Omelia (08-04-2018) |
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie) |
Commento su At 4,32-35; Sal 117; 1Gv 5,1-6; Gv 20,19-31 Potremmo definire questa 2a domenica come "Il problema della fede", oppure "la trasmissione della fede", e andrebbero bene tutti e due. Se si parlassi del se dubbioso di Tommaso, l'uomo di oggi, che di fronte alla notizia della risurrezione di N.S.G.C., esclama il famoso "se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, non credo" avremmo buon gioco, ma si cadrebbe nel banalmente conosciuto e risaputo, anche se Tommaso ci ricorda che ogni vera esperienza di fede va vissuta in prima persona, perché nessuno può credere al posto nostro. L'esperienza di fede è un incontro, una relazione tra me e Dio, per la quale poi potrò decidere se "credere" o meno in Lui. La parolina di questa domenica invece è "perseveranti": "Erano perseveranti nell'insegnamento degli Apostoli e nella comunione... Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia..." Ecco due facce di una stessa dinamica: considerare la fede un problema oppure credere e trasmetterla con azioni identificative della stessa? Con quale dei due atteggiamenti ogni giorno io vivo la fede? Con il dubbio? Con la continua messa in discussione di una fede e religiosità basata più sul pragmatismo umano piuttosto che non su quello spirituale? Gli Atti degli Apostoli non ci vogliono richiamare a una fase idilliaca del primo cristianesimo, ma bensì a comprendere che solo vivendo una fede personale ma comunitaria e fatta di gesti concreti possiamo evitare il possibile rischio del fuoco di paglia dato dalla prima emozionalità rituale fideistica. Oggi viviamo sempre più una fede personalistica, intima, privata, sia a livello di comunità ecclesiale che di piccola famiglia domestica, laddove per pigrizia o per credenza superficiale non riusciamo a essere veri testimoni del credo della Chiesa e del nostro credo come cristiani credenti. La perseveranza è continuità, è credibilità, è coscienza, è fatica spirituale e materiale, che sostengono la nostra azione di cristiani cattolici, per essere ogni giorno testimoni credibili e autorevoli chiamati più a trasmettere la speranza che non a seminare il comodo dubbio del disimpegno di fede e religioso. Concludo anche questa 2° domenica di Pasqua con una sola domanda: "Con quale dei due atteggiamenti ogni giorno io vivo la fede? Con il dubbio? Con la continua messa in discussione di una fede e religiosità basata più sul pragmatismo umano piuttosto che non su quello spirituale, o piuttosto con quello della testimonianza fatta di vicinanza e piccoli gesti di attenzione all'ultimo?"
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