Omelia (15-07-2018)
diac. Vito Calella
Stare con Gesù: missionari convertiti in conversione permenente

La prima esperienza missionaria dei dodici avviene dopo lo stupore di Gesù per l'incredulità degli abitanti di Nazareth e mentre si compie il martirio di Giovanni Battista, il cui racconto segue quello del vangelo di questa domenica (6, 14-29). Infatti, dopo aver raccontato l'esecuzione di Giovanni Battista, l'evangelista Marco annota al versetto 30, che «gli apostoli si riuniscono presso Gesù e gli annunciarono tutto ciò che avevano fatto e ciò che avevano insegnato».
Così come gli abitanti di Nazareth davano per scontata la conoscenza di Gesù riconoscendolo solo come uno del loro clan, il carpentiere figlio di Maria e Giuseppe, della famiglia allargata di Giacomo, di Ioses, di Giuda, di Simone e delle altre sorelle, anche oggi molti cristiani e abitanti del nostro ambiente culturale danno per scontata la conoscenza di Gesù, senza riconoscerlo come via, verità e vita ed essere trasformati dal suo dono di gratuità.
Così come il re Erode e la sua corte non si convertirono e si macchiarono del delitto dell'uccisione del profeta Giovanni, senza convertirsi; così come il sacerdote di Betel, Amasia, scacciò il profeta Amos imponendogli di ritornare a casa sua, senza convertirsi (prima lettura); anche oggi non è scontata la conversione di coloro che sono raggiunti dall'annuncio di salvezza della parola di Dio. Gesù ebbe il coraggio di mandare in missione i dodici in un contesto di grande difficoltà a recepire la sua proposta di conversione e chiese loro di perseverare in questo annuncio.
Mentre veniva ucciso colui che aveva predicato la conversione, mediante il battesimo nel Giordano, ecco apparire davanti a noi le sei coppie del gruppo dei dodici, che «uscendo, predicarono che ci si convertisse». I segni, che accompagnano l'annuncio della conversione sono «l'autorità data da Gesù ai dodici sugli spiriti impuri» e il potere di «guarire molti malati» con l'uso di olio. Non sappiamo nulla se gli abitanti dei villaggi intorno a Nazareth si convertirono di fronte all'annuncio di conversione fatto dai dodici, accompagnato al successo dell'espulsione dei demoni e delle guarigioni mediante l'unzione con olio. Il Vangelo non riporta nessun resoconto, nessun numero di quanti si convertirono. Registra il successo della guarigione di molti malati, ma non sappiamo nulla se quella gente guarita divenne discepola di Gesù. Accogliamo dunque un eccesso di dono gratuito della parola di Dio seminata nel cuore delle persone, evidenziato anche dal fatto che i dodici agiscono in assoluta povertà di mezzi: non hanno con sé nessun cambio di vestiti, nessuno zaino per custodire alimenti, nessun taccuino con soldi. L'annuncio della parola di Dio finalizzato alla conversione si basava sull'autorità data da Gesù stesso, che dava coraggio di andare confidando nella provvidenza, dava ispirazione per dire ciò che avevano imparato dagli insegnamenti del maestro, e dava anche il potere di guarire molti ammalati. Il successo della missione non dipende dai mezzi (soldi e valigie piene di cose personali), e nemmeno dalle qualità umane. L'esperienza missionaria dipende da quella autorità data da Gesù. Ma in cosa consiste quella autorità data da Gesù? Una risposta la troviamo precedentemente, quando i dodici apostoli furono scelti da Gesù perché lui «potesse inviarli a predicare con il potere di scacciare i demoni», ma soprattutto «perché stessero con lui» (3, 14-15). L'autorità data da Gesù è la loro perseveranza d'aver accettato di «stare con Gesù». Il semplice fatto di «stare con Gesù» li rendeva autorevoli missionari. Ciò che anche oggi ci rende autorevoli per uscire ad annunciare il Cristo risorto è il nostro «stare con Gesù», il nostro coltivare un rapporto di incontro con Lui nella lettura orante della Parola di Dio e nel nostro alimentarci del suo Corpo e del suo Sangue, per essere insieme, uniti nella carità, corpo di Cristo nel mondo.
