Omelia (29-03-2018)
Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su Gv 19,23-30

Lectio

23I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti - una per ciascun soldato - e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo.

Secondo le usanze dell'epoca, le vesti di un condannato a morte spettavano di diritto al boia, Unanime, la tradizione evangelica ha conservato questo particolare della Passione per la sua corrispondenza con il Salmo 22 che conclude la descrizione delle sofferenze del Giusto. Giovanni dedica del tempo a questo episodio. L'azione dei soldati è duplice: alla spartizione delle vesti tra i quattro membri della squadra, succede l'estrazione a sorte della tunica.


24Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte. E i soldati fecero così.

L'attenzione si concentra su questo secondo gesto. I soldati si pronunciano su ciò che vogliono fare della tunica. Giovanni cita poi il salmo adattandone il parallelismo sinonimico alla sua distinzione tra vesti e tunica.

Perché questa attenzione alla tunica? Nella Bibbia il vestito indica l'integrità della persona in contrasto con la nudità che ne rappresenta una vergogna. E' una sola cosa con la persona che la porta, per questo svolge un ruolo in molte azioni simboliche. La tunica tessuta tutta d'un pezzo dall'alto in basso è dunque simbolo del corpo di Cristo che vincerà la morte.


25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala.

Le donne accanto a Gesù nell'ora della morte sono quattro, come quattro erano i soldati. Tra le donne prima è la madre di Gesù. Giovanni l'ha ricordata solo nell'episodio delle nozze di Cana (2,1-5) e non ne indica mai il nome. Vi è poi la sorella di sua madre, di cui non sappiamo niente. Terza è Maria madre (alcuni testi dicono moglie) di Cleopa, forse uno dei due discepoli di Emmaus (Lc 24,18). Infine abbiamo Maria di Magdala, a cui Giovanni attribuisce un ruolo importante la mattina di Pasqua (Gv 20,1-18), ma che non ricorda mai prima di questo passo. La conosciamo grazie agli altri Vangeli.


26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!».

Personaggio principale è però la madre di Gesù e accanto a lei compare un altro personaggio chiave, il discepolo che egli amava. Di costui si comincia a parlare nel capitolo 13 durante l'ultima cena. Il gesto di Gesù è ovvio: prima di morire vuole assicurare alla madre un sostegno, affidandola al Discepolo. La leggenda secondo la quale Maria avrebbe seguito l'apostolo Giovanni fino all'Asia Minore riflette questa comprensione del testo.


27Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé.

Due elementi mettono in forte relazione questo testo con quello delle nozze di Cana: la presenza di Maria, chiamata Donna, e il riferimento all'ora. Là non era ancora giunta l'ora. Qui si compie. La figura di Maria in questo contesto si è prestata a numerose interpretazioni. Si può dire che rappresenta Israele, il popolo che attendeva l'intervento salvifico di Dio. Il discepolo prediletto invece è Giovanni, il depositario della Rivelazione. Gesù affida dunque Israele all'evangelista, al testimone veritiero, il depositario della Parola rivelata.


28Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete».

Questo versetto ci conferma che Gesù ha vissuto la sua Passione con piena consapevolezza, quasi guidandola da regista. Tutto è compiuto, ma c'è ancora qualcosa da compiere per portare a compimento la Scrittura. La frase è ridondante e attira l'attenzione su questo compimento. Egli dice "Ho sete", cosa ovvia in una persona che sta per morire in quelle condizioni, ma ci riporta al Sal 69,22 "quando avevo sete mi hanno dato da bere aceto". Si tratta dell'ultima delle prove a cui secondo l'Antico Testamento viene sottoposto il Giusto Servo di Dio. Gesù fino all'ultimo respiro vuole compiere la volontà del Padre.


29Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca.

Il gesto dei soldati non è derisorio come nei Sinottici. Stranamente si trovava nei pressi della croce un vaso di aceto.


30Dopo aver preso l'aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

Compiuta anche l'ultima profezia Gesù dice "E' compiuto". La sua missione è stata portata a termine. Il termine è quello di Gn 2,2. Ci riporta all'opera della creazione. Gesù con la sua morte ha portato a termine la nuova creazione, il dono della comunione divina fatto agli uomini.

Gesù china il capo ed emette lo spirito. Si tratta di un atto posto deliberatamente. Gesù rimane attivo anche nel suo morire. Egli realizza così ciò che aveva detto di sé nel discorso del Buon Pastore: "Nessuno mi toglie la vita, ma io la depongo da me stesso Ho il potere di deporla e ho il potere di riprenderla" (Gv 10,18).

Lo spirito che consegna è lo spirito vitale, ma i lettori credenti vi possono leggere un'anticipazione del dono dello Spirito Santo.