Omelia (20-05-2018)
don Luca Garbinetto
Prima di tutto l'unita'

Nella casa del Padre, ‘tutto ciò che è mio è tuo'. Tutto ciò che è del Padre è anche del Figlio. O meglio, tutto il Padre è consegnato al Figlio e tutto il Figlio è nelle mani del Padre. ‘Io sono tuo, e tu sei mio'. E da questa reciproca consegna procede lo Spirito, che è Amore. Qui sta tutta la verità trinitaria.

La comunione in Dio non è questione di possessività, ma di dono e di accoglienza. Necessariamente, l'amore di reciprocità genera ulteriore vita, perché non può trattenersi né essere trattenuto. È questa verità che lo Spirito conosce e che il Signore Gesù promette come anima della Sua missione nel mondo. Dio non ambisce a rivelarci concetti o dottrine intellettuali, sradicate dall'esistenza concreta; Dio rivela sempre e instancabilmente se stesso, entrando in una relazione sempre più intima con ciascuno dei suoi figli e con tutta la comunità cristiana. Così genera la Chiesa, e alla Chiesa si affida - mistero di somma fiducia! - perché sia la Chiesa il Corpo vivo che lo testimonia e diffonde nel mondo.

Questa relazione sponsale tra Dio e la sua Chiesa è radicale condivisione dell'intima unità che esiste nella Trinità stessa. È l'unità originale e originante, il senso primo dell'esistenza. L'unità di Dio e in Dio manifesta a noi anche la nostra natura originale. Dall'Uno veniamo e a Lui ritorniamo, in Lui siamo chiamati a vivere. Da questa unità sgorga traboccante la ricchezza della diversità, e ogni uomo e donna, ogni popolo della terra può esprimersi con il suo linguaggio unico e irripetibile. E tuttavia, affinché questa differenza non sia divisione - assecondando gli scopi del Diavolo - è necessario aderire continuamente all'annuncio dello Spirito, che fa ciò che dice: realizza l'unione profonda con la nostra identità divina. E perché l'unione non sia fusione e perdita della propria originalità irripetibile, resta vitale lo sguardo rivolto al volto del Figlio fatto uomo, per opera dello Spirito Santo, potenza generativa che attraversa il grembo di una fanciulla e della Chiesa vergine nel mondo.

Quale agire innovativo, eppure tanto antico, quello che fonda l'espressione di se stessi nella garanzia di non perdersi nella solitudine! Quale contributo necessario al nostro mondo frammentato e smarrito, perché svuotato troppo spesso della pienezza dell'Uno che lo trascende!

Le relazioni intime, l'agire di gruppo, la vita comunitaria, l'azione politica non potranno trovare gli sbocchi di maturazione e di crescita se non aderiscono a una verità che viene prima, che viene gratis, che tocca la radice: noi siamo debitori di noi stessi al dono di grazia del Cielo. E ad esso siamo uniti nella nostra verità più profonda. Da lì, scaturisce la via per riscoprire una solidarietà reale tra noi, creature fragili ma accomunate dallo stesso Padre; da lì ne viene l'unico sentiero possibile per uscire dalle secche degli individualismi e degli egoismi di parte.

Senza questa adesione fontale e totalizzante, ogni tentativo di costruire per il bene di tutti risulterà semplice esercizio di manipolazione o spazio strumentale di esibizione e difesa aggressiva dei propri interessi. Va detto con forza e con decisione. La tenerezza dell'agire divino nella delicata presenza dello Spirito silente non contraddice il roboante soffio del vento di giustizia, che chiede di poter penetrare gli spazi di ogni vulnerabilità per guarire, consolare, curare, ma anche abbattere e ricostruire.

Il fuoco della Pentecoste irrompe bruciante, mantenendo la dolcezza pacifica della rugiada che irrora senza far rumore. Perché dello Spirito è propria la capacità, appunto, di distinguere mantenendo unito. Di discernere. Ecco il dono della verità, al quale le nostre piccole menti e il nostro cuore assetato possono accedere passo a passo, accogliendo docili la pedagogia di Dio. Colui che, dall'eternità, non ha disdegnato di entrare nei confini del tempo per permettere alla scintilla di Eterno iscritta in noi di emergere forte e appassionato dalle pieghe delle nostre ferite.