Omelia (15-07-2018) |
don Michele Cerutti |
Domenica scorsa abbiamo commentato una espressione del profeta Ezechiele: "Ascoltino o non ascoltino sappiano almeno che c'è un profeta". Oggi Amos, profeta del 760 a.c. viene accusato da Amasia, sacerdote di Betel e lo accusa di cospirare contro il sovrano di Israele. Amos ribadisce che profetizzare è diverso da una professione perché è una missione affidatagli da Dio. Il profeta si scontra quando mette in evidenza la verità e la mette a galla. Dovrebbe essere un campanello d'allarme quando il profeta trova applausi e nessun fischio. I profeti che il Signore dona ancora oggi vivono l'esperienza dell'incomprensione. La validità del loro messaggio sta nella dimensione dell'incomprensione. Qualche sera fa alla TV 2000, rete televisiva della CEI, hanno trasmesso una intervista a Don Antonio Coluccia. La sua testimonianza di vita, dai contenuti altamente profetici, mette in evidenza come l'incomprensione fa parte della sua missione. Questo prete della Congregazione dei Vocazionisti ha fondato una istituzione per recuperare giovani della criminalità utilizzando beni confiscati ai mafiosi. Ora vive sotto scorta. Allora comprendiamo quello che diceva don Mazzolari: "Il profeta non ci guadagna niente anzi perde tutto. In casa è guardato male; fuori, benché a volte lo citino è tenuto più degli altri. Come gli costa la parola. Talora essa può diventare un grido. E c'è anche chi lo accusa di mancanza d'amore quando egli grida per amore". Penso al coraggio di Papa Francesco che apprezziamo per la sua capacità di riportarci al centro della nostra fede. Da un lato quando ci stimola all'accoglienza ai migranti, che è un aspetto del cuore della misericordia: "Ero straniero e mi avete ospitato", trova l'ostilità di molti settori stimolati dai mercanti di paure. Dall'altro lato quando afferma i valori della vita e della famiglia trova chi lo contrasta a difesa di alcuni interessi ostili a questi valori. Il Papa oggi subisce attacchi trasversali. Addentriamoci nel brano evangelico per comprendere aspetti dell'invio dei discepoli. Gesù nel brano evangelico chiama a sé i Dodici e li invia. L'invio nasce prima dallo stare con il Signore, Nel capitolo 3 Marco stesso ci diceva che il Signore scelse alcun perché stessero con Lui. E' importante mettere in evidenza questo aspetto che ci ricorda che il discepolo, ovvero tutti i battezzati annunciano ciò che apprendono e il momento dell'apprendere nasce a contatto con Gesù. Allora il messaggio non subisce annacquamenti, ma diventa quello che Gesù stesso consegna ai suoi. Non un messaggio che si adatta, ma un messaggio che afferma i suoi veri contenuti anche se questi possono non piacere all'ascoltatore. I discepoli se ne vanno nelle case ad annunciare il Regno e davanti a coloro che non intendono accogliere il messaggio l'invito di Gesù rivolto ai discepoli è di andarsene. La verità non va mai imposta va proposta. Un chiaro invito proposto è quello di affidarsi al disegno di Dio. Nel non prendere niente con sé vuol dire proprio avere fiducia nella Provvidenza di Dio. Vuol dire non appoggiarsi a tecniche umane, ma vere la certezza che il Signore traccia il cammino. Meditando questo brano chiediamo al Signore in questi giorni di sentirci maggiormente coinvolti nella dimensione dell'annuncio perché questo è il compito di ogni cristiano in forza del discepolo. Un coinvolgerci vincendo in noi ogni resistenza e paura e attingendo forza solo da Lui che ci invia ad annunciare la bellezza del regno di Dio. |