Omelia (06-05-2018) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Giovanni 15,9-17 In questo breve passo tratto dal capitolo 15 del quarto Evangelo la Rivelazione raggiunge il culmine: Gesù svela il senso profondo della vocazione dei discepoli: diventare suoi amici. Si delinea così un nuovo legame tra Dio e gli uomini: fino ad allora percepito e vissuto come rapporto servile tra un padrone e i suoi schiavi, è sovvertito; al suo posto, Cristo ne inaugura un altro nel suo sangue: coloro che accolgono il Verbo Eterno di Dio, che in Gesù di Nazareth ha assunto un volto di uomo, sono chiamati a diventare coeredi di Cristo. La passione di Gesù rappresenta l'atto costitutivo di questa nuova famiglia dei figli di Dio, fratelli tra loro e amici del Signore. È vero, Gesù sceglie personalmente coloro che chiama a vivere con lui: l'iniziativa di Gesù è conforme alla volontà del Padre, ma, attenti bene, tale iniziativa non si impone a nessuno! Il Vangelo di Giovanni, l'amico del Signore, non nasconde che i primi discepoli seguirono Gesù sulla base della testimonianza del Battista, del quale erano stati seguaci, senza che ci fosse stata una chiamata diretta ed esplicita del Cristo (1,37): un modo per sottolineare quanto il Figlio di Dio rispetti la libertà degli Apostoli, all'origine, ma anche strada facendo; e la rispetti fino alla fine. Vedendo che molti discepoli se ne andavano a motivo della durezza dei suoi insegnamenti, Cristo indirizza ai Dodici una domanda inquietante: "Forse volete andarvene anche voi?" (6,67); un modo fin troppo diretto per dar loro l'aut aut? in realtà, (Gesù) vuole ricordare loro, e ricordare a noi che la fede è esigente, sì, molto esigente, ma non obbliga nessuno contro voglia! Care mamme, care nonne, vostro malgrado, una volta raggiunta la maggiore età, figli e nipoti sono liberi di dire ‘sì' al Signore, ma anche di dire ‘no'! La fede va scoperta di persona! e ciascuno ha i suoi tempi... La comunità di Gesù è l'esatto contrario di una setta. Recentemente, una famosa showgirl ha raccontato in un libro l'esperienza personale vissuta dopo essere entrata in una setta, e come ne sia uscita, a caro prezzo: ne emerge una vicenda dai risvolti psicologici e affettivi a dir poco tragici. E di questi racconti - veri e propri casi di plagio, ricatti, istigazioni al suicidio... - se ne sono sentiti in passato e se ne sentono tanti ai giorni nostri. Essere discepoli di Cristo, invece, non è vivere da schiavi, in una soggezione che annienta la personalità. Divenire discepoli di Cristo significa accogliere la Sua parola, dimorare in essa per accedere alla verità che rende liberi (8,31-32). Gesù di Nazareth ci offre di entrare in uno spazio di libertà vasto quanto il mistero di Dio: "Io sono la porta - dice il Signore -: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà... Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza." (10,9-10). Nel corso della sua vita pubblica, il Messia ha agito così con i suoi discepoli. Quando giunse l'ora di passare da questo mondo al Padre (cfr. 13,1), annunciò loro la nuova condizione del discepolo: non più servi, ma amici (15,15). Giovanni inserisce questo insegnamento nel contesto della cena di addio. Alla luce dei fatti immediatamente successivi, non possiamo fare a meno di pensare che in questa dichiarazione così nuova e, suppongo, inaspettata, Gesù abbia insinuato una supplica, affinché, da buoni amici, da veri amici, gli Apostoli non lo abbandonassero, nell'imminenza della passione. Ma, già... ho appena ricordato che l'amicizia non pretende nulla, l'amicizia libera e lascia liberi. Anche nel momento di maggiore paura, quando la sua fragile umanità era più esposta e vulnerabile, il Figlio di Dio rispettò questa libertà sovrana degli amici e se ne fece una ragione! E non gliene volle!!! La sera della sua risurrezione fece Lui, ancora e sempre Lui, il primo passo per riannodare il rapporto con ciascuno. Lo fece con Pietro, lo fece con Giovanni, lo fece con Tommaso, con Maria Maddalena, con i due di Emmaus... Quale lezione!! Questa è l'amicizia secondo Cristo! Ma la vocazione di ogni discepolo che sia tale in base alla scelta di fede, non consiste solo in una relazione nuova con Dio. O meglio, questa nuova relazione produce conseguenze, che il Signore esprime così: "In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli." (15,8). Il discepolato cristiano è una lunga, avvincente avventura! Portare frutto e diventare grandi realizza il comando che il Creatore diede al primo uomo e alla prima donna, fin dagli albori della creazione! (cfr. Gen 1,28). Portare frutto, nel tempo della Chiesa, significa essere testimoni del Vangelo. La testimonianza evangelica non è monopolio dei sacerdoti, dei religiosi, dei missionari. In forza del battesimo, tutti siamo stati chiamati a dare testimonianza. Questa testimonianza, lo sappiamo, può essere difficile da rendere; del resto, chi ha mai detto che la scelta cristiana sia una scelta facile? Come Lazzaro, amico di Gesù, la radicalità cristiana può condurci al martirio (12,10-11). Ma, non temete, fare un semplice segno di croce in pizzeria, o al ristorante, anche questo è una piccola testimonianza di fede cristiana, e non ci condurrà al martirio! Tuttavia, chi testimonieremo, se non avremo gustato personalmente l'amore, con il quale Cristo ci ha amati, consegnandosi corpo e anima a ognuno di noi? (cfr. Gal 2,20). Vivere da amici dello sposo, come il Battista, da discepoli amati come Giovanni, da risorti come Lazzaro... è la proposta di Dio, che suo Figlio ha rivelato e ha reso possibile: parlare di Gesù, scrivere di Lui, ma soprattutto condurre un'esistenza impregnata di Vangelo che sia testimonianza personale ed unica del Risorto; rendergli ragione con tutti i pori della nostra pelle, con tutte le sinapsi del nostro cervello, con ogni umore della nostra anima,... affinché anche altri possano a loro volta accedere all'incontro personale con Gesù e diventare suoi amici. Come la sapienza della Scrittura, il Cristo, mostrerà loro, Cristo mostrerà a noi il Regno dei Cieli (cfr.: Sap 10,10; Gv 3,3-5) e ce lo donerà nell'ora che il Padre ha stabilito (cfr. Mt 25). |