Omelia (13-05-2018)
padre Gian Franco Scarpitta
L'esserci di Gesù

Vi sono delle realtà nella nostra vita sulle quali non è conveniente bizantineggiare o porsi interrogativi inquietanti. Su certe cose non vale neppure la pena andare per il sottile e ostinarsi nel rompicapo della ricerca delle spiegazioni, pena la mancanza di pace e di serenità. Vanno solamente prese così come sono, accettate con fiducia e risolutezza e vissute appieno, più o meno come quando si riceve un pacco regalo adornato di nastro e carta colorata: occorre solo scartarlo e goderne il contenuto, senza indagare prima di aprire il pacco sospettando che vi sia una bomba. Stiamo parlando, fra le altre realtà, degli articoli della nostra fede, sui quali non di rado siamo soliti speculare in modo pedante, tormentarci su inani pensieri inconcludenti, quando invece è sufficiente accoglierli appunto come un dono immeritato, viverne e goderne. La nostra fede oltretutto è dogmatismo, comporta delle verità di fatto inconcepibili quanto alla sola ragione, inverosimili se considerate dal nostro punto di vista meramente terreno. Meglio credere che speculare. Certamente, la ragione è una risorsa interessante, in quanto si presta alla legittimazione della nostra fede, scienze come la filosofia e la sperimentazione hanno aiutato a consolidarci nella nostra fede e non possiamo di fatto esimerci dal raziocinio e dalla ricerca empirica; cionondimeno dinanzi a certe verità occorre innanzitutto aprire il cuore.
Come per esempio in relazione all'argomento che ci viene proposto oggi: Gesù Cristo, che è Dio fatto uomo, morto e risorto e vivo per sempre asceso al Cielo. Il che significa che terminato il suo percorso glorioso di apparizioni, ora ritorna nella dimensione metafisica, ultraterrena, si sottrae ad ogni percezione sensoriale, eppure secondo la sua promessa è con noi tutti i giorni, "fino alla fine del mondo." Secondo la descrizione che riportano il Vangelo di Luca, il Vangelo di Marco e gli Atti degli Apostoli, Gesù non sarà più esperibile con le comuni facoltà di percezione dei sensi: non si sentirà più la sua voce, non lo si vedrà più nella corporeità manifesta, e tuttavia sarà sempre presente, vivo in mezzo a noi. E continuerà la sua opera di salvezza. Potremmo dire con una vena di ironia che è un presente assente.
Si tratta per l'appunto di una verità impossibile ad essere circoscritta dalla nostra limitata mente. Essa va accolta e accettata senza riserve. La presenza di Gesù nella storia e nella nostra vita va semplicemente vissuta e non può trovare fondamento che nella sua stessa promessa. Richiede semplicemente fede, disposizione di cuore, apertura.
Heidegger sosteneva che l'uomo è costitutivamente apertura al mondo e conoscenza costante di esso: è un "esserci" che si relaziona con il mondo nella sua globalità e se ne prende cura. Potremmo intuire che Gesù sia presente nel suo "esserci", poiché egli di fatto continua a relazionarsi con noi e ad aver cura di tutte le cose. Continua ad essere al centro della creazione, a disporre egli stesso per mezzo degli apostoli, ad agire e interagire di una presenza misteriosa, ineffabile eppure certa, della quale solo la fede può renderci consapevoli così come solo la fede e la forza dello Spirito Santo resero di essa consapevoli i suoi discepoli. Loro in effetti avvertivano che Gesù si curava di loro e loro tramite si occupava di tutti, specialmente di malati e abbandonati. E' "nel nome di Gesù" che Pietro risana il paralitico alla porta Bella del tempio (At 3, 1 - 10) e sempre nel none di Gesù invita i Giudei a convertirsi.
