Omelia (12-08-2018)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)
Commento su 1Re 19,4-8; Sal 33; Ef 4,30-5,2; Gv 6,41-51

Le letture che, la liturgia di questa diciannovesima pasqua infrasettimanale del tempo ordinario ci invita a meditare, offrono un messaggio di chiarificazione per meglio comprendere il significato di "ecclésia" e quello del nostro rapporto con Cristo e con la Chiesa.

Tra Gesù e i suoi ascoltatori si è creato un malinteso a motivo della frase enigmatica che Lui ha pronunciato: "Io sono il pane disceso dal cielo". quanti lo conoscono non fanno altro che mormorare contro "il figlio di Giuseppe":

Nella Bibbia la mormorazione assume il significato di rifiuto di credere, di dichiarazione di ostilità, di chiusura davanti alla proposta di Dio; di quel Dio che si offre ma non costringe, che propone ma non impone.

Dio manifesto la sua presenza nel deserto, ai discendenti di Giacobbe, attraverso due segni: la manna e l'acqua fatta scaturire dalla roccia tramite Mosè. Gesù manifesta la sua presenza tra noi, attraverso due segni, che sono essenziali per vivere eternamente con lui: il suo corpo e il suo sangue, pane di vita e bevanda di salvezza. Mangiare di questo pane e bere di questo sangue ha il significato di credere in lui, unirsi a lui, codificassi con lui.

Secondo la logica del vangelo, l'elezione per le cose periferiche e povere, no è desiderio incontenibile di pauperismo, ma premura di salvare il primato dell'amore, che è l'unica cosa che resta, perché vive di se. La parola di Gesù è il mezzo povero, che resta al credente, per essere testimone dell'esistenza di Dio.


La prima delle letture dell'odierna liturgia, ci parla del profeta Elia che, dopo aver ucciso i sacerdoti di Baal sul monte Carmelo, ora crolla ed è spaventato a morte, a causa delle minacce di vendetta, pronunciate dalle regina Gezabele. Nonostante il nome di Elia significhi "il mio Dio è YHWH" egli ora si scopre un uomo fragile e infelice come qualsiasi altro uomo.

Pensarci bene la crisi di Elia è anche la nostra crisi. È quella che, dopo un periodo di benessere e di euforia, fa seguito a un periodo di sfiducia in se stessi e di stanchezza. È la nostra Domenica delle Palme: dopo gli osanna arrivano i crocifiggi.

Quando ormai sembra che non c'è più niente da fare, interviene Dio, prima che l'angoscia si trasformi in disperazione, lo sostiene con "una focaccia cotta su due pietre roventi, che ricordano la manna del deserto, e con "un orcio di acqua". da questo momento la fuga si trasforma in pellegrinaggio verso le fonti della rivelazione, verso l'Oreb, dove incontrerà, come Mosè, il Dio dell'alleanza.


Il salmista ci invita, tramite questo salmo a benedire, lodare, glorificare, esaltare il Signore, con questo breve salmo alfabetico, inoltre proclama chi in lui si rifugia, ossia i poveri, gli anawin. "Un povero grida, il Signore lo ascolta" non facciamo i sordi per non porci fuori dai piani di Dio e non essere sostenuti nel cammino verso l'Oreb.


La seconda lettura che, questa diciannovesima settimana del tempo ordinario del ciclo B, è offerta alla nostra meditazione, è tratta dalla così detta lettera di Paolo agli Efesini e comprende i vv. 4,30-5,2. L'autore della lettera o chi per lui del suo entourage, ci comunica, in maniera chiara, che solo chi ubbidisce alla voce dello spirito, che è in lui come caparra per il giorno del giudizio, può camminare nell'amore come Cristo e offrirsi al Padre in sacrificio di soave odore. Solo quanti si lasciano condurre dalla Amore, a imitazione di di Gesù, riescono ad uscire da se stessi per donarsi e così compiere anch'essi la pasqua. Questa è la condizione per mezzo della quale l'uomo vecchio rinasce come uomo nuovo abbandonando la menzogna per la verità, le parole maligne per quelle costruttive, l'ira per la benevolenza, la volgarità per la lode di Dio.


Oggi, per mezzo del vangelo secondo Giovani, Gesù ci dice"Io sono il pane" perché anche noi, che dichiariamo di essere suoi imitatori tendiamo ad essere pane, non per virtù propria ma per imitazione.

Credere alle parole che dice Gesù, significa credere che la messa, come sovente succede, non si riduca a un evento culturale venga considerata quello che veramente è: unione intima con Cristo, parla di Dio, che ci trasforma, infondendoci la sua divinità e così, anche noi diventiamo pane che deve soddisfare le fame dei nostri fratelli.

Come dice Gesù noi non conosciamo Dio, in maniera diretta: Ciò che di Lui conosciamo lo dobbiamo a quanto Gesù ci ha rivelato e vissuto, in questa terra d'esilio.

Il vangelo ci interroga ancora su ciò che significa per noi mangiare "il pane di vita". A mio parere mangiare "il pane di vita" vuol dire credere in Gesù, fare un tutto unico con lui, diventare una cosa sola con lui. Il Pasto familiare e la scoperta dei suoi significati umani sono l'evento più semplice e frequente per capire il significato dell'eucaristia.


Revisione di vita

- Siamo certi che il Dio che Gesù Cristo ci ha rivelato è un Dio non un idolo come noi forse vorremo, pronto a risolvere i nostri desideri come il genio della lampada Dio Aladino?

- Siamo convinti che il significato della nostra vita lo dobbiamo scoprire insieme e non inventare?

- Siamo convinti che per raggiungere maturazione della fede bisogna essere costanti nell'attesa?


Marinella ed Efisio Murgia di Cagliari.