Omelia (08-04-2018)
don Luca Garbinetto
La fede della Chiesa nel Risorto

Gesù venne e ‘stette in mezzo'. In mezzo alla comunità riunita, in mezzo alla Chiesa. Costi quel che costi: in mezzo si può essere anche di impiccio, si potrebbe rischiare di dare fastidio. Ma Gesù Risorto ci sta, e non se ne va più. Perché desidera stare con noi. Perché desidera che noi stiamo con Lui. Per sempre.
Gesù sta in mezzo, e consegna i doni dello Spirito: la pace, la missione, il potere di rimettere i peccati. Li regala gratuitamente alla Chiesa, senza chiedere permesso. Li affida a una comunità rinchiusa nel cenacolo per paura. Non a degli eroi, non a dei perfetti, ma a un gruppo di uomini e donne che ha un solo merito: quello di non essersi dispersi. Dopo il dramma della passione e della morte, dopo la vergogna e l'umiliazione del fallimento del maestro e del rinnegamento dei più zelanti, i discepoli restano insieme. Lo sappiamo: è merito della Madre, è una tessitura di donna, è un ricamo nascosto. Ma questo prepara il miracolo. Gesù può restare in mezzo perché c'è un gruppo di persone da trasfigurare e trasformare in comunità.
Solo nella Chiesa, assemblea convocata, si ricevono i doni dello Spirito. Si riceve lo Spirito, che rimane. È l'alito del Signore risorto, ma è lo stesso fiato del Signore morente. Lo riceve la Chiesa, che lo perpetua nel soffio del vescovo sugli oli del giovedì santo; si diffonde poi, come profumo soave, nei sacramenti che alimentano la carità. Tutto questo è possibile per la Pasqua, per il passaggio attraverso la Croce, attraverso le mani e il costato indelebilmente segnati dalle ferite d'amore. Il Signore Gesù ha attraversato il dolore del mondo. E allora la Chiesa è Sua dimora nella misura in cui si lascia attraversare dall'amore e dalla sofferenza.
È comunità di poveri, la Chiesa. Che tuttavia gioiscono nel riconoscere di non essere soli, di non essere stati abbandonati. Il potere del perdono abita i cuori di coloro che si sono scoperti perdonati, e per questo capaci di fiducia, di affidamento.
Tommaso invece non ha fiducia. Non tanto in Gesù, quanto nella Chiesa, nei suoi fratelli. Ma se non si accoglie la famiglia, come si può pensare di diventare famigliari del Signore ed eredi del Regno? La fede è necessariamente affidamento tra fratelli, relazione umana, figliolanza che intreccia corpo e spirito. La fede nel Risorto richiede di credere la Chiesa. E la fede della Chiesa salva l'incredulità del fratello.
Tommaso cerca il suo Signore pensato forse a sua immagine e somiglianza. È ancora deluso, perché non ha visto morire un eroe, ma un maledetto. Probabilmente anche noi, suoi gemelli, ‘didimi' nell'incredulità. La fede esige di smontare schemi e false immagini dell'Amore e dell'Amante. Ecco perché serve l'incontro con la comunità; non c'è altra via che l'immersione nella tosta realtà dei rapporti ecclesiali.
Non c'è esperienza del Risorto senza la comunità, senza la Chiesa. Per una catena di testimonianza: dalla sorgente nasce il fiume, che si diffonde in ogni angolo del mondo. Ma anche per una concreta esperienza di un amore autentico, segnato dalle piaghe della delusione, risorto nell'esperienza liberante del perdono. Deve infrangersi l'immagine di noi stessi e degli altri, come di custodi di ineccepibili scambi di attenzioni, per fare i conti con l'inevitabile smarrimento e lo stordimento di novità racchiuse nella verità dell'altro. Come sono belli i misteri nascosti nel cuore dell'uomo e della donna che si svela all'altro nella propria fragilità! Affidarsi è dono di grazia; chi impara ad affidarsi nella debolezza si lascia impregnare della vita del Risorto, mai più privato delle tracce dell'umanità riscattata eppure umile.
La Chiesa, dunque, edificio spirituale pregno di umanità, è il luogo in cui si infrangono le nostre illusioni di serenità, di forza e di potere, piene di noi ma vuote di Lui. La Chiesa è fragile e ferita, come il Suo Signore. Ma è libera e casta, perché in mezzo abita il Corpo risorto di Gesù.
Accade allora che né Tommaso né noi abbiamo più bisogno di porre le nostre dita nel suo costato aperto. Tenendo lo sguardo fisso su di Lui e sui nostri fratelli di fede, ci accorgiamo infatti che è Lui ad aver toccato noi, le nostre ferite, e ad averle guarite dai rivoli di sangue. Con Lui, dunque, nella Chiesa, la fede sgorga ora cristallina, come l'acqua del Suo cuore immacolato.