Omelia (29-04-2018) |
Omelie.org (bambini) |
Buongiorno ragazzi e buona domenica. Eccoci insieme per celebrare l'Eucarestia domenicale. Celebrare significa vivere il Grazie, dirlo con gioia, con forza, perché il termine Eucarestia significa proprio questo. Noi, la domenica, personalmente e come comunità, siamo chiamati da Dio per ascoltare il suo amore per noi e per dirgli il nostro gioioso ed entusiasmate Grazie per tutto il bene, il buono e il bello che ci dona. Siamo chiamati a dirgli Grazie per il suo amore sempre fedele. Oggi, la parola di Dio ci dà un motivo chiaro per dire Grazie al Signore. Avete ascoltato tutti il brano del vangelo? Questo è uno dei brani più conosciuti. Chissà quante attività avete fatto al catechismo proprio su questa Parola. Sicuramente siete più bravi di me a spiegarlo! Io però, oggi, voglio soffermarmi insieme a voi sul verbo "rimanere". Voglio sottolinearlo perché, in pochi versetti, questo verbo viene ripetuto da Gesù per ben quatto volte. Lo avete notato anche voi, vero? Allora significa che è proprio un verbo importante. Rimanere vuol dire "stare lì". A volte i genitori ve lo dicono: "rimani lì, non ti muovere". Io so già che a voi un termine così piace poco. Quando non ci si può muovere ci si sente imprigionati, non è vero? Allora proviamo insieme a capire cosa vuole dirci davvero Gesù con questo "rimanere". Voglio portarvi un esempio. Il bambino, nella pancia della mamma, rimane lì per ben nove mesi. Per vivere, deve rimanere lì. È legato alla mamma tramite il cordone ombelicale. Un cordone vitale perché, da lì, il bambino riceve vita, cioè cresce fino ad arrivare a formarsi completamente e quindi a nascere. Gesù ci dice: "Io sono la vite e voi siete i tralci". Questa immagine somiglia moltissimo a quella del bambino nella pancia della mamma. La vita di Dio, la sua divinità, ci viene trasmessa così, rimanendo uniti a Gesù, facendo comunione con lui. Solo così, ci dice Gesù, possiamo portare frutti buoni, solo se rimaniamo legati a lui. Lo avete sentito anche voi, vero? "Senza di me non potete far frutto". È davvero importante questo "rimanere" che non deve essere considerato come una specie di catena che non ti fa muovere! Il bambino, nella pancia della mamma, si muove, dorme, mangia, ride, e può fare tutto questo proprio perché è legato alla vita della mamma. Senza questo legame morirebbe. E qualche volta purtroppo succede. Il Padre, che è l'agricoltore, passa attraverso la vigna e osserva. Quando vede i tralci buoni, verdi, forti e ricchi (e questi tipi di tralci sono così perché rimangono legati alla Vite che è Gesù), li purifica per farli essere ancora più forti e capaci di dare un frutto migliore. Cosa vuol dire? Compie lo stesso gesto che fanno i contadini. Toglie quei tralci che non servono, che sono inutili, che fanno solo perdere forza al tralcio buono. È necessaria questa operazione. Andate in un vigneto e provate a farvi spiegare questa cosa dal vignaiolo! È un lavoro che esprime la cura, l'amore, la passione per il frutto della vite. Se un vignaiolo vuole dei frutti e del vino buono deve fare così. E' necessario purificare i tralci, fare in modo che non disperdano la loro forza. Il Padre si prende cura di noi. A noi però spetta il compito di rimanere uniti a Gesù. Un modo per farlo ci viene detto nella seconda lettura: "Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità". Cioè amare davvero, con gesti concreti che dicono la nostra fede. Il cristiano non ama l'altro perché è amato, ma è capace di amare anche chi non lo ama, è capace di perdonare anche quelli che gli fanno del male, è capace di fare il bene sempre anche quando tutti pensano ai propri interessi. Voi direte: "e come si fa a fare questo sempre, a non stancarsi?". Rimanendo uniti a Gesù. Lui è il bene, il bello, il buono. La comunione che riceviamo ci dona questa capacità di rimanere nel Signore Gesù per diventare capaci di essere tralci buoni che portano frutti abbondanti. Buona domenica! Commento a cura di Sr. Piera Cori |