Omelia (06-05-2018)
Omelie.org (bambini)


Secondo voi, qual è il segno che dovrebbe contraddistinguere noi cristiani?
È la gioia. Una gioia che si dovrebbe vedere anche solo guardandoci negli occhi, una gioia piena, una gioia così grande da desiderare di trasmetterla a tutti.
Gesù, in questo brano del Vangelo, ci dice il perché.
L'evangelista Giovanni scrive: "Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore".
Come il Padre ha amato Gesù? Comunicandogli il suo Spirito, cioè la sua stessa capacità di amare.
Come Gesù ama noi? Comunicando a noi, suoi amici, lo stesso Spirito, l'energia, la capacità, la forza d'amore che lui ha ricevuto dal Padre.
Come facciamo a rimanere nel suo amore?
Aiutando gli altri, condividendo, essendo pazienti, disponibili, generosi... proprio come ha fatto Gesù.
Il "servizio", cioè, è l'unico modo per rimanere nell'amore del Signore.
L'amore non è un sentimento campato in aria, ma è un atteggiamento concreto che rende più bella, più leggera la vita dell'altro.
Se noi ripercorriamo con la mente tutta la vita di Gesù, ci rendiamo conto di quanto lui ha servito e fatto del bene a tutti. Il momento più alto in cui ci vuole far capire che cosa significa servire è durante l'Ultima Cena, quando lava i piedi dei suoi discepoli.
Una volta, al tempo di Gesù, non c'erano le strade asfaltate e le persone non avevano le scarpe come abbiamo noi. Portavano sempre dei sandali e con quelli andavano dappertutto, sulla terra, sotto la pioggia, nel deserto, nel fango... per questo motivo, all'entrata delle case, venivano lavati i piedi a tutti coloro che vi entravano.
Ma questo lavoro non lo faceva il padrone di casa perché era un lavoro da schiavi. Ecco. Per farci capire quale deve essere il nostro atteggiamento nei confronti del prossimo, Gesù lava i piedi ai suoi discepoli, proprio come facevano gli schiavi.
Per rimanere nel suo amore, cioè, dobbiamo farci "servi".
Abbiamo capito fin qui, allora, che "amare" è sinonimo di "servire".
Come possiamo servire concretamente?
Questa è una domanda a cui ciascuno di voi dovrebbe rispondere in modo personale. Pensate alla vostra vita di ogni giorno, alle persone che incontrate, alle situazioni che vi trovate a vivere...
Ma "amare" è anche sinonimo di "donare".
Cosa possiamo donare? Un oggetto, il nostro tempo, la nostra amicizia, il nostro affetto, una parola gentile, un sorriso...
"Amare", "servire", "donare" sono dunque una cosa sola.
Se noi scrivessimo queste tre parole in un cerchio, non si potrebbe dire qual è la prima o l'ultima...
Siamo nati per amare, ma dobbiamo fare attenzione perché la TV, internet, canzoni varie... tutti parlano di amore. Ma qual è l'amore vero?
È Dio che è Amore, è lui l'unica sorgente! Allora bisogna diffidare dalle imitazioni e cercare il vero Amore. La vostra missione è questa: amare come ama Dio, con tutto il cuore. Come facciamo a sapere come ama Dio?
Guardando alla vita di Gesù. "Chi ha visto me, ha visto il Padre" c'è scritto nel Vangelo. Per questo è così importante leggere un pezzettino di vangelo al giorno... altrimenti, come facciamo a conoscere Dio?
Proseguendo col brano di oggi, Gesù dice: "Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore". Ecco come si fa a rimanere nel suo amore.
In realtà ha lasciato un unico comandamento: "Amatevi l'un l'altro come io ho amato voi", che riassume e completa tutti i comandamenti che erano stati dati a Mosè sul monte Sinai.
Di questo comandamento vorrei sottolineare una parolina che sembra piccola ma che ha un'importanza fondamentale. Questa parolina è "come".
Come ci ha amato Gesù? Fino a morire in croce per me, per te, per te... perché siamo tutti importantissimi ai suoi occhi!
Questo, per noi, non significa che dobbiamo morire fisicamente, ma significa che la nostra vita deve essere orientata al bene degli altri.
Certo che non è facile... ci saranno anche molti momenti in cui noi non ce la faremo! Ma possiamo sempre ricominciare con l'aiuto del Signore che ci è sempre vicino e ci perdona ogni volta che sbagliamo. L'importante è avere sempre il desiderio di vivere secondo il cuore di Gesù.
Pensate bambini... se tutte le persone vivessero così, come sarebbe il mondo? Felice. Infatti Gesù ci vuole felici e per questo ci dice queste cose.
"Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena".
Ecco il motivo della gioia di cui parlavamo all'inizio di questa riflessione, una gioia che viene dal cuore perché ci sentiamo amati dal Padre, una gioia divina.
Penso che questa esperienza di gioia la facciate tutti quando i vostri genitori vi accudiscono, vi fanno le coccole, vi stanno vicino, vi aiutano quando avete bisogno...
Così è anche con il Padre celeste.
A questo punto, Gesù chiama i suoi discepoli "amici": non è una relazione del maestro con i servi, ma una relazione di amicizia.
E infatti, chi sono i cristiani? Sono gli amici di Gesù che lo seguono e si impegnano a vivere come è vissuto lui.
Alla fine del brano Gesù dice: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi perché andiate e portiate frutto".
Cosa significa "portare frutto"? Se parliamo di una pianta, ad esempio di mele, il fatto che porti frutto significa che raggiunge lo scopo per cui è stata piantata: fare mele.
Per noi, che siamo stati scelti come amici, significa vivere con gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, amore: questi sono i frutti che Dio ci chiede di produrre. Per questo siamo stati creati! Siamo stai creati ad immagine di Dio e siamo chiamati a vivere come lui.
Sapete che Dio ha già preparato le opere buone per noi affinché le compiamo?
Ha dato doni unici proprio a ciascuno di noi, proprio come un albero è destinato a produrre frutto.
Tutto quello che dobbiamo fare è mettere in pratica quello che il Signore ha già preparato.
Per portare frutti, Gesù ci dice di "andare".
Non ci chiede certo di partire per chissà quale parte del mondo...
È un "andare" vivendo qui la nostra vita di tutti i giorni. Come?
"Andando" verso gli altri che hanno bisogno, senza aspettare che gli altri vengano da noi...
Siete pronti allora a fare voi il "primo passo" per essere felici?
Commento a cura di Maria Teresa Visonà