Omelia (22-07-2018)
diac. Vito Calella
La compassione del Buon Pastore tra riposo e dedicazione spesa per la folla

1. La compassione di Gesù buon pastore per i dodici: l'invito da cercare un luogo deserto in disparte per riposare.
Il racconto del Vangelo comincia con il resoconto apparentemente positivo della missione dei dodici che, dopo il flash back del martirio di Giovanni Battista (6, 14-29), «si riuniscono presso Gesù e gli annunciarono tutto ciò che avevano fatto e ciò che avevano insegnato» (6,30). Gesù invitò i dodici, dopo la missione, dicendo: «Venite voi stessi in disparte verso un luogo deserto e riposatevi un po'» (6,30b). Di fatto Gesù e i dodici «se ne andarono, nella barca, verso un luogo deserto, in disparte» (6,32). Ecco la compassione del buon pastore verso i suoi pastori discepoli, evangelizzatori. La tenerezza di Gesù affiora in questa bellissima preoccupazione di garantirsi spazi e tempi di silenzio e riposo.
2. la compassione di Gesù buon pastore per il via vai della folla disorganizzata: il suo spendersi ad insegnare molte cose, disposto a cambiare programma.
L'invito ad andare a riposare fa contrasto con una serie di mancanze: la disorganizzazione della folla, espressa da «quelli che venivano e quelli che se ne andavano» (6,31b) e l'impressione di essere «come pecore che non hanno pastore» (6,34b); la mancanza di una pausa pranzo, perché in quel via vai numeroso di persone «non avevano neppure un momento per mangiare» (6,31c); infine la mancanza di un luogo deserto e di un tempo prolungato di riposo. L'obiettivo di avere un meritato tempo di riposo andò in fumo. La folla vide, capì dove stavano andando, seguì la barca dalla riva del lago, li precedette nel luogo che doveva essere deserto e in disparte e frustrò le intenzioni di Gesù e del suo gruppo, di dedicarsi un tempo prolungato di riposo. Dovettero accontentarsi di quel poco tempo di traversata, in mezzo al lago, da una sponda all'altra, nella barca.
Immedesimiamoci nei dodici. Siamo discepoli di Gesù. Dedicarsi alla missione di evangelizzare, invitando alla conversione e facendo la nostra parte per far star bene gli altri nel nome di Gesù, come fecero i dodici, dà soddisfazioni, ma anche comporta molte rinunce e fatiche, perché è un decentrarsi che toglie tempo e spazi legittimi per se stessi. Gesù è sensibile, ha compassione di noi. Vorrebbe stare con noi nel silenzio e nella tranquillità di un luogo deserto e in disparte, ma spesso è impossibile. Il via vai della folla trasmette confusione, instabilità, ricerca insoddisfatta di senso o ricerca di facili e magiche soluzioni, dato che l'insegnamento di Gesù e dei dodici era stato accompagnato da molte guarigioni. Cosa cercava quella folla, che andava e veniva, nel rincorrere a piedi, lungo la riva del lago, la barca di Gesù e dei dodici, in cerca di un tempo e uno spazio di solitudine e riposo? Cercava solo miracoli? Cosa cerca la moltitudine delle persone che vanno e vengono, incrociate da noi, evangelizzatori, ogni giorno nelle nostre parrocchie, o nei nostri quartieri, o in una movimentata stazione ferroviaria, o in un movimentato aeroporto internazionale? Il nostro impegno pastorale di annunciare il Vangelo, di darci da fare per promuovere la vita e la dignità degli altri, nonostante qualche piccolo successo, sembra essere soffocato dalla forza travolgente della disorganizzazione di questa nostra stessa umanità in movimento, ma senza una guida sicura. La folla che va e che viene può rappresentare la spietatezza di un sistema sociale che ci manipola tutti, cii tratta tutti come numeri, ci fa sbattere la testa in tante direzioni alla ricerca della soluzione dei problemi e delle afflizioni dei nostri cari. In tutta questa confusione, ci siamo noi come comunità, piccolo manipolo di discepoli di Gesù. Vengono in cerca di noi, siamo sopraffatti dai bisogni degli altri, non riusciamo più nemmeno ad avere una vita ordinata, per goderci un pasto come si deve e ci è rubato addirittura il sacrosanto tempo e spazio di riposo, di preghiera, di deserto prolungato. Ci dobbiamo accontentare spesso di quel ritaglio di calma in mezzo al lago, in quel ristretto tempo di traversata, cioè ci teniamo stretta la nostra fedeltà a quei pochi minuti strappati al nostro coinvolgimento nei problemi degli altri. Verrebbe la voglia di