Omelia (15-04-2018) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Gigi Avanti In questo brevissimo brano di vangelo, si può dire che è contenuta tutta la annosa questione del rapporto tra ragione e fede. Infatti, non appena letto il brano della liturgia di oggi, mi sono ritornate alla mente due espressioni, una proveniente dalla cultura umanistico-psicologica e l'altra dalla spiritualità. Eccole entrambe: "Il modo in cui scegliamo di vedere il mondo crea il mondo che vediamo", e: "Dio delude sempre chi se lo immagina a modo suo". Senza stare troppo a "pensare" come mai queste libere associazioni avessero stimolato la mia mente, sono passato subito a ricordare quanto una della acquisizioni della scienza psicologica sia diventata universalmente riconosciuta e cioè quanto il "pensiero" che ci si fa di un evento (l'interpretazione di un evento) possa influenzare addirittura uno stato emotivo e poi, di conseguenza, il comportamento susseguente. Quando si "pensava" che la terra fosse una tavola piatta, ecco la paura pronta a bloccare viaggi oltre le "colonne d'Ercole"... Un'altra considerazione: mi impressiona sempre quanto certe persone troppo attaccate alle proprie idee si meraviglino (e talora si indispettiscano) di fronte ad altre persone altrettanto attaccate alla proprie! Più o meno dovette essere accaduto questo agli Apostoli, quel giorno dopo la Risurrezione, quando si trovarono davanti Gesù in carne e ossa dopo averlo visto morto. "Sconvolti e pieni di paura" scrive l'evangelista Luca. Ma quale "pensiero" soggiaceva allora a queste emozioni di spavento? Quali idee avevano in testa capaci di ostacolare l'accettazione di una realtà che avevano davanti ai loro occhi? Facile la risposta. "Non credo ai miei occhi"... sarebbe stata forse l'esclamazione più consona alla spiritualità del momento... ed invece... "Oddio, un fantasma!" Ed allora cosa insegna a noi oggi questo "evento" unico e che, come tale, diventa indicativo dell'unico modo di relazionarsi con le "strategie" misteriose di Dio? Insegna soprattutto una cosa semplicissima, quella di non pensare troppo (patologia dell'uomo post-illuminista ubriacato dal suo stesso pensare...) e di contemplare di più. Insegna a verificare con umiltà la veridicità di quel che si pensa, insegna a non fidarsi troppo della propria intelligenza razionale. Insegna quindi a vivere il momento degli eventi a mente libera, pacificata (Gesù infatti, non appena apparso in mezzo ai suoi, li saluta con quel "pace"... che tradotto per noi equivale a "tranquilli"), senza appesantirla di sospetti, paure, turbamenti, congetture, interpretazioni... Il modo di agire di Dio non delude mai, non spaventa, non impaurisce... a meno che noi lo si "pensi" capace di ciò! Gesù, che ha imparato tutto dal Padre, fa altrettanto in versione umana ed è capace solo di dare la quiete del cuore, la pace dell'anima, l'igiene e la pulizia della mente... e talvolta anche la salute del corpo. Se veramente si vuole applicare alla quotidianità questo insegnamento, occorre ascoltare più attentamente le parole di Gesù anziché il frastuono autocompiacente del proprio pomposo pensare. Senza dire dei pregiudizi che spesso e volentieri rifiutano, negano o addirittura uccidono la verità. Ricordava Einstein: "E' più facile dividere un atomo che distruggere un pregiudizio". |