Omelia (03-06-2018) |
don Marco Pozza |
Il "corpo di Cristo". Cristo, che corpo! I suoi nemici vinsero una battaglia: sequestrarono il corpo di quell'Uomo così meditabondo d'apparire fastidioso agli intellettualoidi avversari: «Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù, lo arrestarono» (Mt 26,50). L'avversario vinse una battaglia, ma perdette la guerra intera: «Prendete e mangiate; questo è il mio corpo» (Mt 26,26). Pensarono, dunque, d'averlo ingabbiato: ciò che presero fu solo la materia dell'Uomo. Lui, trattato d'intelligenza, si era andato a nascondere nei petti agitati degli amici: diventarono i primi tabernacoli, anche i primi sacerdoti dell'umanità. Lo arrestarono, non lo arrestarono affatto. Più che furbo, fu generoso: si fece pasto per le gole amiche, si diede in pasto agli amici. Scansò di darsi in pasto ai cani avversari. Troppo intelligente per fregarlo. Iniziò a scandalizzare a Betlemme: immaginare, anche solo un istante, che il Dio inaccessibile diventasse uomo, era poco meno che una bestemmia. Lo fece: si fece uomo, chiedendo ad una (ma)donna di collaborare. Il Verbo parlò e tutto fu fatto, Maria parlò e il Verbo si fece carne. Carne, Pane: è Dio buono come il pane. Ciò che ebbe inizio a Betlemme - "Pare quasi insulso un Dio così: ha così poca stima di sè che diventa uomo", andava dicendo Satana - scandalizzò il doppio a Gerusalemme, nella stanza di un cenacolo: non solo si fece uomo di carne, ma li invitò tutti a masticarla perché non patissero la fame. Se non parve scandalo, ci mancò pochissimo: dopo il Dio di carne, pure di pane: per tutti i denti. Attorno alla tavola - luogo di confidenze, di trastullo e di condivisione - sbocciò il sospetto che fece di quell'Uomo un'àncora di salvataggio per tutti i disperati della storia «Non sono perduto nel mondo - scriveva Antoine de Saint-Exupéry nella sua bozza di Lettre à un otrage -, sono di questa tavola, attorno alla quale abbiamo comunicato al di sopra delle parole in una sostanza segreta e preziosa». Cristo, dunque, non venne nel mondo per liberare il mondo dal peccato: è troppo piccolo, il peccato più mastodontico, per giustificare una così grande discesa-in-campo di Dio. Venne per affaccendarsi in tutt'altra faccenda: per fare una seminagione di Cielo in terra, per piantare Iddio dentro l'uomo, per acciuffare il Tutto e incalmarlo nel niente, che è il poco dell'umano. Lo fece con l'arnese smunto dell'amore, folle e bambino. Amore di madre, di amante. Quelle che, toccando il corpo bambino o dell'amato, gli hanno detto "Ti mangerei di baci". Gli hanno segnato con i denti il corpo come apice massimo di godimento. Questo hanno fatto i discepoli in quella sera di sensi eccitati, accesi. Han fatto quello che Lui chiese loro: "La vostra compagnia non mi basta più, con le vostre carezze il mio corpo ha freddo, i vostri baci non mi saziano più. Prendetemi, poi masticatemi: mordetemi, rigate con i vostri denti il mio corpo diviso. Condiviso". Sfrattato - «Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto» (Gv 1,11) -, lo cacciarono dalla porta d'ingresso della casa, quella che Lui stesso aveva costruito per il mondo. Siccome li amava per davvero, rientrò dalla finestra, dal corpo degli amici, che è la finestra dell'amore: «Prendete(mi) e mangiate(mi)». Il fatto fu chiaro a tutti: il Dio sfrattato stava cercando casa per tornare ad abitare nel paese degli uomini. "Prendere" è verbo manuale, manovra di aggancio, una sorta di presa di possesso: il Padrone chiede l'affitto all'operaio, il padre chiede al figlio d'essergli genitore. Il Creatore alla creatura: "Stringi me, io stringo te. Stringiamoci a coorte, siamo pronti alla morte!". Dice il prete nell'atto di dare la comunione: «Il corpo di Cristo». "Amen" rispondono mugugnando, alcuni credendo. Capissimo per davvero la portata di quel gesto, l'unica risposta a così grande agguato dei sensi sarebbe di rispondere: "Che corpo, Cristo!" E' così grande l'amore, che nessuno se l'immaginava. Scriveva Virginia Wolff: «Uno non può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non ha mangiato bene». Senza l'eucaristia, i primi cristiani non riuscivano a vivere. Mica esageravano. |