Omelia (08-07-2018) |
don Marco Pozza |
Troppo normale per essere Dio Accadde quello che tutti, a Nazareth, stavano attendendo col naso all'insù: il Messia s'era fatto evidente. Il Bambino-prodigio, nato tra le strade del paese, un giorno rincasa, dopo essersi fatto grande altrove. Capitò, esattamente in quella città che fu per lui catacomba di silenzio trentennale, che i paesani di Nazareth non lo accettassero. Roba da cappottarsi dalle risate: l'attendevano tutti, Lui s'era fatto uno di loro, non fu accettato nella piazza del suo paesello natìo: «Da dove gli vengono queste cose? Non è costui il falegname, il figlio di Maria?» Si erano infastiditi per quelle-cose che andava dicendo: che la persona viene prima della legge, che il sabato è stato fatto per l'uomo e non viceversa, che Iddio non gode affatto della morte del reo ma è tutto tronfio del suo pentimento. Cioè, in paese, aveva sparso voce che a Dio non gli si poteva più chiedere di professare ad alta voce le formule tristi del loro vecchio catechismo sbiadito. Mica capirono, loro, il nuovo annuncio che si stava spargendo per le strade di Palestina: frequentare il Mistero non è riempirsi di formule - aver studiato, essere buoni, bravi - ma solo il fatto di non essere all'altezza, saperlo, starci lo stesso. Fu per questo che nel suo paese tornò con la ciurma discepola al seguito: i primi che Lo seguirono seppero riconoscere la sua eccezionalità come fosse la cosa più semplice e naturale di questo mondo. I paesani, invece, pagarono dazio del fatto d'essere cresciuti alla luce degli stessi lampioni, battendo le stesse strade, annusando la medesima aria della sera. Non seppero riconoscere, non vollero affatto farlo, l'annunciazione del Cielo all'umanità: «La più grande eresia - scriveva Charles Péguy in Véronique - è negare quell'incontro meraviglioso, unico, del temporale nell'eterno, e reciprocamente, dell'eterno nel temporale, del divino nell'umano e mutuamente dell'umano nel divino». I discepoli, a quell'incontro, il Cielo li colse impreparati: un miscuglio di ignoranza, freschezza e stupore. I paesani erano in uno stato di sospetto: troppa esperienza invecchia lo stupore. Smarrisce Dio.
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