Il rifiuto che Gesù ha subito a Nazareth non lo scoraggia, anzi, lo spinge ancor più ad andare per città e villaggi e per questa missione vuole farsi aiutare dai suoi discepoli. La loro "formazione" è ad un punto di svolta: finora sono stati con lui; ora è il momento di vivere il secondo punto per cui sono stati chiamati: essere inviati. Qui vediamo la natura missionaria della Chiesa: andare a portare a tutti l'annunzio di Gesù, della salvezza in lui, della vittoria sul male e sulla morte che possiamo far nostra aprendoci alla fede in Lui. Il cuore dell'uomo cerca la pace, la felicità, l'amore vero, il perdono, la salvezza eterna: ecco, tutto questo noi lo annunziamo presente e realizzato in Gesù: chi crede in lui ha la eterna, ha Dio nel cuore.
Nel testo di oggi vediamo il mandato missionario di Gesù, davanti al quale siamo chiamati a rispecchiarci: noi consacrati (e nel nostro specifico di missionari e missionarie della Via), chiamati a riattualizzare, secondo i vari carismi, questo mandato missionario, povero e itinerante: e poi tutti i cristiani, chiamati a vivere in sobrietà e fiducioso abbandono alla Provvidenza.
Anzitutto Gesù li chiamò: alla radice di ogni vocazione c'è l'iniziativa di Dio. La vocazione è un dono che possiamo accogliere, aprendoci al meraviglioso progetto di Dio, o rifiutare, col rischio di restare chiusi nel nostro limitato e mediocre orizzonte di vita.
Poi Gesù li inviò: la missione è andare, uscire dal grembo della famiglia, delle proprie abitudini, dalle proprie preoccupazioni. Gesù li manda a due a due, perché, oltre ad essere il numero minimo di testimoni necessari per accertare la verità di un fatto, in due ci si aiuta a vicenda e nell'amore reciproco si può mostrare agli altri quella "vita nuova", quel vivere da figli di Dio e veri fratelli. Gesù dà loro potere di scacciare il male, di guarire l'uomo dalle menzogne, dai lacci del peccato e dalla paura della morte con i quali il maligno lo tiene schiavo. Il cristiano sa di essere vittorioso sul male, perché con lui e in lui c'è lo Spirito di Dio. Gesù li invia dandogli precise indicazioni, che rispecchiano il suo stesso modo di vivere e agire: egli si è fatto povero, senza aver dove posare il capo, per farci ricchi tutti; povero di mezzi umani, ma ricco della presenza del Padre. Così debbono essere i suoi discepoli: il messaggio che portano non deve essere oscurato dai beni posseduti o dalla ricerca di essi.
Inoltre, di fronte al mondo, l'inviato di Cristo dev'essere povero, indifeso, totalmente affidato alla Provvidenza. Guai all'apostolo che cerca di migliorare le sue condizioni di vita "sulle spalle" del Vangelo, o che fa della fede una bella maschera dietro la quale coprirsi! Dio manda i discepoli a lavorare nel mondo, e li manda senza nulla, ricchi solo dell'annuncio che portano. L'essenzialità è quell'arte bellissima di portare quello che conta. Questa essenzialità si vive profondamente nella sobrietà che è l'atteggiamento del cristiano davanti alla vita, è l'atteggiamento di chi sa che Dio è il suo tutto, di coloro che scelgono l'amore che libera e non si lasciano soffocare nel consumismo sfrenato che schiavizza, frutto di una società che più che volerci bene, vuole i nostri beni.
Perciò l'evangelizzazione non richiede mezzi, risorse ed effetti speciali ma richiede la tua presenza e il tuo camminare, il tuo essere radicato in Cristo, richiede la tua vita cristiana. Allo stesso tempo la mancanza di mezzi non ci deve trarre in inganno pensando di lavorare per il Signore senza sporcarci le mani (che è l'idea infantile di chi pensa di ottenere gioia di vivere senza operare attivamente).
Noi consacrati che viviamo in modo più stretto questo mandato viviamo anche il grande mistero di impastarci con peccatori (che restiamo noi per primi), con indemoniati, superficiali, smemorati, sordi alla Parola di Dio e allo stesso tempo con persone spirituali, buone, talentuose, e questo contatto diretto con la vita altrui non può che investirci completamente e impreziosire quell'annuncio che portiamo, perché ci accorgiamo di essere poveri ma ricchi, ci accorgiamo che niente può sporcare quel dono immeritato della vita di Cristo, nemmeno il nostro personale peccato. Così ogni cri-stiano porta una grande ricchezza ed ha ricevuto un mandato di amore da portare al mondo. Tu ne sei consapevole?
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