Omelia (16-04-2018)
don Cristiano Mauri
Less is more. Il bello del minimalismo

Dopo il miracolo dei pani, la folla presa dall'entusiasmo aveva cercato Gesù per farlo re.

La sua reazione era stata una forte ed eloquente presa di distanza.

Ritirandosi solo sulla montagna aveva dichiarato di non voler corrispondere in alcun modo all'idea di messia politico che il popolo dimostrava di avere.

La gente rimasta sul luogo del miracolo constata la partenza di Gesù e dei discepoli verso l'altra riva.

Giunte, nel frattempo, altre barche da Tiberiade, tutti si mettono in ricerca del Maestro muovendo alla volta di Cafarnao.

Le ragioni di questa ricerca diventano il centro del brano per via delle parole che Gesù rivolge alla gente una volta approdata al di là del mare: «Voi mi cercate perché avete mangiato e vi siete saziati».

L'affermazione, già forte e tagliente in sé, acquista carica ulteriore per il fatto di essere in risposta a tutt'altra domanda.

Gesù ignora ciò che la folla chiede - «Quando sei venuto qui?» - svelando repentinamente le ragioni del loro cercare, quasi che chiarire le intenzioni sia una questione stringente da non poter rimandare oltre.

La critica è chiara e severa: la gente non ha colto il miracolo del pane, non ha compreso l'identità di Gesù e ancora non crede in Lui.

È stata solo un'occasione per saziarsi gratuitamente e abbondantemente.

Alla critica segue subito l'esortazione.

Occorre cambiare modo di «fare», lasciando quello che si esaurisce nell'immediato - il «cibo che perisce» - per intraprendere quello che apre alla vera vita.

Questo «fare» che resta per la vita eterna consiste nel ricevere il pane che il Figlio dell'Uomo darà.

Si tratta di un dono dall'Alto, un'opera che un Altro farà per loro e che saranno chiamati a riconoscere, credere, accogliere.

Se è vero che la folla comprende da sola che si tratta di qualcosa che ha a che fare con l'agire di Dio, non coglie ancora pienamente il dono e resta concentrata sul proprio comportamento e sulle azioni da compiere, convinta che Dio reclami comunque la realizzazione di qualche opera per accordare la salvezza.

Non c'è però null'altro da fare che «credere in colui che ha mandato».

Dunque nessuna prestazione da fornire a Dio ma la semplice apertura al dono che viene offerto in Gesù, accettandolo e custodendolo.


Less is more. Il bello del minimalismo

C'è questa cosa affascinante che vedo circolare, del «ridurre la vita» all'essenziale.

Si parte dal cosiddetto «decluttering» - cioè liberarsi degli oggetti inutili - per poi tagliare l'eccesso di connessione, diminuire le ore lavorative, potare l'albero delle relazioni, contenere il cibo assunto, sfoltire l'agenda degli impegni, rallentare il sovraccarico di informazioni.

Lo chiamano «minimalismo esistenziale». Interessante.

Una sorta di svuotamento della vita con l'obbiettivo di lasciare solo l'indispensabile.

Anche perché, non si limita alla sola azione di pulizia ma la fa precedere da un esercizio di riflessione che parte da domande tipo: chi sono oggi? Cosa desidero? Cosa davvero conta per me? Chi voglio diventare? Etc...

Mi domando però se tutto ciò basti per procedere verso l'«essenza» della vita e della realtà.

Certo, è un inizio, utile anche. Ma una volta fatto il repulisti?

Noto che per certi aspetti anche Gesù invita la gente a un esercizio di essenzialità: c'è un solo pane, c'è una sola opera. Lui e credere in Lui.

Non occorre altro, per tutto il resto non serve affannarsi: né altri cibi, né altre opere.

Ridurre il tutto della vita a Lui. Un minimalismo radicalissimo.

Che mi pare apra due strade: buttare tutto quel che "non sa di Gesù", oppure prendere tutto quel compone l'esistenza e "riempirlo di Gesù".

Non che la prima non sia buona, ma credo che la Pasqua ci chiami a percorrere soprattutto la seconda.

Il Risorto che riesce a "riempire di valore" perfino la morte di Croce, ci invita a lasciare che ogni singolo elemento delle nostre esistenze venga colmato da lui, dalla sua presenza, dalla sua parola.

Quel «credere» che Gesù domanda alla folla passa proprio di lì e si concretizza in quello, non in una generica convinzione interiore circa la sua identità.

Si tratta, magari, di ripensare alla luce di Cristo il senso di un'educazione ricevuta.

Ricalibrare una relazione sulla base del suo insegnamento.

Restare dentro una situazione complicata nella certezza della sua presenza.

Accogliere la propria umanità tenendo davanti agli occhi il suo esempio.

Rileggere tutta un'esistenza tenendo in controluce la parola del Vangelo.

E la vita, piano piano, si riempie di Lui. O, magari, la si scopre pure già ripiena.

Comunque, ben più che "fare le pulizie".