Omelia (10-06-2018) |
mons. Roberto Brunelli |
Possiamo diventare “parenti” di Gesù Dopo le celebrazioni legate alla Pasqua, con questa domenica riprende la lettura continuata dei vangeli relativi alla "normale" vita pubblica di Gesù, a quei tre anni trascorsi a insegnare e fare del bene. In verità lo impegnava anche altro: l'opposizione dei suoi nemici, che crcavano di ostacolare la sua missione in ogni modo, anche ricorrendo all'assurdo, come narra il brano odierno (Marco 3,20-35). Nella casa in cui si trova, Gesù è assediato dalla folla, che non lascia, a lui e agli apostoli, neppure il tempo di mangiare; tutti ricorrono a lui per essere guariti dalle loro malattie: detto nel linguaggio e secondo le convinzioni di allora, per essere liberati dal demonio. Ne approfittano i suoi nemici, per sostenere che lui stesso è posseduto dal demonio, e "scaccia i demoni per mezzo del capo dei demoni". Gesù fa rilevare l'assurdità di queste accuse: "Come può satana scacciare satana? Se un regno è diviso in se stesso non potrà restare in piedi; se satana si ribella contro se stesso, è finito"! E aggiunge una frase di quelle "pesanti", su cui riflettere seriamente. Dice: "Tutto sarà perdonato agli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno". Bestemmiare contro lo Spirito significa ostinarsi a chiamare bene ciò che sappiamo essere male, e viceversa. Significa, in altri termini, negare ciò che la coscienza riconosce come giusto e vero. Chi persistesse in tale atteggiamento non potrebbe essere perdonato, non perché Dio non possa o non voglia farlo, ma perché l'uomo negherebbe anche la necessità e il desiderio di esserlo. Dio rispetta la libertà dell'uomo, e peciò non costringe nessuno ad accogliere i suoi doni. L'episodio narrato da Marco continua poi con un risvolto inatteso, che richiede anch'esso qualche chiarimento e offre un altro rilevantisssimo motivo di riflessione. Gesù dunque è attorniato dalla folla, tanto che i nuovi arrivati non riescno ad avvicinarsi a lui, e qualcuno lo informa: "Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano". Il fatto che Gesù avesse fratelli e sorelle, e dunque sua madre, la sempre-vergine, abbia avuto figli oltre a lui, in passato è stato motivo di turbamento. In realtà non sarebbe stato il caso, se avesero considerato che i vangeli riflettono concetti e linguaggio di duemila anni fa e di una civiltà per tanti aspetti differente dalla nostra; scrivessero oggi, Matteo Marco Luca e Giovanni si esprimerebbero diversamente. Si è visto anche in questo stesso brano: chi allora era ritenuto posseduto dal demonio, oggi sarebbe detto semplicemente malato. E allora dicevano fratelli tutti i consanguinei, i parenti, gli appartenenti a uno stesso clan. E' da notare piuttosto come risponde Gesù a chi gli segnala che i parenti lo cercano. Si chiede: "Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli?" E guardandosi attorno, alla folla che lo assedia affidandosi a lui, dichiara: "Ecco mia madre, ecco i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre". Questa risposta ha dato un dispiacere a qualche lettore dei vangeli, di quelli molto devoti verso la Madonna. Qualcuno l'ha intesa come uno sgarbo verso di lei, come se per lui non contasse, e l'ha associata alla risposta apparentemente brusca ("Donna, che vuoi da me?") datale alle nozze di Cana. Forse che Gesù non volesse bene a sua madre? Assurdo, per mille ragioni che non è possibile esporre qui. E' di maggiore rilevanza invece considerare quanto implicano le parole di Gesù: implicano l'affermazione che più importanti dei vincoli di sangue sono i vincoli elettivi, in particolare quelli derivanti da una stessa fede. E dunque, a tutti è possibile diventare "parente" di Gesù. La condizione è quella esposta: è una, è chiara. Essere cristiani significa cercare di tradurla nella propria vita. |