Omelia (17-06-2018) |
diac. Vito Calella |
Incontro tra seme e terra Le due parabole del Regno di Dio ci comunicano l'importanza di un incontro generativo: quello tra il seme e la terra. Il seme rappresenta il dono di Dio. Nella prima parabola sono tanti semi. È la seminagione dell'annuncio della morte, sepoltura e risurrezione di Gesù, sparso nel campo (terra) della nostra umanità. La terra buona che accoglie questo seme è la libertà di ciascuno di noi aperta all'accoglienza del dono della Parola di Dio. Il seminatore è il Cristo risorto, è il Signore della nostra vita, di tutta la storia del mondo. Il tempo paziente della crescita dei semi fino al raccolto finale è il tempo dello Spirito Santo, che agisce nel cuore di ogni uomo, fa germogliare la parola dell'annuncio pasquale nella terra dell'esistenza di ogni uomo, attende con pazienza che anche la terra faccia tutta la sua parte per far crescere il seme della Parola depositato nel cuore, luogo dell'incontro tra il dono divino e la nostra umanità. La terra ci rappresenta, ognuno di noi con la nostra libertà. Terra buona, collaborativa, ricca di sostanza per il seme della Parola è la nostra libertà aperta al dono della Parola, è il nostro si, perché la parola dell'annuncio pasquale di Gesù morto, sepolto e risuscitato si dischiuda nel profondo del nostro cuore e dia pazientemente i suoi frutti. La crescita di ogni pianta di seme accolto dal cuore libero dell'uomo è la vita che cresce, la vita umana destinata a lasciare buoni frutti, ed è una vita trasformata dal dono della Parola. Il piccolissimo seme di senape può rappresentare il dono del Verbo eterno, il Figlio di Dio, che viene ad assumere la nostra condizione umana (la terra). Cosa è stato Gesù storico nei suoi pochi anni di vita passati in questo mondo, in rapporto a tutta l'umanità? Cosa è stata la sua missione seminata nella terra della nostra umanità? Nell'ora della sua morte di croce sembrava addirittura che fosse diventata quasi un nulla, un fallimento totale, un dono gettato per niente nell'immenso terreno della nostra umanità (la terra), come un piccolissimo seme di senape, tanto piccolo da essere insignificante, da perdersi nel palmo di una mano. Eppure quel solitario seme, piccolissimo dono per tutta l'umanità, è diventata una pianta in grado di accogliere uccelli del cielo che possono ripararsi alla sua ombra. La terra ha collaborato perché quel piccolissimo seme dell'evento Gesù, avvenuto una volta per tutte nella storia dell'umanità, diventasse ora una pianta, la Chiesa, posta nel mondo come segno di salvezza, come ombra di salvezza per tutti i popoli, rappresentati dagli uccelli che vi si posano per cercare questo refrigerio, per cercare di dare risposta alle domande di senso. La terra siamo noi, con tutti i nostri limiti, con tutte le nostre fatiche, i nostri dubbi, la nostra povertà, le nostre malattie, ma anche con le nostre potenzialità, i nostri doni, la nostra buona volontà, soprattutto la nostra libertà di accogliere il dono della Parola e collaborare con quel che possiamo dare come terra, con la nostra umanità, perché questo dono fruttifichi. Il Regno di Dio è frutto di questo incontro tra il dono divino del Cristo, attraverso l'annuncio della Parola di Dio, e la nostra umanità, con la responsabilità della nostra personale libertà all'accoglienza del dono. Pensiamo allora alla nostra libertà: la produttività della terra è la nostra disponibilità, è il nostro si scelto consapevolmente, al dono della Parola di Dio, che germoglia nelle profondità del nostro cuore per portare frutti a suo tempo. Pensiamo alla responsabilità che abbiamo di collaborare, come terra, con le nostre capacità, perché il dono della Parola seminata nel cuore dia i suoi frutti. Sentiamoci orgogliosi di appartenere alla grande pianta della Chiesa, posta nel mondo come segno di salvezza per tutti i popoli. C'è anche della nostra terra in questa grande pianta che una volta era un piccolissimo seme, Gesù di Nazareth, inchiodato su una croce. |