Commento su Mc 14,32-42
Lectio
32Giunsero a un podere chiamato Getsèmani ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego».
Durante tutta questa discussione Gesù e i suoi arrivano al Getsemani, luogo che viene definito chorion, cioè territorio rurale, campo, podere. Il suo nome è ebraico (non aramaico) quindi ha una certa antichità. Significa torchio degli ulivi o degli oli. Gesù lascia in disparte i suoi per andare a pregare. Già in Mc 1,33 e 6,46 lo abbiamo visto in questo atteggiamento.
33Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia.
In questa occasione prende con sé i tre discepoli prediletti. Si tratta non tanto di avere il loro conforto, ma perché essi siano testimoni di una rivelazione, come avvenne per la risurrezione della fanciulla (5,37) o al momento della trasfigurazione (9,2). I tre diventano testimoni dell'avvenimento o sono prescelti a essere tali, poiché di fatto si addormenteranno. La preghiera del Getsemani diventa il compimento della rivelazione di Gesù avvenuta nella trasfigurazione e nella risurrezione della ragazza. Solo qui al Getsemani si può comprendere chi sia veramente Gesù.
34Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate».
Davanti ai tre egli comincia a spaventarsi e ad angosciarsi. Non viene indicata una ragione precisa per l'angoscia. Viene però usato il linguaggio dei Salmi della sofferenza (31; 22; 39; 42; 43...). Questi salmi avevano fornito una riserva di preghiere e lamentazioni in cui poteva identificarsi chi era caduto nel pericolo e nella miseria. Gesù è presentato come il giusto che soffre.
Ai tre discepoli dice che l'angoscia l'opprime a tal punto da desiderare la morte. I tre sono esortati a perseverare e a vegliare. Per vegliare essi non devono dormire, ma assistere il loro Maestro nell'angoscia mortale.
35Poi, andato un po' innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell'ora.
Gesù si allontana un po' dai confidenti per pregare. Nella preghiera vuole essere solo. La separazione dai compagni è nota nell'Antico Testamento e così anche il prostrarsi a terra.
Nella sua preghiera mette un se fosse possibile. Con questo si rimette nelle mani di Dio. Vi è poi il termine ora che ha un'importanza particolare nella letteratura apocalittica. Vi è un tempo stabilito da Dio in cui avverrà un fatto apocalittico funesto che annuncia la fine vicina. Nel v. 41 questo avvenimento sarà la consegna del Figlio dell'uomo nelle mani dei peccatori. Questo fa interpretare l'agonia di Gesù in senso apocalittico. La morte del Figlio dell'uomo apre la strada al giudizio di Dio.
36E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu».
Questa preghiera è articolata come una preghiera classica nelle tre componenti di invocatio, pars epica e prex. L'invocatio è appunto l'invocazione a Dio, qui chiamato come abba, l'appellativo usato dai bambini e che ci è stato insegnato da Gesù stesso. La pars epica ricorda le gesta, la potenza di Dio a cui ci si rivolge: tutto è possibile a te! Pone in risalto l'onnipotenza di Dio, che guida i destini degli uomini.
La prex è l'invocazione vera e propria, quello che si chiede. Gesù chiede che si allontani il calice. Si tratta del calice che chi presiede il banchetto porge ai commensali. Dio porge a Gesù il calice della sventura. Perciò la sofferenza che cala su di lui non è un destino buio e cupo. Se nella teologia giudaica del martire l'immagine fu riferita alla sofferenza del martirio, nell'AT essa esprimeva l'ira di Dio che cala come giudizio su singole persone o popoli. Qui i due aspetti si mescolano, così che con la passione Gesù è oggetto della collera che deve colpire altri.
Se da un lato la preghiera potrebbe far sorgere insicurezza in Gesù sofferente, la stessa preghiera termina in totale sottomissione alla volontà divina.
37Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora?
La scena si concentra sui discepoli. Gesù li trova che dormono. La sua parola di rimprovero è diretta solamente a Pietro. Si riferisce alle parole da lui dette poco prima. E' un richiamo al suo futuro rinnegamento. L'incapacità di vegliare per un'ora mostra che il discepolo non è interiormente preparato alla passione del suo Maestro. Il contrasto tra il dormire e il vegliare ricorda minacciosamente l'ammonimento della parabola del portiere di Mc 13,35. Perciò il vegliare può essere visto come atteggiamento escatologico.
38Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole».
Con l'ammonimento a vegliare e a pregare diretto a tutti i discepoli, questo brano arriva al suo più alto momento parenetico. Vegliare e pregare sono strettamente congiunti. Il vegliare si manifesta nel pregare. Soltanto allora i discepoli potranno opporsi alla tentazione che incombe su di loro, e potranno resistere alla prova che vi è in quella tentazione. L'uomo è un essere fatto di spirito e di carne, pronto nello spirito, debole nella carne. La fonte della tentazione non è nella carne, viene da fuori, ma trova in essa il suo punto di aggancio. E' necessario dominare la carne che è incline al peccato, è pigra, cerca la via della comodità, e sottometterla allo spirito.
39Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. 40Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli.
La scena si ripete. Si parla per la seconda volta della preghiera di Gesù. Le ripetizioni delineano efficacemente il fallimento. Ciò che si dice dei discepoli non può essere inteso a loro discolpa. I loro occhi appesantiti si riferiscono alla loro cecità spirituale. Il fatto che essi non sappiano rispondere nulla significa che non possono giustificarsi in nessun modo.
41Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori.
Per la terza volta si parla del ritorno di Gesù dai discepoli. La sua prima parola è carica di rimprovero e di ironia. In questa occasione il riposarsi diventa un peccato. Risulta enigmatico quello che è stato tradotto con basta. Il verbo apechei proviene dal linguaggio commerciale e significa aver ricevuto, rilasciare una ricevuta. Traducendo con basta si sottolinea l'aspetto più temporale. Però si può intendere con il fatto che Gesù nella sua preghiera ha ottenuto piena chiarezza sulla strada che gli viene chiesto dal Padre di percorrere. E' quindi giunta l'ora (quella che aveva chiesto di poter evitare) ed egli è pronto ad accoglierla. Gesù gli va incontro liberamente.
42Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».
Il momento è giunto. Anche i discepoli vengono chiamati a partecipare alla consegna di Gesù, che avviene in modo libero. Ciò che era solo annunciato, ora sta per accadere. Colui che tradisce, uno dei Dodici, sta per arrivare.