Omelia (15-04-2018) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Luca 24,35-48 Il Vangelo che abbiamo ascoltato continua la vicenda dei due discepoli di Emmaus e conclude il primo libro di san Luca. Il secondo libro, noto a tutti come Atti degli Apostoli, riprende esattamente da qui - come se Luca dicesse: "Dove eravamo rimasti?... ah, sì, ecco..." - e racconta le avventure dei primi testimoni di Cristo, san Paolo compreso, e della nascita delle prime comunità cristiane. Nella presente pagina possiamo constatare come Gesù applichi agli Undici lo stesso metodo usato con i due di Emmaus, per farsi riconoscere: spiega le Scritture che parlavano di lui, mangia con loro, e in questi due ‘gesti' mette in fuga ogni dubbio e timore; infine annuncia quello che il Padre suo aveva promesso: trattasi evidentemente dello Spirito Santo, il Paraclito, il Consolatore, Colui che avrebbe dato loro il coraggio di uscire dal cenacolo e iniziare l'opera di contaminazione evangelica, tuttora in corso in ogni parte del mondo...o quasi. E poi? "Poi li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio lodando Dio.". Per Luca tutto si svolge nell'arco di un solo giorno, lo stesso della Risurrezione. Fine del Vangelo. La Chiesa ha assunto questi due elementi caratteristici dell'incontro pasquale con il Signore - l'ascolto/spiegazione delle Scritture e il banchetto eucaristico - e voilà, ecco la Messa! Nella Messa anche a noi viene data l'opportunità di incontrare e riconoscere il Signore risorto. Ma guai se tutto finisse qui! Sarebbe come se gli Undici fossero rimasti per sempre chiusi nel cenacolo a raccontarsi le loro esperienze spirituali, mentre sfogliavano insieme l'album delle foto di famiglia. Che nostalgia!... patetico! A proposito, quando cominciassimo a spendere tempo, troppo tempo, a sfogliare vecchi album di foto, beh, siamo arrivati al capolinea... Parafrasando il titolo del famoso saggio di Silvano Petrosino: , il cenacolo degli apostoli non è una tana e neppure la Chiesa! Con buona pace di chi pensa ancora la Chiesa nei termini medievali dell'hortus conclusus, del giardino protetto ove, solo, si può trovare la salvezza e la pace, al riparo dai pericoli e dalle tentazioni del mondo; il cenacolo - per noi, la Chiesa - è il luogo ove celebrare la persona di Cristo risorto e ricevere lo Spirito Santo; ma poi si esce dal cenacolo, si esce dalla Chiesa, perché dobbiamo essere testimoni di tutto ciò che abbiamo sentito, visto, celebrato! In particolare, la nostra testimonianza deve avere come oggetto principale la conversione e il perdono dei peccati; il Signore lo precisa prima di lasciare per sempre questa nostra terra; e dichiara anche che la testimonianza cristiana non è un optional, ma dovere grave di ogni cristiano! Particolare che forse può essere sfuggito: il Risorto non dice: "(di questo) voi sarete testimoni.", ma "(...) voi siete testimoni."... Il comando non impegna soltanto il futuro, ma già il presente! Non è consentita nessuna dilazione! Conversione e perdono dei peccati non sono due realtà separate: lo sappiamo in teoria, ma in pratica facciamo fatica a tenere insieme le due coordinate della misericordia. Il sacramento della riconciliazione, per molti fedeli, è ancora avvertito e celebrato come il cassonetto della nostra immondizia spirituale e morale. Entriamo in confessionale con il nostro carico indifferenziato di peccati - pensieri, parole, opere, omissioni... -, e sottolineo, indifferenziato... nonostante i ripetuti richiami della Pubblica Amministrazione a tenere separato il vetro, dalla plastica, dall'umido,... - ecco fatta un po' di pubblicità progresso -; avvertiamo un malessere generico e generale, non è chiaro se sia vero senso del peccato, oppure senso di colpa, del quale vorremmo al più presto liberarci - al più presto per modo di dire! da una confessione all'altra passano anche sei mesi, un anno e più... -. Propositi per il futuro, nessuno o quasi! il prete confessore lo deve ricordare ogni volta, che il perdono del peccato è correlato all'impegno di lasciarselo alle spalle... Se non c'è conversione, presto o tardi, la confessione sacramentale degenererà in coazione a ripetere, sindrome psicologica grave, nella quale cadere e alzarsi, ricadere e rialzarsi... sono diventati un circolo vizioso... Si pecca, ci si confessa, si pecca di nuovo e ci si riconfessa... Sintomi di conversione non ce ne sono; manca addirittura una prospettiva, nella convinzione inconfessata, ma reale e fatale, che in fin dei conti, tutto rimarrà come prima. In ultima analisi vince il peccato, e il perdono di Dio è inutile; dal momento che i primi a non credere nell'efficacia di questo perdono di Dio, siamo noi. Anche sul perdono di Dio abbiamo le nostre teorie, e non sempre corrispondono a ciò che la Chiesa insegna da sempre, da quella famosa domenica sera, in cui il Cristo fu portato verso il cielo, sotto gli occhi attoniti degli Undici. E quali sono queste idee diverse? sostanzialmente l'idea è una soltanto con diverse sfumature: se Dio mi avesse perdonato sul serio, non commetterei più questi peccati; il fatto invece che continui a ricadere, significa che il perdono di Dio non è abbastanza efficace a cambiarmi... Si presenta la secolare dicotomia tra azione di Dio e azione dell'uomo: in altre parole, Dio e uomo non sono dalla stessa parte... non si dà possibilità di collaborazione; o Dio, o io. E, dal momento che io non sono riuscito a vincere le mie tentazioni, provo a chiedere aiuto a Dio. Peccato che Dio, da solo, non è in grado di salvarmi, se non ci metto del mio... Questo è quanto. Chiudo questa riflessione ripetendo l'orazione che ha introdotto le letture di questa terza domenica di Pasqua: "O Padre, che nella gloriosa morte del tuo Figlio, vittima di espiazione per i nostri peccati, hai posto il fondamento della riconciliazione e della pace, apri il nostro cuore alla vera conversione e fa' di noi i testimoni dell'umanità nuova, pacificata nel tuo amore.". P.C.N.S. AMEN. |