Omelia (01-07-2018)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)
Commento su Sap 1,13-15; 2,23-24; Sal 29; 2Cor 8,7.9.13-15; Mc 5,21-43

Le letture che oggi la liturgia ci propone sono un inno alla vita, alla giustizia e al farsi prossimi nell'eguaglianza dei beni ricevuti (san Paolo).

La prima lettura, tratta dal libro della Sapienza, ci richiama il progetto di Dio sull'uomo come descritto in Gn 1,27: non era prevista la morte: "Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c'è veleno di morte" (Sap 1,13). Ma poi, in conseguenza dell'invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo. Dio è il Signore della vita e la morte non gli appartiene, quindi tutto ciò che porta alla morte, guerre, violenze, soprusi, abbandono delle persone nel momento di difficoltà, rifiuto di salvare coloro che disperati per le loro condizioni di vita cercano scampo attraverso la via della migrazione... è opera del diavolo (colui che separa), cioè di colui che sin dall'origine ha voluto allontanare l'uomo da Dio. Qualcuno però potrebbe sollevare una domanda: "e la malattia?". Teologicamente la risposta è facile, è anch'essa frutto del peccato, ma praticamente, quando essa colpisce le nostre persone care e soprattutto i bambini, la nostra ragione ha qualche problema a capire. Ci viene in aiuto il Salmo 29, quando sottolinea che Dio ha il potere di cambiare le cose "mutando il mio lamento in danza" o quando dice: "Ascolta, Signore, abbi pietà di me, Signore, vieni in mio aiuto!"; una certezza, anche questa difficile da recepire nel momento della prova, che il Signore è sempre al nostro fianco. La nostra difficoltà è che il progetto di Dio è la vita, ma la nostra esperienza è la morte, non solo quella fisica, e spesso manca l'esperienza cristiana del cammino verso la resurrezione passando attraversa la croce.

La conferma che Dio è vicino a noi la troviamo nel brano di vangelo di Marco: Gesù ci prende per mano e ci dice "alzati" e alla donna emorroissa, impura, esclusa da ogni tipo di rapporto, morta per la società (mai una carezza, mai un abbraccio), che ha avuto il coraggio di infrangere la legge toccando il mantello di Gesù, rendendolo impuro, dice "Figlia, la tua fede ti ha salvata".

"Questa bimba dorme": forse non tutti sappiamo che la parola cimitero deriva dal verbo greco che designa il dormire. Cimitero è la casa dei dormienti, dove i nostri cari sono in attesa che Gesù dica loro, come fece con la figlia di Giairo «Talità kum», alzati! Gesù è la mano che ti prende per mano, che si intreccia dolcemente con la nostra vita.

Marco in questo brano ci fa incontrare Gesù e aiuta a liberarci delle nostre paure, lui cammina con noi, si lascia toccare e ci tocca.

Dodici anni sono quelli dell'età della figlia di Giairo e gli anni della malattia dell'emorroissa, ma dodici è anche il numero delle tribù di Israele, degli apostoli: se lo leggiamo in chiave simbolica significa che siamo anche noi nelle stesse condizioni delle due persone coinvolte nel racconto, cioè ammalati con scarsi risultati, dormienti in attesa che qualcuno ci dica "alzati". Ma Dio ci fa partecipi della sua vita e vuole che anche noi ci lasciamo coinvolgere dalle storie che incontriamo nei cammini della nostra vita e, come Gesù, essere capaci di porgere la nostra mano per toccare e sollevare chi è nel bisogno e nelle difficoltà, essere solidali. Solidarietà significa, per un cristiano, andare "oltre", cioè oltre il criterio del "prima i nostri, poi gli altri"; oltre il criterio dell'"oggi non posso, ho altre priorità"; oltre il criterio dell'"applichiamo la legge".

A questo atteggiamento ci invita san Paolo nella sua lettera ai Corinzi e ci ricorda una cosa essenziale: "Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: «da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà»". L'invito dell'apostolo alla sua comunità è quello di condividere (essere solidali) le loro ricchezze con chi si trovava in situazione di povertà ed emergenza, in particolare con i cristiani della Chiesa di Gerusalemme. Paolo ci ricorda che la carità non è una questione di calcoli, è farsi carico di chi ha bisogno, né è una questione di quando farla, perché le povertà, soprattutto le emergenze, ci si presentano senza preavviso. Ma tutti conosciamo quanto sia difficile essere vicini a chi ci chiede, a chi ha bisogno, a mettersi nei panni di chi è carico di problemi e spesso non è in grado di trovare una via d'uscita. Per fortuna oggi nelle nostre comunità sono presenti i Centri d'Ascolto che si fanno carico di incontrare chi ha bisogno e operano per aiutare a superare le prime difficoltà di chi si presenta ai nostri centri. Ma questo non deve portarci a dire: "c'è qualcuno che ci pensa", forse occorre fare nostra le parole di san Paolo: "Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza" perché «Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno».

La struttura sociale di oggi non è quella di S. Paolo, né quella di 50 fa, nella storia si è sempre operato per i poveri, ma oggi bisogna trovare strade nuove. Molte cose esistono, ma non sempre si conoscono; al tempo di S. Paolo si identificavano con la comunità, ma oggi la società è multiforme, c'è il problema dei diritti che sembrano sopravanzare i doveri, rischiamo di essere concentrati più sulla struttura che non sulla sostanza; manca la formazione alla cittadinanza, ci vuole la solidarietà, non solo quella materiale ma anche quella morale.


Per la riflessione di coppia e di famiglia.

- Tra le tante difficoltà, contraddizioni e difficoltà della vita, pretendiamo l'intervento del Signore o ci affidiamo alla sua volontà?

- Come viviamo la solidarietà?

- Nei nostri rapporti di famiglia, di relazioni, che ruolo gioca l'invidia.


Don Oreste, Anna e Carlo - CPM Torino