Omelia (29-07-2018) |
mons. Roberto Brunelli |
Non c'è pace senza giustizia Si è visto domenica scorsa Gesù commuoversi davanti alla folla accorsa a lui, paragonata a un gregge senza pastore, cioè bisognosa di una guida morale e spirituale. Il vangelo di oggi (Giovanni 6,1-15) esprime però anche la sua concretezza: "Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?" La domanda da lui rivolta all'apostolo Filippo è provocatoria: subito dopo egli compie uno dei suoi miracoli più noti, la moltiplicazione dei pani e dei pesci con cui sfama cinquemila uomini. Il prodigio è preludio - lo sentiremo le prossime domeniche - alla sua promessa di sfamare tutti gli uomini sul piano spirituale; ma realisticamente richiama l'attenzione sul fatto che a chi ha lo stomaco vuoto sarebbe vano fare bei discorsi: bisogna anzitutto soddisfare le sue necessità primarie. E' quanto da sempre fanno i missionari, che annunciano il vangelo ma insieme distribuiscono cibo, aprono scuole, fondano ospedali e ospizi. L'impegno dei missionari, tuttavia, per quanto encomiabile è una goccia nel mare del terzo mondo, dove milioni e milioni di persone soffrono letteralmente la fame, a fronte di quei paesi - tra i quali il nostro - che hanno i loro poveri, ma sono pur sempre in condizioni di incomparabile privilegio. La sollecitudine di Gesù per la fame anche fisica della folla suona come un invito ai cristiani a prendere coscienza degli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo. "Mentre folle immense mancano dello stretto necessario, alcuni, anche nei paesi meno sviluppati, vivono nell'opulenza o dissipano i beni. Il lusso si accompagna alla miseria. E, mentre pochi uomini dispongono di un assai ampio potere di decisione, molti mancano quasi totalmente della possibilità di agire di propria iniziativa o sotto la propria responsabilità, spesso permanendo in condizioni di vita e di lavoro indegne di una persona umana. Conseguentemente si richiedono molte riforme nelle strutture della vita economico-sociale e in tutti un mutamento nella mentalità e nelle abitudini di vita": sono parole del Concilio Vaticano II, difficili da smentire, anche semplicemente considerando quanto costa un solo aereo da guerra, o l'ammontare spaventoso degli sprechi alimentari. Il vangelo invita i cristiani a impegnarsi per rimediare alle storture del mondo. Non da soli, ma anzi collaborando con quanti condividono le stesse ansie, e però ricordando che il loro operato sarà tanto più efficace quanto più saranno uniti tra loro, nel vincolo della fede comune. Illuminante in proposito è la seconda lettura di oggi (Lettera di Paolo agli Efesini 4,1-6): "Comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell'amore, avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti". Ogni commento a questo splendido brano sarebbe superfluo; sia consentita tuttavia una sottolineatura. Dio, che è Padre di tutti, opera per mezzo di tutti. I cristiani dovrebbero avere una forse maggiore consapevolezza di essere strumenti con cui Dio interviene nel mondo, seguendo le indicazioni che Egli ci ha lasciato. In rapporto a quanto detto sopra, tra le tante indicazioni basterebbero due delle beatitudini (Matteo 5,3-12): "Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia", e "Beati gli operatori di pace". Per giustizia si intende ciò che è giusto davanti a Dio, il quale è Padre di tutti e vuole che i suoi figli siano trattati tutti allo stesso modo. Se no, lo si è visto tante volte, sono guai: senza giustizia non ci può essere pace, né tra i singoli, né tra le classi sociali, né tra i popoli. |