lasciare tutto, perché quando ci si dona gratuitamente per gli altri, la tendenza è che si è fagocitati dall'immensità di necessità e di sofferenze scaricateci addosso da chi sta nel bisogno. Approfittiamo allora dei pochi tempi e spazi di preghiera e riposo ritagliati tra tante fatiche. Gesù e i dodici vissero intensamente quel pochissimo tempo di traversata del lago, approfittarono bene lo spazio delle acque del lago, la sua calma, il silenzio per stare lontani per un po' dal vociferare della folla. Ci sarebbe stato bisogno di più tempo? Ci sarebbe voluto uno spazio prolungato di deserto? Si. La sete di silenzio e di calma, di ascolto orante della Parola di Dio sia alimentata sempre come desiderio e ringraziamo immensamente il Signore quando ci è concesso un tempo più prolungato di riposo e di silenzio, fuori dall'andare e venire della folla della nostra umanità, che spesso ci travolge con i suoi bisogni. Ma poi, impariamo da Gesù. Gesù aveva un piano, voleva stare con i suoi dodici, in un luogo deserto, in disparte. Il programma andò in fumo. Non vediamo in Gesù rabbia, disaccordo, lamentazione, vediamo in lui soltanto profonda compassione. «Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro». Gesù si lasciò determinare fin dal profondo delle sue viscere di misericordia, da quella folla che sembrava essere «come pecore senza pastore». La frustrazione del riposo mancato è riempita dalla compassione e dal seminare gratuito e abbondante dei semi della Parola di Dio: «e si mise ad insegnare loro molte cose». Noi, suoi discepoli, a questo punto diventiamo solo spettatori, come i dodici, non protagonisti di quella giornata di insegnamento. Cosa disse Gesù? Non lo sapremo mai, perché il Vangelo non ce lo dice. Siamo solo invitati a contemplare la gratuità con cui Dio Padre semina nel cuore di quella folla disorganizzata la sua Parola, per mezzo del Figlio-uomo Gesù. Noi siamo solo invitati a contemplare la compassione di Gesù, rivelativa del suo essere un buon pastore, che riunisce le pecore del gregge con la forza catalizzatrice della sua parola. Gesù, come buon pastore, non si stancava di insegnare loro molte cose, mosso da compassione. Ecco il buon pastore che organizza, riunisce il suo gregge, con l'abbondanza della seminagione della Parola di Dio. Immaginiamo che nell'atto di insegnare di Gesù, quella folla passò dal movimento dell'andare e venire disorganizzato, all'atteggiamento dello stare ferma ad ascoltare. La voce del buon Pastore catalizza l'attenzione e riorganizza la folla che andava e veniva come pecore disperse di un gregge. Si realizza la profezia di Dio per mezzo del profeta Geremia. Chi è Gesù? È il proprio Dio che «radunerà le sue pecore da tutte le regioni dove le ha lasciate scacciare e le farà tornare ai loro pascoli» (Ger 23, 3). Il Padre, per mezzo della voce del Figlio-uomo Gesù, raduna la folla disorganizzata e dispersa. Poi Gesù, nel coinvolgere i dodici a dare loro stessi da mangiare a quella folla, con i pochi cinque pani e due pesci, farà dei suoi un gruppo di «pastori che faranno pascolare quella folla, quelle pecore, così che non dovranno più temere né sgomentarsi» (Ger 23, 4). La compassione di Gesù buon pastore per la moltitudine troverà il suo momento culminante nel momento in cui Gesù darà sua vita per tutta l'umanità, con la sua morte di croce. La folla del Vangelo diventa tutta l'umanità nella lettera di san Paolo agli Efesini, rappresentata dai due gruppi separati dal muro di inimicizia: i giudei circoncisi e i pagani per nascita, chiamati incirconcisi. Nella croce, lo spendersi di Gesù non fu più con parole di insegnamento, ma con l'offerta della sua stessa vita. Se nel Vangelo Gesù è contemplato da noi come il buon Pastore pieno di compassione per quella folla disorganizzata e dispersa, nella lettera agli Efesini Gesù «è la nostra pace, colui che è venuto ad annunciare la pace ai lontani (pagani) e ai vicini (giudei), distruggendo in se stesso l'inimicizia, facendo in modo che tutti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito» (Ef 2, 14.17-18).
Alternando tempi di riposo, silenzio e preghiera con tempi di dedicazione totale e gratuita per gli altri, sentiamoci abbracciati e segnati dalla compassione di Gesù Buon Pastore, custodendo nel nostro cuore la consapevolezza che solo Lui è la nostra pace.