Omelia (01-07-2018)
don Luciano Cantini
Toccare

Egli stava lungo il mare

Marco ci ha abituato a immaginare Gesù lungo il mare, luogo d'incontro e della chiamata dei primi discepoli (1,16) di incontro con la folla (2,13. 3,7) in cui pone il suo insegnamento (4,1).

Lungo il mare è un "non luogo" perché l'acqua e la terra si confondono e non appartiene all'una né all'altra, è un luogo "non separato" che richiama fortemente l'immagine della creazione in cui Dio separò le acque dall'asciutto (cfr. Gn 1,9), è un luogo "senza confini" capace di separare e unire allo stesso tempo, luogo di transito verso territori "altri" come quelli dei pagani che abitavano al di là del mare. Un luogo fortemente simbolico, figura dell'orizzonte universale, di un Regno senza confini, della apertura agli altri (soprattutto coloro che sono indesiderabili), della liberazione (si pensi al passaggio del Mar Rosso).

Da qui iniziano due racconti che si intrecciano tra loro, come nella vita, apparentemente diversi ma molto simili nel significato.

Si parla di due "donne", una di "dodici anni" (inizio dell'età nunziale) e l'altra inferma da dodici anni (il numero dodici rappresenta la totalità d'Israele); entrambe colpite a morte, quella biologica e quella sociale, entrambe diventate impure e intoccabili. Ambedue le donne sono chiamate "figlie", ambedue sono "guarite e salvate", per farlo Gesù trasgredisce le leggi e le tradizioni.


Gli si radunò attorno molta folla

Gesù è cercato, è cercato dalla folla, è cercato da uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, è cercato da una donna nel tentativo di toccare le sue vesti.

Però è lui che cerca uomini e donne come se ne avesse bisogno; ascoltato Giàiro, andò con lui; la folla gli si stringeva intorno e lui si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». Gesù cerca, non fa distinzione di persona, accoglie uno dei capi della sinagoga come una donna. Egli guardava attorno, per vedere, il suo sguardo continua a cercare il volto di quella donna come il volto di ciascuno di noi; davanti a lui non siamo anonimi, senza storia, senza una relazione personale, vuole renderci "figli" perché la salvezza giunga a compimento.


Toccò il suo mantello

Entrambi i racconti sono mossi dalla fede, non sempre percepita come tale, un po' confusa ma con il bisogno di "toccare". Per quattro volte troviamo questo verbo e poi ancora si dice vieni a imporle le mani e che Gesù prese la mano.

C'è un "mistero" di cui l'uomo fa esperienza ma non ancora del tutto compreso, indefinito e indefinibile, forse intuito nella profondità del significato, istintivamente percepito come necessario ed efficace: toccarsi.

Toccare è la forma primordiale di conoscenza, è percezione e superamento del limite di ciascuno, momento di comunione e comunicazione, esprime reciprocità, condivide e scarica le tensioni e le emozioni; il toccare da gesto esteriore diventa un fatto interiore tanto da liberare il cuore, permette di ritrovare se stessi, le proprie capacità e le proprie energie, di superare il limite.

Gesù che è schiacciato, prigioniero della folla, strinto da ogni dove percepisce la profondità dell'essere toccato con delicatezza capace di liberare.