Omelia (10-06-2018)
don Alberto Brignoli
Io sono qui

Dopo aver celebrato il Tempo Pasquale e averne prolungato la gioia attraverso la celebrazione delle solennità del Signore, che ci hanno aiutato a entrare nel mistero stesso di Dio, il cui amore trinitario si fa cibo e bevanda di vita per chi crede in lui e misericordia per chi lo accoglie nella propria vita, le nostre domeniche tornano a rivestirsi del colore verde della speranza; una dimensione che ci deve accompagnare, e di fatto ci accompagnerà, nell'ordinarietà del nostro cammino di fede, celebrato la domenica in comunità e vissuto concretamente nel nostro lavoro di ogni giorno, nelle nostre passioni, nei nostri progetti e - perché no? - anche nelle nostre meschinità e miserie, e nella fatica di incontrare Dio e di vedere i segni della sua presenza nella nostra vita.
Durante celebrazioni particolari e solenni come quelle che abbiamo menzionato, oppure come le molte celebrazioni dei Sacramenti dell'iniziazione cristiana che si susseguono in questo periodo dell'anno nella stragrande maggioranza delle nostre comunità, la possibilità di sentire il Signore presente, di incontrarlo e di vederlo vicino a noi, si fa senz'altro più concreta, ci si sente anche più predisposti a vedere Gesù presente nella comunità che celebra, nelle processioni che essa compie, nell'onore dato al Santissimo Sacramento, nel sorriso dei bambini felici dopo aver ricevuto la prima comunione, o nell'entusiasmo dei neo cresimati.
Poi, però, l'ordinarietà, che a volte confondiamo erroneamente con piattezza, poco fervore, addirittura con mancanza di fede nella Chiesa, solo perché i riti sono un po' meno solenni, ci trascina in un senso di noia, a volte nostalgica, a volte fine a se stessa, e che alla fine sfocia in domande e interrogativi, uno dei quali è presente anche nella Liturgia di oggi: "Dove sei?".
Ce lo chiediamo spesso, Signore, dove sei. Dove sei, se fino a un mesetto eri nel sorriso agitato e meraviglioso dei nostri bambini della Prima Comunione, e ora non ti sentiamo più? Dove sei, se poche settimane fa ti abbiamo lanciato in cielo palloncini di festa per il dono dello Spirito ai nostri ragazzi, in una chiesa gremita che ora fatica a distinguersi da un giardino deserto e desolato? Dove sei, se fermandoci a guardarti presente nell'Eucarestia durante le Giornate Eucaristiche, ci hai fatto sentire una pace e un calore interiore che oggi si sono totalmente raffreddati? Dove sei, se poco più di dieci giorni fa, intorno alla casa di tua Madre, ci siamo riuniti in tanti a concludere il mese a lei dedicato? Dove sei, adesso che passate le feste, sentiamo un senso di noia e di stanchezza e a tutto pensiamo (vacanze, sole, estate, mare) meno che a te? Dove sei, se le notizie che leggiamo sui giornali di ogni giorno o le immagini che vediamo in televisione, di tutto ci parlano meno che di gioia e di vita, come tu ci hai fatto credere di essere per noi?
Sembra proprio che le forze del male, nella vita di ogni giorno, abbiano il sopravvento su di noi: lo dicevano di te, l'abbiamo ascoltato nel vangelo di oggi, vuoi che non lo dicano di noi? Anche i tuoi parenti, preoccupati per ciò che dicevano di te, vengono a dirti il loro "Dove sei?", ti vengono a cercare, addirittura ti vogliono portare via perché credono che tu non ci sia più con la testa. Oppure vogliono farti prigioniero, come vogliamo catturarti anche noi, nel momento in cui ti troviamo, perché almeno così resti con noi e non ci metti più in crisi.
Già, perché anche tu non stai zitto con noi, e quella stessa domanda la rivolgi a ognuno di noi, da sempre, da che mondo è mondo, da che l'Eden non è più Eden: "Uomo, donna, dove sei?". Quel "dove sei" rivolto da Adamo a Dio vale quanto tutti i "dove sei" che noi rivolgiamo a Dio, quando gli rinfacciamo di non esserci più, o di sparire dalla nostra vita, o di giocare a nascondino con noi. Perché in fondo, Dio non vuole che scappiamo da lui per la vergogna di essere nudi di fronte a lui. Dio non vuole che non pecchiamo: sa benissimo che ci risulta impossibile. Dio non ci vuole perfetti: sa benissimo che non ci corrisponde. Dio non ci vuole irreprensibili o immacolati, e nemmeno liberi da tentazioni: sa benissimo che la nostra è la stirpe del calcagno insidiato, del serpente avvolto alle nostre caviglie, sempre vivo, sempre con le fauci aperte.
Dio vuole però che al male schiacciamo la testa: ma per fare questo, il male dobbiamo guardarlo negli occhi, dobbiamo affrontarlo come lui lo affronta, a viso aperto, prendendoci le nostre responsabilità, ammettendo che sì, è vero, siamo peccatori, ma ciò non toglie nulla al suo amore per noi, anzi! L'importante è avere il coraggio di rispondere noi, per primi, a quella domanda che osiamo spesso rivolgere a lui: "Dove sei?".
Non abbiamo paura a dire a Dio: "Mi sono nascosto da te perché ho sbagliato". Non abbiamo paura a dire: "Sono stato io", invece di dare la colpa a chi ci è a fianco, o a chi ci inganna, o peggio ancora a Dio, che ci mette accanto le persone sbagliate.
Se avremo il coraggio, di fronte al "Dove sei?" di Dio, di rispondere: "Sono qui, ho sbagliato", saremo in grado anche di ascoltare la sua risposta ai nostri innumerevoli "Dove sei, Dio?":
"Sono qui, non me non sono mai andato. Perché tu sei per me fratello, sorella, madre. Perché io ti amo".