con una sola domanda che parte da un "se":
"Se Cristo si presentasse oggi in mezzo a noi, con il suo saluto pasquale, lo sapremmo riconoscere?"
Buona Pasqua in N.S.G.C.
Mariagrazia e Claudio Righi di Pisa
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