E appunto la fede è l'unica risorsa garante di serenità perché il credere e l'affidarsi realizza nel tempo ciò che la ragione da sola stenta a concepire; la fede ci dischiude alla verità tutta intera che ci fa liberi (Gv 8, 32). La fede sosterrà gli apostoli durante il loro riorganizzarsi dopo la dipartita del loro maestro, solo essa sarà lo sprone a perseverare nella fuga dall'ostilità dei Giudei e a fuggire ogni rischio e ogni pericolo. Con l'avvento dello Spirito Santo il giorno di Pentecoste, gli apostoli vinceranno poi ogni timore e il coraggio subentrerà alla paura e all'esitazione di fronte agli ostacoli, poiché appunto lo Spirito farà in modo che essi avvertano la reale presenza di Gesù accanto a loro, nel loro agire e nel loro operare. Gesù stesso, in forza dello Spirito animerà la Chiesa, consoliderà la comunione fra i discepoli e animerà la missione man mano che questi accorperanno nuovi membri nel gruppo. La presenza di Gesù sarà certo invisibile, misteriosa e ineffabile, ma essi in forza dello Spirito che rafforza la loro fede non ne dubiteranno. Il libro degli Atti degli Apostoli sembra una continuità con il Vangelo di Luca (che del resto è l'autore di ambedue gli scritti) perché descrive in apertura un Gesù presente e attivo quasi alla maniera degli evangelisti, per poi descriverne la sua ascesa al Cielo e la solitudine degli apostoli. Il testo si presenta però anche come un'evoluzione dello stesso libro di Luca, soprattutto perché, assente visibilmente il Signore, la comunità cristiana comincia ad articolarsi in vari modi, a moltiplicarsi nel numero dei membri, ad acquisire sempre più iniziativa e intraprendenza in ordine all'evangelizzazione e ai vari viaggi missionari. Man mano che seguitano i capitoli del Libro, la figura del Cristo visibile "scompare" o prende forma solo indirettamente come nel caso dell'incontro di Paolo sulla strada di Damasco; eppure si riscontra notevolmente come i discepoli ravvisino fra di loro la presenza del loro Signore anche nel loro parlare e operare nel suo nome. Gesù non più esperibile sensorialmente, dispensa doni per loro stessi e per altri.
Nella fede gli apostoli riconoscono un Gesù del Cielo legato alla terra. Una mediazione fra cielo e terra che si evince nelle loro opere di carità, di evangelizzazione, di servizio.
Anche ai nostri giorni perdura questa presenza misteriosa eppure certa di Gesù Risorto Asceso al Cielo, sempre resa possibile dall'opera dello Spirito Santo. Cristo vive con noi allo stesso modo che nei primi secoli e il suo esserci nel mondo si realizza nella vita stessa della Chiesa, nella comunione dei credenti, nel loro amore mutuo e disinteressato e nella carità concreta verso i poveri e i bisognosi. L'Asceso Signore è il Vivente e operativo specialmente in quelli che sono "i segni visibili della sua presenza invisibile", cioè i Sacramenti. Il segno rappresenta una realtà immediatamente vicina; il sacramento è segno della realtà di Cristo viva e operante nella quale egli stesso realizza ciò che si propone, elevando e santificando in quella determinata situazione. Il sacramento è annuncio di ciò che arriva immediatamente, appunto del Cristo che agisce per rinnovare ed elevare nella grazia, in forza dello Spirito. Cristo non lo si vede, i sensi non ce ne parlano, però c'è e opera. Soprattutto nell'Eucarestia si nota un "esserci" di Gesù che è sostanziale e nella forma del pane e del vino si rende nostro alimento di vita.
Ma se prescindessimo dalla prerogativa della fede per la quale è possibile anche l'inimmaginabile, certamente concepiremmo come assurda e ridicola ogni argomentazione intorno alla presenza reale e misteriosa di Cristo. Come si diceva in apertura, credere è più consolante che ostinarsi a bizantineggiare e lasciare spazio alle ragioni del cuore può portare a risolvere che l'Assunzione di Gesù non è inizio di solitudine e orfanità, ma il contrassegno della gioia di appartenere a lui per sempre anche se sotto modalità differenti.