Omelia (15-04-2018)
don Luciano Cantini
Stette in mezzo a loro

Stette in mezzo

Luca (ma anche Giovanni dice la stessa cosa: 20,19.26) ci dice che mentre essi parlavano - durante una azione dei discepoli - Gesù in persona stette in mezzo. C'è forzatamente un cambiamento della successione nell'immagine che sta raccontando: erano appena tornati i due discepoli da Emmaus, stavano raccontando quanto gli era successo, le parole volavano insieme alle emozioni quando ad un tratto, improvvisamente si dice che Gesù in persona stette in mezzo. Non viene, come dice Giovanni se pur a porte chiuse, non c'è un movimento, una dinamica dell'arrivare, non "appare" come in Marco (16,9.12.14), semplicemente stette in mezzo.

Che il fatto esuli dalla normalità delle cose lo testimonia lo stesso evangelista che descrive lo sconvolgimento dei poveri discepoli e la paura che li aveva attanagliati tanto da dire che credevano di vedere un fantasma.

Dovremmo allora tentare di capire, superando ogni tentativo goffo di raffigurarci in qualche modo la scena, di analizzarne i contrasti e di coglierne il senso.

La situazione passa dalla dinamica dei fatti e delle parole, per poi tornarci subito dopo, ad un attimo in cui ogni azione e ogni parola sembra perdere di significato: Gesù stette in mezzo (estè en merò). L'immagine è di una staticità, una fissità paurosa, infatti i presenti si spaventano.

C'è qualcosa che i discepoli di allora, e noi ancora oggi, stentiamo a comprendere: il mistero pasquale di Gesù, il suo passaggio dalla morte alla vita che non ha niente a che vedere col tornare in vita; la sua resurrezione è un andare oltre l'esperienza umana della vita. Nulla è cancellato della sua umanità, della sua storia, anche la morte e i suoi segni, ma tutto è stato portato oltre. Ciò che apparteneva al tempo e alla storia adesso fa parte della eternità, ciò che ha sperimentato la limitatezza e la contingenza adesso è nell'infinito.

Quello che Luca prova a raccontarci in tre parole è proprio il piombare dell'eternità e dell'infinito nel mezzo della storia e dei limiti. Qualcosa di simile aveva tentato di anticipare con dovizia di particolari e immagini di fantasia nella Trasfigurazione (9,28-36) - non a caso Luca richiama l'insegnamento di Mosè, nei Profeti e nei Salmi - ma non tutto era comprensibile e il sonno incombente impediva la chiarezza, mentre la paura fa sempre da contorno insieme allo stupore.


Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore

Allo sconvolgimento e alla paura segue il tentativo di rientro nella normalità della storia: Gesù si mostra e si fa riconoscere, parla e mangia con loro. Questo racconto ci fa riflettere su quanto sia difficile, ma anche portatore di turbamento e stupore, scoprire sprazzi di infinito e di eternità nella nostra vita, riconoscere la presenza del Signore: Dio ci supera infinitamente, è sempre una sorpresa e non siamo noi a determinare in quale circostanza storica trovarlo, dal momento che non dipendono da noi il tempo e il luogo e la modalità dell'incontro. (Francesco, Esort. Ap. Gaudete et Exultate n.41) Ma è anche vero ogni incontro è impossibile se non è desiderato e in qualche modo non ci disponiamo all'incontro. L'arrivo dei due da Emmaus, gli affanni delle cose, la concitazione degli eventi, hanno offuscato l'improvvisata del Signore. Ogni tanto dobbiamo liberarci dall'affanno di troppe cose, anche buone e belle, per ritrovare la profondità delle relazioni, l'immersione nella vita, la semplicità dell'armonia.


Di questo voi siete testimoni

Quello che conta è che ciascun credente discerna la propria strada e faccia emergere il meglio di sé, quanto di così personale Dio ha posto in lui (cfr 1 Cor 12,7) e non che si esaurisca cercando di imitare qualcosa che non è stato pensato per lui. Tutti siamo chiamati ad essere testimoni (Francesco, Esort. Ap. Gaudete et Exultate n.11)