Omelia (08-04-2018)
Missionari della Via


È domenica: i discepoli di Gesù, frastornati dalla passione e anche per paura di essere arrestati dai Giudei, sono rinchiusi in una stanza. Ma Gesù risorto entra a porte chiuse e dice: pace a voi. Non è solo un augurio, ma un dono: mostra le sue ferite gloriose, come fossero i suoi "trofei" e rasserena i suoi, come a dire: tranquilli, vi amo comunque e sono sempre vostro alleato!

La pace è un dono del risorto; è il suo perdono. Tutti cerchiamo la pace, ma spesso ci manca, perché non la chiediamo a Dio, chiedendogli perdono. Gesù né accusa né sgrida: viene a donare la pace dell'anima non solo ai suoi discepoli, ma anche a tutti coloro che avrebbero creduto in lui. Soffiò su di loro lo Spirito Santo, un gesto che richiama l'atto creativo della Genesi (1,2) e la visione in Ezechiele dove lo Spirito di Dio ridona vita ai morti (37,5); come a dire che col perdono "ricrea" gli uomini. Sì, il dono dello Spirito Santo alla Chiesa è la radice del perdono, della riconciliazione, della ri-creazione dell'uomo: avvolti dallo Spirito Santo i credenti vengono purificati, santificati e resi partecipi della vita divina (G. Ravasi). Un perdono che sono chiamati a donare a loro volta: andate, come il Padre ha mandato me, anche io mando voi: a chi perdonerete i peccati saranno perdonati, a chi non li perdonerete resteranno non perdonati.

Sì, Gesù manda i suoi discepoli e specialmente i suoi ministri per essere annunziatori e dispensatori del suo perdono, che sconfigge il peccato e ci salva dalla morte eterna, specialmente per mezzo dei sacramenti del battesimo e della confessione. Tanti purtroppo pensano di non aver bisogno del perdono di Dio: povero il loro cuore indurito! Se solo chiedessero la grazia a Dio e si guardassero dentro; tanti si strascicano dei peccati sulla coscienza che gravano come macigni, ma cercano ipocritamente di far finta di niente, oppure sminuendo le loro responsabilità; altri poi si confessano ma tacciono i loro peccati, uscendo con più peccati di prima; altri pensano che basti chiedere perdono direttamente a Dio, senza alcuna mediazione umana; ma le parole di Gesù sono tanto chiare: a chi perdonerete sarà perdonato, a chi no, niente! La confessione è l'incontro con l'infinita misericordia del Padre, che al vederci tornare dice: facciamo festa, questo figlio era morto ed è ritornato in vita, era smarrito ed è stato ritrovato!


Ora, nel Vangelo Tommaso quando accade tutto questo non è presente. Avvisato dai suoi, si lamenta: ma come, e perché a me non è apparso? Sono forse da meno? anche io voglio vedere! Si sente quasi vittima di un'ingiustizia: ma perché agli altri sì e a me no? Anche a me l'aveva promesso. La testimonianza degli altri non gli basta: la sua è una fede tormentata: egli non si fida che del suo piccolo orizzonte di buon senso, legato al toccare e al vedere. E Gesù, volendolo portare alla fede piena in lui, perché possa riconoscerlo come Figlio di Dio, inviato dal Padre per salvare l'umanità, con infinito amore, gli si manifesterà, dandogli il segno richiesto. E così Tommaso, proromperà nella più bella professione di fede del Nuovo Testamento: Mio Signore e mio Dio!

Tommaso, disse qualcuno, ci ha fatto un più grande favore manifestando i suoi dubbi che non nascondendoli, osteggiando la sua fede. Perché il Signore, dovendo rispondere a Tommaso, ha risposto anche a tanti moderni tommasini che dubitano. Ma accanto alla fede vera ma tormentata di Tommaso, Gesù proporrà un'altra fede: quella di coloro che credono in modo totale, puro, libero, senza il condizionamento esclusivo del vedere e del toccare. La beatitudine che all'inizio dei Vangeli è destinata a Maria: beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore. È la grandezza di una fede più libera di chi sceglie di rischiare sulla semplice ma potente e vera parola di Cristo, senza prove e controprove miracolistiche o complesse dimostrazioni. La fede è un abbandonarsi con fiducia, non è un dato scientificamente dimostrabile.

Noi crediamo in Dio Padre e Figlio e Spirito Santo perché si è rivelato, e questa rivelazione ci è stata trasmessa da testimoni della risurrezione che hanno dato la vita per Gesù. E quante vite sono cambiate aprendosi alla fede in Gesù! Il credere libero dunque non è un atto cieco o insensato! Noi diciamo "Mio Signore e mio Dio" non perché accecati dal fanatismo; non lo diciamo neppure perché abbiamo visto "fisicamente" il risorto, ma lo diciamo abbandonandoci alla sua azione e alla sua parola che sentiamo, comprendiamo e decidiamo liberamente di accogliere (G. Ravasi). Credere a qualcun altro, nello specifico Dio, non essere padroni e Maestri della vita, ma lasciarsi guidare e obbedire alla sua Parola per amare sul serio: ecco la vera grandezza dell'uomo!