Omelia (03-06-2018)
don Luciano Cantini
Nascosto tra le parole

Perché tu possa

Una domanda, quella dei discepoli, che trascina delle distinzioni sottili: da una parte il "noi" che si offre ad andare a preparare, dall'altra il "tu" che celebra la Pasqua.

Nella contrapposizione del noi-tu c'è sicuramente la volontà di un servizio ma sembra sottolinearsi un "distinguo", una assenza di comunione. L'espressione mangiare la Pasqua va oltre la cena rituale che caratterizza le feste pasquali, l'evangelista sottolinea che era il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, la Pasqua, dunque, è quella di morte e resurrezione che solo il Cristo è chiamato a mangiare.

I suoi non lo sanno, non se ne accorgono, sono troppo concentrati su loro stessi per vedere ciò che sta per succedere, l'evangelista lo racconta nascondendolo tra le parole.


Una grande sala

Il racconto prosegue con qualche stranezza.

C'era il desiderio di preparare la festa da parte dei discepoli ma solo due sono mandati; il tradimento di Giuda era prossimo e una certa riservatezza sembra necessaria per non facilitare il compito a chi stava macchinando, ma se questa è l'ipotesi come si sono sentiti gli altri esclusi dalla "preparazione" che è anch'essa una festa; troppo spesso siamo condizionati dal protagonismo.

Avrebbero dovuto seguire un uomo con una brocca d'acqua, erano le donne che di solito andavano ad attingere l'acqua, avrebbero dovuto incontrarlo, riconoscerlo, seguirlo fidandosi di lui. Ecco un'altra stranezza su cui riflettere perché non è facile fidarsi e affidarsi agli altri specie quando mostrano una qualche diversità.

C'è poi l'espressione che Gesù suggerisce di dire al padrone di casa la mia stanza: Gesù fa sua quella stanza... non sono i muri e i tappeti che rimangono del suo proprietario, in quella stanza Gesù può mangiare la Pasqua con i suoi discepoli, Lui è quella stanza al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta. Una sala grande perché la comunione non ha misura; nessuno deve rimanere escluso, neppure colui che poi lo tradirà.

C'è ancora un passaggio nascosto tra le parole, all'inizio abbiamo incontrato la contrapposizione noi-tu, poi si passa all'io-con i miei discepoli per poi arrivare alla cena per noi. Il cammino della comunione non è immediato né semplice, richiede la fatica del cambiamento, del superamento delle distinzioni e dei personalismi. Non a caso quella sala si trova al piano superiore, il cammino della comunione è sempre in salita, e ci chiede di puntare in alto.


Lo spezzò

Spezzare il pane è il segno che il Signore lascia alla sua Chiesa perché possa riconoscere la sua presenza (Cfr. Lc 24,13-35); un gesto antico, semplice, naturale, un gesto che si ripete anche inconsciamente in ogni famiglia ed in ogni luogo in cui l'uomo condivide la vita con un altro uomo.

La capacità di spezzare la vita, di condividerla, di formare comunità, di vivere la comunione è il distintivo del cristiano: da questo vi riconosceranno (Gv 13,35).

La Chiesa, Corpo di Cristo, è proprio quel pane spezzato, segno che il Signore Gesù ci ha regalato per capire chi siamo: E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all'unico pane. (1Cor 10,16-17)