Omelia (24-06-2018) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Luca 1,57-66.80 L'evangelista Luca è particolarmente sensibile al tema della discernimento spirituale, o come lo chiama lui: "custodire parole e fatti nel proprio cuore": lo dice ripetutamente di Maria, madre di Gesù, lo dice dei pastori che se ne tornavano a casa dopo aver adorato il bambino; lo dice anche in questo caso, della gente che aveva appreso della nascita di Giovanni... Già l'espressione "discernimento spirituale" o "dello spirito" suscita più di una perplessità... "Lo spirito, questo sconosciuto!" A prescindere che si conosca oppure no, questa dimensione segreta della nostra persona non desta particolare attenzione... e così arriviamo al termine della vita, ove ci attende una vita nuova tutta spirituale, e non ci siamo mai esercitati ad ascoltare i respiri del nostro spirito, a vivere al ritmo dello spirito... Ammesso che un angolino delle nostre giornate lo dedichiamo alla vita interiore, come nutriamo il nostro spirito? qualche riga di Vangelo? una Messa ogni tanto? Un confronto su questo aspetto non secondario della nostra umanità, non sarebbe male; visto che il genere umano si distingue dagli altri viventi per le cosiddette facoltà superiori, tra le quali, appunto, lo spirito. Chi crede ancora nel Paradiso? intendiamoci, credere nel Paradiso non significa pensarlo come la dimora ultraterrena, ove il nostro spirito sarà accolto dagli angeli, in attesa di ricongiungersi con il corpo, nel giorno del giudizio finale. Credere nel Paradiso, secondo la fede cristiana, significa vivere qui in terra in funzione della vita eterna... è tutta un'altra cosa! un vero salto di qualità. Nostro malgrado, neanche in questo salto di qualità (della vita presente) siamo favoriti dalla mentalità di questo mondo, nel quale il principio del piacere sembra essere rimasto l'unico criterio discriminante della felicità. Visto che il paradiso celeste non esiste, o comunque, se c'è, nessuno sa cosa sia, ecco che il paradiso ce lo siamo costruito su questa terra, a nostra immagine e somiglianza, a nostro uso e consumo; e non uno soltanto, ma tanti paradisi... forse troppi. E i paradisi terreni non hanno nulla di spirituale, men che meno, di religioso. Già ai tempi di Gesù, esistevano movimenti spiritualisti, che avevano preso le distanze dal caos e dalle sirene della città, Gerusalemme in testa - una vera e propria fuga dal mondo! - e si erano rifugiati nel deserto, per dedicarsi a coltivare le cose dello spirito. È verosimile che Giovanni Battista, avesse fatto parte di uno di questi movimenti: san Luca vi allude, a conclusione del Vangelo che abbiamo ascoltato, laddove scrive che il precursore di Gesù "visse in regioni deserte, fino al giorno della sua manifestazione a Israele." Ma ecco che, spiazzando tutti, Giovanni compreso, Dio si incarnò, assumendo la nostra carne e riportando la fame e sete di Dio nel cuore della città, ove sorgeva il Tempio. Ed ora facciamo un salto con la fantasia, di qualche anno: Gesù e Giovanni Battista si sono già incontrati, il Signore ha portato a compimento il mandato ricevuto dal Padre, nello Spirito Santo; la sera di Pasqua, il Risorto appare a due discepoli che in fretta stavano abbandonando Gerusalemme, diretti a Emmaus, e li costringe a rielaborare in cuor loro e a voce alta i fatti di quegli ultimi giorni: in particolare, capiscono che da Gerusalemme non si fugge, dalla città non si fugge. A Gerusalemme si sale, a Gerusalemme si muore...perché a Gerusalemme si può anche risorgere! Tutto questo per dire che è possibile trovare del buon cibo spirituale anche nelle nostre città! Un mio vecchio confratello, vissuto a cavallo del Concilio, diceva sempre che un vero Domenicano tiene in una mano la Bibbia e nell'altra il quotidiano: dobbiamo imparare a custodire nel cuore le realtà terrene, e quelle celesti, lo spirito e il corpo, la fede e il mondo, la chiesa e la città... Parliamo di contaminazioni virtuose; sono contaminazioni reciproche: noi fedeli entriamo in chiesa con le nostre vite sulle spalle - affetti, gioie, fatiche, drammi... -; il mondo non si ferma fuori dalle porte di una chiesa! e la chiesa non chiude le porte al mondo; ma (la chiesa) neppure si lascia sopraffare dal vortice delle forze contrarie, che ci spingono e ci travolgono; la chiesa e i fedeli che edificano la chiesa come pietre vive, non si conformano alla mentalità di questo mondo, per dirla con le parole di san Paolo (cfr. Rm 12)... La Chiesa accoglie, la Chiesa ascolta; ma anche la Chiesa riflette, la Chiesa reagisce e risponde, proponendo la logica del Vangelo. Il modello, naturalmente delineato sulla persona di Cristo, è un uomo, anzi, una comunità di uomini e donne riconciliati con Dio, con sé stessi e con gli altri. Noi che celebriamo ogni domenica, siamo accomunati da una convinzione incrollabile: nel cammino lento e faticoso della salvezza, non ci sono vincitori e vinti: o vinciamo tutti, oppure non vincerà nessuno! Il cristianesimo, quando è vissuto sul serio, è compromettente, è pericoloso; può costare la vita! Sapete quale forza politica eversiva, rispetto ai regimi totalitari, può rappresentare, ancora oggi, una celebrazione eucaristica, in taluni Paesi latinoamericani come il Salvador? Non vi siete mai chiesti perché la polizia segreta uccise mons. Oscar Romero proprio mentre stava celebrando la Messa? Ve lo dico io perché: perché nella Messa noi proclamiamo, come già avvenuta, la vittoria di Cristo su tutte le trame del male che ancora proliferano nel mondo, facendo leva sulla paura, sull'indifferenza, sulla tentazione di ritirarsi dalla società in una vita privata cieca, sorda e muta! La Messa si conclude con l'invito del prete: "Ite, Missa est!", la Messa è finita, ma voi andate!... che significa: "Uscite, uscite dalla vostra cecità, uscite dalla vostra sordità, dall'indifferenza - il nemico peggiore della fede! -. Uscite dal vostro mutismo colpevole, perché complice... Tornate alla vostra vita e accendetela della Grazia di Cristo con la quale vi siete saziati al Banchetto pasquale. È vero, il rischio di presentare una fede vissuta in questi termini, che sono gli stessi termini del Vangelo senza addomesticarlo in atteggiamenti buonisti, è che qualcuno si spaventi e cominci a disertare le nostre assemblee. "Volete andarvene anche voi?", chiese Gesù ai Dodici, dopo aver pronunciato il discorso eucaristico sul pane di vita, vedendo molti discepoli defilarsi, per la durezza delle sue parole... Il Cristo della fede rispetta la nostra libertà... Per chi vogliamo far valere questa libertà? per il mondo, o per Dio? per rincorrere il piacere, o per allargare lo spirito, e custodire nella fede tutto, in cuor nostro? |