Commento su Marco 3,20-25
Tre pennellate che traiamo da questa liturgia prendendo uno spunto da ogni lettura.
1.Nel Libro della Genesi dopo il peccato è la prima volta che Dio appare nel racconto, ed è significativo che l'uomo, dopo che non ha saputo ascoltare il Signore, lo percepisca ora proprio attraverso l'ascolto.
Comprendiamo che Dio non si è allontanato dall'uomo e dalla donna è come se passeggiasse familiarmente accanto a loro perché non è un Dio come quello suggerito dal serpente.
Adamo ed Eva si nascondono da Lui perché, nella loro immagine di Dio, istillata dal male, questi appare come qualcuno di cui aver paura.
Dio si presenta non per condannare. La sua prima parola: "Dove sei?" Dio cerca l'uomo non dice: "Che hai fatto?" espressione che appartiene al mondo giuridico.
Ora, l'uomo e la donna sono invitati a "dire" ciò che fecero, diventando consapevoli del loro sbaglio; davanti a Dio e grazie alle sue domande, la loro coscienza si sveglia.
L'apparizione di Dio, che indaga e va in cerca dell'uomo, rivela un Dio che salva l'uomo e che vuole aiutarlo a scoprire che, nonostante tutto, la vita può continuare.
2.Perché vivere e predicare l'Evangelo quando questo conduce ad essere derisi, a privazioni e ad ostilità? Se uomini e donne possono deludere, Cristo, però, non lo ha mai deluso: per questo annuncia la Sua Parola con grande determinazione.
Le difficoltà dell'ascesa sono tollerabili quando si pregusta il riposo e la gloria del giungere in vetta. Le difficoltà del presente non solo, quindi, possono essere tollerate in vista del glorioso obiettivo finale, ma vi contribuiscono.
3.Il racconto prende inizio da un fatto ormai consueto: Gesù circondato dalla folla e l'afflusso di gente è tale da non permettere nemmeno di fermarsi per mangiare e questo ci rivela anche una caratteristica di Gesù la sua dedizione nasconde un grande amore e la coscienza di essere loro "pastore". C'è l'urgenza di insegnare, di indicare alla gente la via per il Padre.
Di fronte a questa sua dedizione i parenti interpretano il tutto come una pazzia.
Può sembrare una distanza da Maria eppure nel suo trattato "Sulla verginità" Sant'Agostino scrive: "Maria è più felice di ricevere la fede di Cristo che di concepire la carne di Cristo".
Allora Gesù ci insegna che non sono i legami di sangue che aprono alla comprensione e alla comunione profonda con il Figlio di Dio e fondano l'appartenenza alla sua famiglia che è la Chiesa. Ciò che è determinante e discriminante è la decisione di farsi suoi discepoli, è l'obbedienza alla sua Parola che ci introduce al regno del Padre.
In questo contesto la vera devozione a Maria è allora accogliere il suo invito a Cana: "Fate quello che Gesù vi dirà" (Gv 2,5).
Guardiamo con stupore e ringraziamento all'obbedienza di Maria, al suo sì, pronunciato non solo al momento dell'annunciazione ma incessantemente sino ai piedi della croce.
Chiediamo a Maria la forza di "fare" in noi, come fece lei per prima, la volontà del Padre sperimentando il suo amore e la sua fedeltà.
Riscopriamola la giusta devozione alla Vergine e non releghiamola al Mese di Maggio o Ottobre, ma costituisca una parte essenziale della nostra fede.
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