Omelia (08-07-2018)
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COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di Gigi Avanti

Quali danni possa provocare l'invidia è cosa risaputa ("Per invidia del diavolo entrò il peccato nel mondo" ammoniscono le Sacre Scritture) e quali guai possa generare il troppo pensare o il pensare male è egualmente cosa risaputa.
Il brano del Vangelo di oggi offre proprio una dimostrazione di tutto ciò e al contempo ci da uno spaccato dell'uomo di tutti i tempi alle prese con eventi insoliti e con fenomeni straordinari di fronte ai quali sarebbe d'obbligo lo stupore e di conseguenza il "grazie", anziché lo scandalo e di conseguenza l'incredulità.
Questo accade, infatti, agli ascoltatori di Gesù arrivato proprio in casa sua, tra i suoi concittadini, forse in cerca di una pausa di riposo e magari anche di accoglienza e di compartecipazione.
Accade invece che, stupiti e sorpresi di cotanta sapienza per gli insegnamenti peculiari e straordinari che escono dalla sua bocca e per le opere di guarigione istantanea e miracolosa che escono dalle sue mani, si mettono a ragionar di testa in modo così spudoratamente invidioso da passare da tale stupore allo "scandalo" e di conseguenza poi alla "incredulità".
La dinamica o molla razionale - emozionale che li dirotta subdolamente dallo stupore allo scandalo sta proprio in questo retropensiero che blocca l'accesso al mistero: "Ma come può un falegname, figlio di Maria (è chiamato così per sottolineare il tono e modo dispregiativo con cui venivano considerati i Nazaretani, dal momento che gli ebrei non denominavano mai un figlio con il nome della madre, ma sempre con il nome del padre) dire tali verità e compiere tali opere straordinarie? Non è forse uno di noi di cui conosciamo tutto il parentado?
Non può essere, qui ci deve essere qualcosa che non quadra, non è possibile".
La conclusione è quasi struggente nella malinconica lamentazione di Gesù, costretto a ridurre i miracoli al minimo e a sospirare: "Nessuno è profeta in patria propria e tra i suoi..."
In conclusione, lo scenario è quello di sempre ed è lo scenario dell'uomo di tutti i tempi alle prese con le realtà dell'oltre tempo, dell'uomo di questo mondo chiamato a fare i conti con le realtà dell'altro mondo.
E' la partita che si gioca nell'animo umano di fronte al divino: cercare ossessivamente prove per poi cedere al mistero o semplicemente essere, qui ed ora, buongustai del mistero?
Già Einstein ebbe modo di affermare: "Chi non accetta il mistero non è degno di vivere",
e qualcun altro di scrivere: "Molto ragionamento e poca osservazione conducono all'errore, poco ragionamento e molta osservazione conducono alla verità".
Verrebbe da ripetere che pensare troppo o pensare male porta male...
e umilmente domandarci se non sia più saggio e conveniente camminare al passo dell'anima che è tarata per l'eterno, anziché intestardirsi a scalpitare con la mente alla ricerca di spiegazioni e dimostrazioni che tra l'altro non saranno mai esaustive!
In definitiva "l'ultimo passo della ragione è quello di ammettere che vi sono cose che la superano" ebbe a scrivere qualcuno.
Un'ultima considerazione... Fa quasi tenerezza "l'incredulità" di Gesù per "l'incredulità" dei suoi concittadini ascoltatori!
Anche per questo, un motivo in più per stare sempre, e senza tentennamenti, dalla Sua parte.