Non vale la pena preoccuparci di quantificare quanti si sono convertiti, perché la vera trasformazione interiore e la vera conversione non avviene mai una volta per tutte, ma è un processo continuo, sempre aperto, di scoperta e di adesione al mistero della gratuità dell'amore di Dio. I propri dodici apostoli, protagonisti di quel successo missionario, nel racconto evangelico a seguire, si riveleranno come persone in un processo di conversione, mai arrivati, perché il loro cuore sarà «insensibile» e faranno fatica a capire il fatto della prima moltiplicazione dei pani (6, 52); continueranno ad avere un «cuore indurito», anche dopo la seconda moltiplicazione dei pani (8,17); faranno moltissima fatica a capire i tre annunci della morte e risurrezione di Gesù; Pietro sarà addirittura scacciato lontano da Gesù, come satana (8, 33); saranno richiamati da Gesù sulla loro discussione insensata di sapere chi tra loro era il più grande (9,33-34); faranno fatica a capire che Gesù è venuto per servire e dare la vita per molti, perché Giacomo e Giovanni gli chiederanno di sedere uno alla destra e l'altro alla sinistra del trono del Regno di Dio (10, 35-45); Scapperanno nell'ora della morte di croce, Giuda tradirà Gesù, Pietro lo rinnegherà; addirittura nell'ora dell'apparizione del risorto, nell'ora dell'invio definitivo, Gesù «li rimproverò della loro incredulità e durezza di cuore» (16, 14). Il cambiamento non è automatico, la conversione non è una svolta nella vita che si completa una volta per tutte. È un processo continuo di liberazione, mai arrivato al termine: siamo pellegrini di libertà e felicità, nella semina continua della Parola di Dio, i cui semi cadono in terreni (scelte di accoglienza), si spera, sempre più fertili. Forse per questo Gesù chiese ai dodici di andare in missione solo con un bastone in mano e sandali ai piedi, quasi a richiamare il popolo di Israele che, al momento della liberazione dalla schiavitù d'Egitto, era dovuto partire solo con sandali e bastone, per cominciare l'avventura della libertà. Siamo tutti pellegrini in cerca di felicità, responsabili dell'esercizio della nostra libertà: sia come annunciatori, sia come destinatari della Parola di Dio, tutti in un processo permanente e mai concluso di conversione. Il nostro «stare con Gesù» avviene oggi accogliendo nella casa del nostro cuore la comunità cristiana, rappresentata nel Vangelo di oggi da una coppia dei dodici. Attraverso la mediazione della comunità abbiamo la possibilità di imparare a pregare la Parola di Dio, riceviamo il dono di partecipare al mistero pasquale del Cristo morto, sepolto e risuscitato, mediante la celebrazione dei sacramenti. Stando con Gesù, diventiamo missionari. Ogni persona è libera di accogliere o rifiutare. La responsabilità dell'esercizio della libertà individuale la contempliamo nel dramma dell'accoglienza o del rifiuto dell'annuncio della Parola di Dio. Fa contrasto la casa che accoglie la coppia di missionari, offrendo loro tutto il necessario per l'ospitalità e lo scuotere la polvere di sotto i loro piedi verso la casa non accogliente, sorda all'ascolto.
Vale la pena accogliere l'annuncio della proposta di Gesù? La seconda lettura di questa domenica ci offre l'orizzonte nel quale questo annuncio avviene oggi: tutto è già stato ricapitolato in Cristo Gesù, per volontà di Dio, tutto ciò che ci circonda, tutte le situazioni, belle e brutte, possono diventare rivelazione del mistero della gratuità dell'amore di Dio, tutto è "Cristificato" per l'azione dello Spirito Santo che «ci è stato promesso come caparra della nostra eredità»: siamo tutti stati scelti dal Padre «per essere santi e immacolati alo suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere figli suoi adottivi». Perché rinunciare ad accogliere nella nostra casa l'annuncio della Parola che ci fa tutti figli amati, nell'esperienza santificante dell'amore gratuito? La gioia della scoperta della gratuità dell'amore di Dio che confida in noi, nonostante le nostre incredulità e durezze di cuore, rafforza in noi il desiderio di vivere ogni giorno, sempre più, nello «stare con Gesù», per essere convertiti in conversione continua, nelle sfide e nelle crisi della vita. Il Padre, per mezzo del Cristo risorto, con la forza dello Spirito Santo, ci ama così come siamo ci fa sentire la chiamata a diventare noi stessi missionari annunciatori della gioia di avere Gesù Cristo come centro di riferimento della nostra vita. Non c'è più motivo di rinunciare a questa chiamata.